Mondo

La Francia detta legge all’Italia

Disagio e polemiche dopo il vertice Berlusconi-Sarkozy

di Franco Bomprezzi

Il vertice italo-francese ha creato ulteriori strappi politici in Italia, mentre di fatto il nostro Governo sceglie di seguire la linea di Sarkozy. I giornali di oggi dedicano spazio, commenti e retroscena alla complessa vicenda, che si gioca non solo sullo scenario libico, ma anche in tema di permessi di soggiorno, di accordi economici, di prospettive del nucleare, di appoggio a Draghi per la carica di governatore della Bce.

“Libia, governo sotto pressione” scrive cauto il CORRIERE DELLA SERA nel titolo di apertura sopra una foto che ritrae piuttosto freddini i due protagonisti del vertice, Berlusconi e Sarkozy. Di spalla arriva la conferma: “E al summit il presidente francese alzò la voce”, è il retroscena raccontato da Maurizio Caprara: “I testimoni hanno descritto un presidente francese infuriato. Sarkò si sarebbe lamentato per una copertina di Panorama. Poi ha elencato una lista di richieste con toni ultimativi. Nessuna particolare resistenza dal Cavaliere. Che ha d’altra parte incassato l’appoggio alla designazione di Mario Draghi alla guida della Banca Centrale Europea. Berlusconi avrebbe anche dato la sua versione sull’origine «libica» del bunga bunga. Sarkò in imbarazzo. Il ministro Christine Lagarde si è girata dall’altra parte”. A pagina 2 il CORRIERE  apre sul tema delle dichiarazioni di Berlusconi in conferenza stampa: “Berlusconi rilancia sul nucleare: stop solo per la paura della gente”, con la conseguente protesta delle opposizioni che sperano ora in un ripensamento della Cassazione rispetto alla soppressione del referendum di giugno. Della questione bellica si parla a pagina 5: “Raid in Libia, no di Bossi. Il Pd: si rivoti”. Scrive Dino Martirano: “Dopo aver coperto per tutto il giorno la posizione espressa da Giorgio Napolitano, a favore dei bombardamenti sotto l’ombrello della missione Onu, il Pd ha atteso che esplodesse l’ira del leader della Lega: «Dopo le ultime parole di Bossi sulla Libia, mi pare davvero difficile che il Parlamento non si esprima» , ha detto il capogruppo alla Camera Dario Franceschini. E così, in vista dell’appuntamento di oggi a Montecitorio — alle 14 i ministri Frattini e La Russa riferiscono davanti alle commissioni Esteri e Difesa — ha aggiunto: «Non possono bastare semplici comunicazioni dei ministri. Domani (oggi, ndr) ne parleremo nel gruppo» . Ma Antonio Di Pietro — che ha criticato Napolitano suscitando l’ira del Pd — è stato più lesto: «L’Idv ha presentato una mozione per verificare se il governo ha ancora una maggioranza e in questo senso si coordinerà con le altre opposizioni» . Scettico, invece, Pier Ferdinando Casini: «Bossi e Berlusconi litigano su tutto, ma si metteranno d’accordo. La Lega abbaia ma non morde» . Oggi alla Camera l’opposizione chiederà la calendarizzazione delle mozioni e anche il Pdl ritiene inevitabile un voto”. Nelle pagine successive ulteriori approfondimenti sull’atteggiamento critico della Lega, vicina alla rottura, e poi sull’offerta pubblica di acquisto della francese Lactalis su Parmalat. A chiudere la conferma dell’appoggio francese a Draghi, che non pare gradito in Germania, e neppure a Tremonti.

 “Libia, scontro Bossi-Berlusconi”: anche LA REPUBBLICA mette in prima la contrapposizione tutta interna alla maggioranza precisando nel sommario: “Il leader leghista: ormai siamo una colonia francese. Via libera di Napolitano ai raid”. Molto spazio all’incontro con Sarkozy, anche per via delle affermazioni fatte dal Cavaliere nel corso della conferenza stampa. Ad esempio che lo stop al nucleare è solo per aspettare tempi migliori. All’interno i servizi. “Libia, Bossi contro Berlusconi «Io dico no ai bombardamenti»”. Uno scontro in apparenza inconciliabile quello tra il Carroccio e il premier con il Senatur che non le manda a dire: «gli americani vadano a bombardare da soli», «le guerre non si fanno e comunque non si annunciano così», «non è dicendo sempre di sì che si acquisisce peso internazionale. E poi verremo invasi dai profughi». Per il premier, «è tutto a posto». Il retroscena è dedicato alla rabbia del Carroccio:  «da qui al voto dobbiamo distinguerci su tutto dal Pdl» avrebbe detto il leader leghista. Seguono pagine sul bluff nucleare, sull’Opa di Lactalis su Parmalat (che viene letta in qualche modo come una sconfitta di Tremonti) e sulla questione immigrazione: vince la linea dell’Eliseo, sottolinea il quotidiano diretto da Ezio Mauro che però di Draghi appoggiato dai francesi per la presidenza della Bce parla dopo molte pagine, nella sezione economia. «Non lo appoggiamo perché è italiano ma perché è un uomo di qualità» ha detto Sarkozy che ha aggiunto: «Sono molto felice di sentire il presidente Berlusconi dire che naturalmente sosterrà la candidatura di un francese nel quadro del direttorio della Bce». Un passo in più per Draghi che però ha ancora l’ostacolo tedesco da superare: la Merkel svelerà le sue intenzioni solo a giugno. Due i commenti che si possono mettere in evidenza. Il primo è il Taccuino strategico del generale Fabio Mini: “Quando la guerra diventa una farsa”. «Ci sono situazioni in cui la miglior forma di comunicazione è tacere. La guerra è una di queste. Non è solo un fatto di sicurezza militare o di opportunità politica: in guerra ci sono cose pleonastiche che se vogliono essere spiegate invece di chiarire confondono»; segue un lungo esempio di quanto il governo abbia detto troppo e la conclusione severa: «la tragica routine della guerra, a forza di spiegazioni e giustificazioni surreali, è diventata una farsa. Che non fa ridere». Più articolata l’analisi di Lucio Caracciolo: “Il presidente Zelig”. Ovvero l’insopprimibile tendenza berlusconiana di assecondare chi gli sta di fronte…

IL GIORNALE dedica all’accordo Italia-Francia l’editoriale di Alessandro Sallusti “Bombe, immigrati, Lega. Il Cavaliere va in contropiede”. Dopo aver sottolineato che «La contraddizione tra Pdl e Bossi è soltanto appa­rente» il direttore sottolinea «A Berlusconi si possono rinfac­ciare alcune cose ma non certo di non aver ingaggiato, sulla guer­ra alla Libia e sui clandestini, un braccio di ferro con i potenti del mondo. Addirittura l’Italia è riu­sci­ta ad aprire una breccia sull’in­violabilità dell’architettura euro­pea, e ieri è stato Sarkozy a fare sua la tesi di Tremonti sulla ne­cessità di rivedere trattati ormai obsoleti, compreso quello sulla libera circolazione degli uomini. Dall’alleanza militare e politica della Nato non si può uscire, ma condizionarne le scelte dall’in­terno si può ed è esattamente quello che stiamo facendo. Per via di tutto questo aspette­r­ei a parlare di crisi della maggio­ranza, di vittoria della linea fran­cese. Quando si gioca con avver­sari più grandi e quindi più forti è da suicidi usare la forza. Meglio, se si vuole arrivare sull’obiettivo, usare altre tecniche. Il calcio inse­gna, molte partite si vincono con catenaccio e contropiede. E scommetto che anche questa volta Bossi e Berlusconi, con ruo­li diversi, stanno tirando nella stessa porta». Più in basso Nicola Porro firma “Parmalat, affare anche per noi”. Il giornalista ci tiene a chiarire che, circa l’acquisto della Parmalat, «quando i francesi chiedono la mano alla bella addormentata si apre, in Italia, il finimondo. Scopriamo che il latte è strategico. E un gruppo di banche, aiutate da un provvidenziale decreto governativo cosiddetto antiscalate, compra un po’ di tempo alla ricerca di un’alternativa ai francesi. Prima si studia una scalata parziale al 60 per cento, ma manca il socio forte, a parte banche ed enti pubblici. Poi si ipotizza un’Opa mignon al 30 per cento. E poi finalmente i francesi, notizia di ieri, rompono gli indugi e per 4,5 miliardi si portano a casa tutto il boccone. Fanno un’Opa totalitaria: aggiungono al 30 per cento che già avevano comprato dai fondi, un 70 per cento che acquisteranno da tutti i piccoli risparmiatori a un prezzo più che buono. Parmalat verrà comprata a un valore superiore a quanto oggi trattano in Borsa società che fanno un mestiere simile».  E conclude «Banalizzando, e riportando la questione alle tifoserie calcistiche, si può dire che la Francia regala agli italiani 300-400 milioni più di quanto avrebbe dovuto pagare in condizioni di mercato perfetto. A ciò si aggiunga l’investitura ufficiale e a questo punto determinante di un italiano come Draghi alla guida dell’unica vera istituzione europea, la Bce. Le due storie hanno un risvolto simile. L’Italia, nonostante la nostra indubbia capacità di autodenigrazione, ha ancora qualcosa da raccontare al mondo. Nella sua burocrazia statale si formano i leader dell’Europa di oggi: e la politica ha saputo, nonostante tutto, tenerli in giusta considerazione. E le nostre aziende parimenti fanno gola all’estero. Lamentarsi che Parmalat finisca oggi in mani francesi è come dolersi del fatto che Draghi si debba trasferire da Roma a Francoforte».

IL MANIFESTO, in una prima pagina dominata dalla “rivelazione” di Berlusconi che «confessa quello che gli ambientalisti sospettavano» come recita il sommario, ossia che la moratoria aveva lo scopo di «evitare il referendum», la partita Italia – Francia si gioca in due richiami rispettivamente: “Italia – Francia «Adieu» Schengen” e “Opa Lactalis si avvicina Parma au lait”. Due le pagine dedicate, la 6 e la 7. Se pagina 6 è dedicata alla questione immigrazione «L’immigrazione al centro del vertice di palazzo Madama. Dopo settimane di polemiche i due paesi tornano a parlare con una sola voce: “È necessaria una modifica legislativa dell’accordo”. Sarkozy insiste sulla “clausola di salvaguardia”, vale a dire la sospensione. Berlusconi è costretto ad ammettere “il maggiore sforzo” oltre frontiera. Ma riesce a far sbianchettare la “defaillance” italiana nella gestione dei migranti tunisini» riassume il sommario all’articolo dedicato alla lettera congiunta per i vertici dell’Ue che ha l’obiettivo di cambiare il trattato di libera circolazione «(…) Lo scontro tra Roma e Parigi sulla gestione degli arrivi dal nord Africa ha lasciato il segno. Ieri i due paesi nell’elegante cornice di villa Madama hanno rinsaldato i rapporti e sono tornati a parlare un linguaggio comune – d’altronde Berlusconi e Sarkozy si somigliano parecchio. Sarkò ha voluto sottolineare che “per la Francia l’Italia è più di un paese dell’Unione europea, è un paese fratello”. Berlusconi ha dovuto riconoscere che: “La Francia accoglie 50mila profughi all’anno, l’Italia solo 10mila. La Francia fa cinque volte più dell’Italia”. Ma certo nelle ultime settimane cortesia e reciproco riconoscimento sono stati scarsi. (…)» e prosegue: «(…) Quello italiano, però, è uno sguardo di brevissima prospettiva: di fatto la Francia ha vinto, scaricando sui paesi frontalieri – Italia compresa – l’onere di gestire i flussi migratori. Quando la gestione non piace, i paesi interni rialzeranno le barriere, uccidendo lo spirito europeo basato anche sulla fiducia tra gli Stati membri circa la capacità di gestire le frontiere esterne. (…)». Di spalla un articolo da Parigi dal titolo “Tunisini in piazza, con il permesso italiano non si lavora” in cui Anna Maria Merlo scrive: «Nella lettera che Sarkozy e Berlusconi hanno spedito assieme a Barroso e Van Rompuy, rispettivamente presidente della Commissione e del Consiglio europeo, i due populisti chiedono a Bruxelles di “esaminare la possibilità di ristabilire temporaneamente il controllo delle frontiere interne, in caso di difficoltà eccezionali nella gestione delle frontiere esterne comuni”. Sarkozy, in termini meno diplomatici, vuole poter ricorrere alla “clausola di salvaguardia – cioè, la sospensione – se un paese è inadempiente nel controllare le frontiere degli altri”, per non “subire” il flusso, o il “fardello”, di nuovi immigrati (…)» e conclude: «(…) Nell’immediato, Sarkozy ha portato a casa da Roma una vittoria – la lettera a Bruxelles contiene tutte le richieste francesi. L’Europa è messa con le spalle al muro, e il risultato potrebbe essere la perdita di una delle conquiste più popolari della costruzione comunitaria. L’interpretazione furbesca di Schengen da parte italiana, che ha utilizzato il trattato per regolare i flussi di immigrati, una finalità che non gli compete, potrebbe tradursi in un passo indietro dell’Europa.». Nella pagina accanto, la 7, si punta sull’opa di Lactalis «Dal vertice Roma- Parigi parole confuse su Parmalat per trovare una imprecisata “soluzione congiunta”. In contemporanea il gruppo transalpino annuncia l’offerta pubblica di acquisto a 2,60 euro per azione». Scrive Francesco Paternò: «Lo straniero passa, e senza chiedere permesso al governo italiano ma seguendo le regole del libero mercato che a parole tanto piacciono anche a Roma. Lactalis, colosso francese di dimensioni europee del settore alimentare, ha lanciato un’Offerta pubblica di acquisto (Opa) per l’intero capitale di Parmalat al prezzo di 2,60 euro per azione. (…) Non finirà tuttavia a tarallucci a latte, come da prima rappresentazione formale. Lactalis ha spiegato la sua mossa, più che corretta dopo aver rastrellato sul mercato un mese fa il 29% delle azioni di Parmalat e aver fatto capire di essere pronta a un’Opa (…) Se Berlusconi dice che tutto va bene, Lactalis ha accelerato per aggirare la linea Maginot del decreto Tremonti anti-scalate. Non ancora operativo e messo in piedi in fretta e furia dal ministro dell’Economia per salvaguardare l’italianità di quelle aziende considerate “strategiche”. Latticini di Parmalat compresi. Ma quanto sarà contento Tremonti di questa beffa, mandato prima a esporsi e poi costretto a sentire le parole al miele di Berlusconi sulla “concorrenza libera”? (…)». In un box di questa pagina il caso Draghi “Oui francese per il governatore Bce” Nella breve: «La Francia è “molto felice” di sostenere la candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Bce. (…)» e conclusione sulle parole di commento di Bersani «Non c’è un solo dossier sul quale non abbiano vinto loro: solo il buon nome e la stima internazionale verso Draghi ci eviterà un cappotto micidiale».

Ampio spazio all’incontro Berlusconi-Sarkozy sul SOLE 24 ORE di oggi. A pagina 10 il retroscena di Carlo Marroni “Bce, via libera di Sarkozy «Draghi uomo di qualità»”: «nell’ultimo mese tra Roma e Parigi più volte si è sfiorato l’incidente diplomatico. Prima sulla Libia – tra raid partiti senza preavviso e conference call a numero chiuso – poi sulla gestione degli immigrati tunisini al confine di Ventimiglia. Ma in realtà sono stati i dossier dell’economia quelli che hanno scavato un solco profondo tra due paesi, che hanno un interscambio di ben 70 miliardi di euro: l’operazione Parmalat-Lactalis e prima ancora l’acquisizione di Bulgari da parte di Lvmh sono stati il segnale che la misura era colma, era arrivato il momento di mettere fine alla campagna acquisti dei marchi nazionali. Il ministero dell’Economia, d’intesa con Palazzo Chigi, ha messo in campo l’artiglieria pesante, forse provocando a cascata la reazione di ieri mattina dei capi del gruppo Lactalis che, temendo un accordo sopra le loro teste, hanno voluto mettere un punto fermo annunciando l’Opa.  Ma Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi le leggi di mercato le conoscono e sanno come far coincidere domanda e offerta. E così invece di andare allo scontro hanno scelto la via della pacificazione forzata. “Dobbiamo creare grandi gruppi italo-francesi o franco-italiani” è stato il mantra ripetuto a fine summit, quando è stato chiaro che gli sherpa avevano lavorato per fare emergere un messaggio di intesa su tutti i fronti. Si è attivato un “telefono rosso” per gestire le crisi e i contenziosi in economia: i due presidenti hanno messo in campo i loro uomini più fidati, Gianni Letta e Xavier Musca, quest’ultimo segretario generale dell’Eliseo e già consigliere economico numero uno. “Abbiamo deciso di affidare a due nostri collaboratori – ha detto Sarkozy – il compito di cercare, in pieno accordo con i ministri, di trovare delle soluzioni. Noi crediamo nel libero mercato ma i nostri collaboratori faciliteranno un avvicinamento fra le posizioni”. Insomma, avanti con il libero mercato, ma con giudizio».

Vignetta in prima per ITALIA OGGI, dedicata alla decisione dell’Italia di partecipare ai bombardamenti in Libia. “Raid sulla Libia, Napolitano da’ il via libera”: si vede il presidente della Repubblica con un pollice alto a forma di missile. Il servizio interno è subito a pagina 3: “Je suis Berlusconi, le president”. Emilio Gioventù ci dice di un vertice fra Sarkozy e Berlusconi tutto rose e fiori: accordo su immigrazione, verifica per una riforma dell’accordo di Schengen, non belligeranza nei confronti dell’Opa eventuale della francese Lactalis su Parmalat,  partecipazione alle manovre di bombardamento in Libia, in cambio la Francia sostiene al candidatura di Draghi alla Banca europea. Insomma, tutto bene quel che finisce. Non mancano, però, i commenti: Pierluigi Magnaschi nel suo “Berlusconi ha inventato i missili carezzevoli” a pagina 2 scrive: «Berlusconi ha dovuto pagare pedaggio (…) e per indorare la pillola del suo dietro-front ha inventato che i missili lanciati dai jet militari italiani avranno una precisione millimetrica per cui non causeranno vittime civili». L’idea, poi, di un premier costretto dagli eventi, per cui non gli si può imputare alcuna responsabilità, viene perseguita dalla nota politica di Marco Bertoncini. Emblematico il titolo: “Il Cavaliere bombarda anche se obtorto collo”. Basti l’attacco: «”E’ una posizione che abbiamo dovuto assumere”. In queste scarne sillabe, pronunciate ieri da Berlusconi (…) sta il succo della svolta accentuatamente bellica impressa dal governo, o meglio, da un pugno di ministri, all’intervento in Libia». Insomma, con buona pace di tutti, Mr. B. non voleva, colpa d’altri. Rimane un dubbio: come si fa ad usare un avverbio come “accentuatamente”?

In apertura della prima pagina di AVVENIRE il titolo «Libia, solo raid mirati», nel taglio centrale spazio al vertice italo-francese: «Immigrati, intesa forzata Roma-Parigi. Bruxelles ma Schengen non si rivoluziona». Nell’occhiello: «Sarkozy ottiene la firma della lettera alla commissione europea». A pagina 5 Angelo Picarello analizza il summit: «Quel bilaterale con sorrisi pubblici e ombre private». In sintesi «non c’è nessun asse con Sarkozy. E il premier fatica a nascondere il disappunto per l’opa su Parmalat arrivata proprio nel giorno del vertice. Casini: Silvio ha perso 3 a 1. Bersani: senza Draghi era cappotto», Riferisce il quotidiano: «il premier – raccontano sottovoce ai piani alti di Palazzo Chigi – è stato costretto a cedere su troppe cose. E qualcuno ironizzava: “Ci mancava solo che cedesse la coppa del mondo”». A pagina 7 viene approfondito l’aspetto della «gestione degli arrivi», si parla di «intesa forzata», e il premier italiano è costretto a una «ammissione»: i francesi «accolgono ogni anno 50mila migranti, noi 10mila. Non c’è volontà di accusarli per condotte che non ci sono state». Da Bruxelles «La replica dell’Unione Europea: ok a modifiche, no a rivoluzioni».

“Berlusconi: il nucleare si farà”. LA STAMPA sceglie questo titolo per aprire la prima pagina di oggi. Le notizie in primo piano riguardano tutte il rapporto Italia-Francia, dalla questione delle frontiere: “Berlusconi e Sarkozy: Riformiamo Schengen”, al sostegno espresso dal presidente francese della candidatura di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea (segno che il lavoro diplomatico degli sherpa delle due presidenze ha funzionato e che fra Berlusconi e e Sarkozy l’accordo c’è, scrive LA STAMPA), all’Opa lanciata da Lactalis su Parmalat, ai commenti di Bossi sulla guerra in Libia: “Siamo una colonia francese”. I due presidenti, scrive nell’editoriale Lucia Annunziata, «hanno riportato la serenità nelle relazioni fra i loro due Paesi, intorno a un accordo tutto sommato semplice: bombe italiane sulla Libia in cambio di una mano francese con gli immigrati. Naturalmente l’equazione non è stata esposta esattamente in questi termini ma, occorre dire,  non fa una piega».

E inoltre sui giornali di oggi:

NUCLEARE
IL MANIFESTO – Apertura della prima pagina dal titolo “È fuso” e l’intera pagina 5 per parlare di referendum e nucleare. A pagina 5 l’apertura è dedicata all’articolo “In atomo veritas Silvio confessa il bluff”, mentre l’articolo di spalla è sull’anniversario  di Chernobyl “Dmitrij Medvedev va in pellegrinaggio a Cernobyl”.

NOMADI
AVVENIRE – «La Caritas sui rom: stop agli sgomberi», è il titolo a pagina 11, si parla della proposta della Caritas di Roma al Comune: «Si blocchino gli sgomberi almeno fino alla chiusura delle scuole, per consentire ai bambini rom di finire l’anno scolastico, e accogliere i nuclei familiari». La proposta rivolta al sindaco Alemanno è stata fatta «insieme ad altre associazioni».

AGRICOLTURA
LA REPUBBLICA – “Così gli italiani riscoprono la terra”. Una inchiesta di R2 sulla nuova tendenza degli italiani di acquistare un pezzetto di terra su cui coltivare. Agricoltura occasione di lavoro per giovani e per coloro che non riescono a reinserirsi dopo essere stati espulsi. Un trend che coinvolge anche chi ha un lavoro o una professione e che sceglie di dedicare il suo tempo libero alla coltivazione. Si capisce la soddisfazione di Carlo Petrini che in appoggio spiega: “Ecco perché dobbiamo tornare contadini”.

EGITTO
IL SOLE 24 ORE – “L’eroe di Piazza Tahrir lascia Google per una Ong”: «Wael Ghonim, il dirigente di Google che è diventato un eroe della rivoluzione egiziana e uno dei simboli della rivolta di piazza Tahrir, ha annunciato l’intenzione di lasciare il gigante di internet per dedicarsi alla nascita di un’organizzazione non governativa in Egitto. “Ho deciso di prendere un lungo periodo sabbatico da Google e occuparmi a tempo pieno di una mia Ong tecnologica per aiutare a combattere la povertà e favorire l’istruzione in Egitto”, ha scritto Ghonim in un messaggio su Twitter. L’ex responsabile del marketing di Google per Medio Oriente e Africa del Nord è l’autore della pagina di Facebook che ha contribuito a provocare la scintilla della rivolta sociale che ha rovesciato il regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Il trentenne rilasciò, nei giorni della protesta, iniziata il 25 gennaio e terminata l’11 febbraio, un’intervista televisiva – appena liberato dopo 12 giorni di carcere dove era stato interrogato dai servizi segreti – che ha avuto il merito di dare nuovo impulso al movimento di Piazza Tahrir proprio quando la protesta sembrava perdere forza».

GUERRA
IL MANIFESTO – Diverse le pagine e gli articoli dedicati alla decisione di bombardare la Libia. In prima pagina il commento di Valentino Parlato “Presidente, le bombe no” e i richiami “Il Colle: sì ai bombardamenti” e con foto di Gino Strada viene annunciata l’intervita al fondatore di Emergency “Emergency cacciata dai raid umanitari” tre le pagine interne dedicate al tema che si aprono con l’articolo intitolato “Economia, nuke e politica estera: Sarkò fa cappotto”. E infatti nell’articolo si legge, dopo un attacco che riprende le parole di Berlusconi che definisce il vertice «come molto, molto positivo», «(…) Visto invece nel dettaglio, al di là delle vicendevoli dichiarazioni di rito – “Gli italiani sono nel cuore dei francesi”, l’Italia è “un Paese fratello” – per Silvio Berlusconi è il solito flop internazionale». Ed eccoli i “flop” divisi per capitoletti: Immigrazione, Libia, Cooperazione industriale e Nucleare. Sulla Libia si legge: «Prima no, poi La Russa ci stava pensando, fino al definitivo “bombardiamo” del 25 aprile, giusto un giorno prima del vertice. Anche sulla Libia la Francia detta moda». Nel resto della pagina si trovano anche una serie di articoli sulle reazioni politiche nostrane dal Pd che “straccia la Carta” con una linea politica definita «Linea – pasticcio, Bersani chiede il voto d’aula» a Bossi nell’articolo a pagina 3 in cui si legge: «Silvio Berlusconi può raccontarla come vuole. Che pace è fatta con la Francia di Sarkozy, che col “socialista” Tremonti non c’è mai stato nessun attrito e che se pure ci fosse stato ormai è acqua passata, che le bombe che i nostri cacciabombardieri si preparano a sganciare sulla Libia in realtà altro non sono che intelligentissimi razzi addestrati a colpire solo gli obiettivi che se lo meritano (…) Vero è che a poche ore dal vertice Italia-Francia, lo stordimento della maggioranza è totale. Con Roberto Calderoli che certo non toglie il suo appoggio a Tremonti (lì è altra la posta in gioco) ma che sulla guerra è irremovibile: “La Lega Nord è contraria alla guerra e soprattutto a quelle che coinvolgono dei poveretti, che poi inevitabilmente si riverseranno nel nostro Paese” (…) non sono in tutto e per tutto umanitarie le ragioni che animano le camicie verdi le quali tengono a precisare di non condividere la nuova evoluzione della partecipazione alla missione libica a causa – soprattutto – dei rilevanti oneri cui la missione porterà e, conseguentemente, “ad un aumento delle tasse o delle accise sulla benzina, rincari che andranno a colpire i tanti cittadini che non condividono questa guerra” (…)».  A pagina 4 troviamo l’intervista a Gino Strada intitolata “L’urlo di Emergency”. 

TERZO SETTORE
IL SOLE 24 ORE – “Dai falsi circoli 238 milioni di imponibile in più”: «Falsi circoli e finte associazioni nel mirino dell’agenzia delle Entrate. Nel 2010 sono stati effettuati 957 controlli su enti non commerciali, che hanno portato all’emersione di 238 milioni di euro di maggiore base imponibile non dichiarata (133 milioni ai fini Ires e 105 milioni ai fini Irap), nonché il mancato pagamento di Iva per 28 milioni di euro. Sono stati effettuati poi 2.200 accertamenti, con un recupero complessivo di imposte per 120 milioni di euro. L’inasprimento delle verifiche è il risultato della stretta sulle agevolazioni alle associazioni introdotta con il Dl 185/2008 (convertito dalla legge 2/2009): l’articolo 30 subordinava la fruizione dei benefici fiscali su corrispettivi, quote e contributi all’invio di una comunicazione all’agenzia delle Entrate (il modello Eas) con cui gli enti devono autocertificare di possedere i requisiti “qualificanti” previsti dalla legge. Le organizzazioni di volontariato, poi, continuano a essere considerate Onlus di diritto, a patto però che le loro attività commerciali siano solo «marginali». L’invio del modello Eas alle Entrate con i dati e le informazioni rilevanti ai fini fiscali è stato introdotto, come recitava il Dl 185/08, proprio «al fine di consentire gli opportuni controlli». E la relazione al provvedimento stimava che da queste verifiche arrivasse un maggior gettito di 150 milioni nel 2009, 150 milioni nel 2010 e 300 milioni nel 2011. Le Entrate precisano ora che questa stima “non riguarda soltanto gli incassi generati da attività di controllo ma anche quelli derivanti da un aumento della compliance”».


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