Economia

Cisl e FIlca contro il teak dalla Birmania

Chiesto un incontro al Ministero degli Affari Esteri

di Redazione

“Alcune imprese italiane del settore del legno continuano ad importare teak dalla Birmania, in violazione di quanto deciso ormai da alcuni anni in sede di Consiglio Europeo. È necessario sviluppare un maggiore ed efficace controllo sui prodotti in esportazione e su quelli importati direttamente dal Paese asiatico o attraverso la cosiddetta triangolazione con altri Paesi”. Lo scrivono Cecilia Brighi, responsabile del Dipartimento Politiche Internazionali della Cisl, e Paolo Acciai, segretario nazionale della Filca-Cisl (il sindacato dell’edilizia e del legno) in una lettera indirizzata al Ministero per gli Affari Esteri. Nel testo, inoltre, si chiede un incontro al Direttore Generale del dicastero, Gian Domenico Magliano.

“Il Regolamento Europeo n. 383/2011 – è scritto nella lettera – proroga ed intensifica le misure restrittive nei confronti della Birmania./Myanmar, anche se nel passato abbiamo riscontrato ampie violazioni di tal regolamento. Inoltre nel 2000 l’ILO ha approvato una Risoluzione, ancora oggi in vigore, che invita governi, istituzioni internazionali, banche multilaterali e imprenditori, a rivedere le proprie relazioni con la Birmania e a prendere le misure appropriate perché tali relazioni non possano essere utilizzate dal governo birmano per perpetuare il lavoro forzato”.

Cisl e Filca sottolineano nel testo come “le Linee Guida Ocse sulle Multinazionali, vincolanti per il governo italiano, prevedono esplicitamente che le imprese debbano rispettare anche nei paesi terzi i contenuti di tali Linee, tra cui le Convenzioni fondamentali ILO sulla libertà di organizzazione sindacale, di contrattazione, sul divieto di lavoro minorile, di lavoro forzato e di discriminazione sul lavoro”.

Le recenti elezioni in Birmania sono state dichiarate dalla Ue non compatibili con gli standard internazionali; si calcola che vi siano oltre 2200 prigionieri politici e prosegue senza sosta la dura repressione dell’opposizione democratica attraverso il lavoro forzato, stupri, uccisioni, la confisca delle terre e la distruzione delle foreste e dell’ambiente.

 


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