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Libia, piovono bombe italiane

Svolta di Berlusconi con Obama: sì ai raid; contraria la Lega

di Franco Bomprezzi

Da amici di Gheddafi a bombardieri. L’ultimo passaggio è avvenuto ieri, con una telefonata di Berlusconi a Obama, per annunciare che l’Italia parteciperà attivamente ai raid aerei guidati dalla Nato, con l’obiettivo di proteggere la popolazione civile, ma in sostanza puntando a fiaccare definitivamente la resistenza del rais. I giornali oggi aprono tutti con questa svolta diplomatica del presidente del consiglio, non condivisa dalla Lega. Intanto oggi vertice a Roma fra Berlusconi e Sarkozy.

“Anche l’Italia bombarderà in Libia” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA, che dedica le prime quattro pagine alla svolta italiana. Sempre in prima, ma di taglio, l’irritazione della Lega: “Muro della Lega sulla guerra, Calderoli: non darò il voto”. L’editoriale è di Franco Venturini: “Non più nel mezzo”. Leggiamo: “Espressione di questa scuola «realista» , che tendeva a superare la nota contrarietà della Lega ad un nostro maggiore impegno in Libia, sono stati il riconoscimento del Consiglio di Bengasi come unico interlocutore libico dell’Italia, le dichiarazioni del ministro Frattini sulla riflessione da fare circa la fornitura di sistemi «non letali» agli insorti, e infine la decisione di inviare alcuni istruttori militari in Libia come avevano già fatto Gran Bretagna e Francia. Gli ultimi dieci giorni hanno visto aprirsi la fase decisiva. Mustafa Abdul Jalil, presidente del Consiglio di transizione di Bengasi, è venuto a Roma e, dopo averlo ringraziato per il riconoscimento, ha detto personalmente a Berlusconi che serviva un maggior impegno militare se ci si voleva liberare di Gheddafi senza spaccare la Libia in due”. E questa è la conclusione di Venturini: “La scelta fatta ieri dal governo, che rientra nel mandato parlamentare ricevuto, corregge una incongruenza che ci aveva collocati a metà strada tra la rispettabile posizione tedesca (un no su tutta la linea) e quella altrettanto rispettabile benché opposta di Francia e Gran Bretagna. Rimanendo nel mezzo, rischiavamo l’ambiguità e il ritorno di vecchi e poco edificanti stereotipi. Non solo. Sul fronte interno, Berlusconi non dovrebbe essere a corto di argomenti per spiegare alla Lega che sbagliare approccio in Libia significa esporsi ancora di più alle ondate migratorie. La vicenda libica, insomma, resta confusa e piena di trappole (come dimostra la continuazione dei bombardamenti lealisti su Misurata). Ma la confusione italiana, almeno quella, è stata superata”. Il CORRIERE  dunque sembra appoggiare in pieno la scelta interventista di Berlusconi. La conferma nel pezzo indulgente di Paola Di Caro a cavallo tra pagina 2 e 3, che razionalizza i passaggi della vicenda: “Così, confortato dalle rassicurazioni dei suoi esperti che le possibilità di «danni collaterali» sono minime, alla fine Berlusconi ha dato il suo okay. Consapevole che la partita che si apre con la Lega è difficilissima: «Lo scambio lo ha fatto con Sarkozy, noi interveniamo e i francesi sostengono Draghi alla Bce…» , azzardano velenosamente da via Bellerio, facendo addirittura intravedere una manovra per liberarsi di Tremonti. A questi sospetti e recriminazioni ha già cominciato a replicare il premier ieri notte, parlando con Maroni: non potevamo fare altrimenti, davanti a un massacro non potevamo continuare ad avere un ruolo così limitato, e non potevamo insistere nel no alle richieste degli alleati, ci saremmo autoesclusi dal consesso delle Nazioni che contano, saremmo stati più deboli anche nelle nostre richieste di condivisione con l’Europa del problema immigrazione…, è il senso del ragionamento che Berlusconi porta avanti con i leghisti. E che, incrociano le dita a Palazzo Chigi, magari non impedirà «all’amico Umberto» di tuonare anche in chiave elettorale contro l’escalation in Libia, ma non lo porterà a sparare il colpo che potrebbe davvero affossare il governo”. Di spalla, a far da contraltare di lotta e di governo, la posizione della Lega: “Calderoli e il no della Lega «Il mio voto non lo avranno»”, che spinge l’opposizione a parlare di crisi di governo, anche se, non a caso, la Lega smentisce subito. In questo caso pare si tratti solo di libertà di pensiero. E probabilmente non si arriverà a un voto in Aula, come vorrebbe invece il Pd. Pronta, a pagina 5, la spiegazione di come funzionerà il nostro intervento militare, affidata alla penna di Marco Nese: “Venti aerei colpiranno i carri armati del Raìs”. Scrive Nese: “Stavolta si fa sul serio. Dopo un mese di attacchi sterili da parte della coalizione, l’Italia ha deciso di autorizzare quello che finora era considerato un tabù, e cioè il bombardamento sul suolo libico. Obiettivi da colpire saranno soprattutto le batterie antiaereo di Gheddafi. Ma anche basi e schieramenti di carri armati libici che si accaniscono contro la popolazione civile a Misurata, ad Ajdabiya e in altre città ribelli. All’inizio delle operazioni l’Italia aveva messo a disposizione della coalizione otto velivoli, quattro Tornado e quattro F16 ai quali però non era permesso di sganciare ordigni esplosivi. Ora il numero dei velivoli che potranno essere schierati sale a circa 20. Sono messi a disposizione del comando della Nato, che potrà richiederne l’impiego a partire da subito. Sono Eurofighter, Tornado ed F16 schierati a Trapani, ma anche Amx che appartengono alla base di Amendola in Puglia. Alle operazioni aeree potranno partecipare inoltre i sei Harrier AV8 B Plus a decollo verticale che stazionano sulla portaerei Garibaldi che si muove nelle acque del Canale di Sicilia”. 

 “Libia, anche l’Italia bombarderà”: anche LA REPUBBLICA apre con la notizia del colloquio telefonico tra Berlusconi e Obama e con la posizione di netta contrarietà, richiamata nel sommario, della Lega. Sino a oggi il governo italiano si era limitato a fornire mezzi e basi senza direttamente partecipare ad azioni. D’ora in avanti potrà farlo, se le azioni saranno «mirate» (precisazione chissà quanto illuminante). I servizi all’interno: la scelta del Cavaliere (aumentare la «flessibilità operativa»), l’appoggio di Frattini («ce lo hanno chiesto gli insorti») e la reazione di Calderoli: «non so cosa significhi ulteriore flessibilità», ha precisato non senza una ragione, «ma se questo volesse dire bombardare il mio voto non lo avranno mai». Pronta la reazione anche del Pd: «se verranno confermati i confini della risoluzione 1973 dell’Onu non faremo mancare il nostro assenso», ha detto Anna Finocchiaro. Le reazioni sul campo sono di segno molto diverso: di «gesto che riscatta Berlusconi» parlano le forse democratiche della Cirenaica mentre il Consiglio nazionale di transizione afferma che «la decisione rompe ogni ambiguità». Dal canto suo, Seif Gheddafi sarcasticamente dice: «i vostri aerei possono spaventare soltanto i bambini». Il retroscena di Francesco Bei è chiaro fin dal titolo: “Il Cavaliere piegato dal pressing di Obama «Con Bossi ci parlo io»”. «Mi hanno spiegato», ha detto ieri il premier, «che non occorre un nuovo voto del Parlamento, dunque non ci sarà nessuna spaccatura tra noi e la Lega come spera l’opposizione». Un lato positivo, spera il Pdl, c’è: questa scelta darà più forza all’Italia nella trattativa prevista oggi con i francesi (che per rendere la pariglia, informa il quotidiano on line, hanno lanciato proprio stamani un’Opa sull’intera Parmalat). “Pronti a colpire ma non faremo raid sulle città”: è il titolo dell’intervista rilasciata da Ignazio La Russa in versione pompiere. «Parlare di svolta è improprio», tenta di spiegare il ministro della Difesa, «finora i nostri aerei hanno partecipato alle missioni di attacco, “eticamente” non c’è nulla di diverso… Adesso colpiremo anche noi». L’analisi di Renzo Guolo sottolinea il ruolo dell’Italia «alleato riluttante» che però non può dire di no. «Così, dopo mille ambiguità e cambi di posizione, dal rammarico per le sorti del raìs sino agli aerei che volano ma non bombardano, l’Italia si allinea agli altri paesi d’Occidente. Ma lo fa nel peggiore dei modi. Non per scelta autonoma… Non per convinzione. Ma per il richiamo dell’alleato di sempre».

IL GIORNALE mette in evidenza il “non ci sto” della Lega. «Il ministro Roberto Calderoli  e il viceministro Roberto Castelli hanno espresso contrarietà, sostenendo che la Lega è contraria a qualsiasi intervento con l’uso della forza in Libia che possa coinvolgere civili. L’Italia ha già fatto quello che doveva fare, senza aver nulla in cambio sul fronte dell’immigrazione. Calderoli esclude  tuttavia che su questa vicenda possa aprirsi una crisi di governo, così come chiesto dal vice presidente Fli, Italo Bocchino. Nessuna crisi – ha detto Calderoli- noi facciamo la nostra battaglia convinti di essere nel giusto. Quando un governo decide, deve decidere in maniera collegiale. Gianni Micalessin ricostruendo il quadro, scrive che nella vicenda c’è  «la compiaciuta  complicità di Pechino, Russia, Turchia per comprese operazioni finanziarie messe a segno dalla famiglia Gheddafi. L’attore che più fa paura è la Cina. La sopravvivenza del Colonnello per Pechino rappresenta l’affare del secolo perché garantirebbe un accesso illimitato  alle riserve di greggio libico, permettendo di alimentare le centinaia d’imprese avviate in Africa.  Una sconfitta o una paralisi della Nato, seguito dalla sopravvivenza politica del Colonello, regalerebbe a Pechino il combustibile indispensabile per portare a termine la nuova colonizzazione del continente africano. E lascerebbe l’Europa senza petrolio e senza materie prime». 

“Bombardiere” questo il titolo scelto dal MANIFESTO  che dedica la foto di apertura al presidente del consiglio «L’annuncio di Berlusconi: l’aviazione italiana lancerà raid sulla Libia. Cent’anni dopo l’avventura giolittiana in Tripolitania e alla vigilia dell’incontro di oggi con Sarkozy sull’immigrazione, il presidente del Consiglio proclama l’entrata in guerra. Il governo si spacca, la Lega furiosa. Incredibile Pd: non mancherà il nostro assenso» riassume il sommario che rinvia a pagina 9 dove si trova l’articolo dedicato all’annuncio di ieri sera. Nella pagina precedente, la 8 si parla della rivolta siriana “Bashar manda i tank”. L’articolo si apre sul comunicato della Presidenza del consiglio e prosegue: «(…) Così, poco dopo le 8 di ieri sera Berlusconi ha dichiarato guerra alla Libia. 1911-2011, esattamente cento anni dopo aver inaugurato i bombardamenti aerei sui civili libici, l’Italia tornerà a bombardare la Libia. Pazzesco, prima ancora che “rovinoso”, come ha detto il vescovo di Tripoli, monsignor Martinelli. Un regalone all’assatanato Sarkozy che arriva oggi a Roma: forse in cambio delle bombe italiane, si prenderà qualche migrante libico sbarcato in Italia per sfuggire alle bombe italiane. Lasciamo stare le idiozie del macho Benito La Russa che infine può tornare sull’agognata quarta sponda (…)La reazione più tragica è quella del Pd, l’”opposizione” (…) Il presidente Napolitano, che diceva che in Libia “l’Italia non è in guerra”, è stato “informato”. Furiosa la Lega che vede profilarsi all’orizzonte le “orde” di profughi. La decisione di Berlusconi ha fatto passare in secondo piano le notizie di ieri. Da un lato quelle del “più pesante” (e mirato) raid Nato su Tripoli, anzi sul compound di Bab al-Aziziya residenza di Ghddafi, nella notte fra domenica e lunedì; del primo attacco di un drone Usa, sabato intorno a Misurata; e della ripresa dei bombardamenti delle forze governative sulla città (…)».

IL SOLE 24 ORE dedica alla questione Libia la pagina 7 “Sì dell’Italia ai raid sulla Libia” è il titolo del pezzo, affiancato da un’analisi di Alberto Negri: “Escalation tardiva ma inevitabile”: «Si è andati così alla rincorsa delle posizioni perdute. Siamo quindi entrati nel conflitto come membri della Nato, con le basi aeree, la flotta navale e i nostri caccia impegnati in missioni di monitoraggio della no fly zone. Ancora poco convinti, soprattutto sperando che fossero gli americani a prendere la leadership delle operazioni, contenendo francesi e britannici. E qui è venuta la terza sorpresa. Gli Stati Uniti hanno deciso, dopo un paio di settimane, di tenere i caccia a terra lasciando il comando alla Nato: gli europei dovevano sbrigarsela da soli. Mentre il Governo intensificava le relazioni con i ribelli di Bengasi, ormai di casa a Roma, è apparso sempre più evidente che serviva stare in guerra su un piano di parità con i nostri alleati e concorrenti della Nato. Era quello che chiedeva con insistenza la presidenza della Repubblica. Ora anche noi siamo a pieno titolo nel pantano libico: e con ogni probabilità non poteva essere diversamente».

AVVENIRE apre con il titolo “Libia, l’Italia ora arma le bombe” e sottolinea: “Annuncio di Berlusconi dopo una telefonata con Obama: saranno raid mirati. Ma la Lega si oppone”. Nel Primo Piano di pagina 7 Angelo Picariello scrive: «Il governo dà il via libera al bombardamento della Libia da parte di aerei italiani. La notizia, una bomba a sua volta, arriva alla vigilia del vertice italo-francese… “Non saranno bombardamenti indiscriminati, ma missioni con missili di precisione su obiettivi specifici”, precisa Ignazio La Russa, sottolineando che l’obiettivo è quello di “evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile. Ma – aggiunge – non potevamo sottrarci”». La Lega, però, si sfila; Calderoli minaccia: “Non avranno i nostri voti” e anche Castelli rincara la dose. Per Italo Bocchino, «così si apre di fatto la crisi di governo», mentre la Finocchiaro annuncia che «se si rispetta la risoluzione Onu, il Pd dirà sì».

«L’Italia bombarderà la Libia» è il titolo che occupa tutta la prima pagina de LA STAMPA. Alla notizia sono dedicate le prime undici pagine del quotidiano. Il commento è affidato a Marta Dassù: «Ora potremo influire sugli alleati» è il titolo. Scrive la Dassù, direttore dell’Aspen institute: «L’Italia ha deciso ieri di partecipare ai bombardamenti della Nato in Libia. E’ una svolta netta per Silvio Berlusconi, presentata come risultato di una telefonata con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Nelle settimane scorse, il capo del governo italiano aveva escluso che il nostro Paese, per il suo passato di potenza coloniale, avrebbe mai potuto bombardare le terre della Jamahiriya. Ma questa posizione – già difficile in sé da tenere di fronte alle pressioni dell’Alleanza atlantica – era diventata insostenibile dopo il riconoscimento a Roma del Consiglio Transitorio di Bengasi quale unico legittimo rappresentante della Libia. Ci sono limiti oltre i quali, in sostanza, l’incoerenza in politica estera diventa un puro e semplice costo». In conclusione «questo passo era necessario anche solo per potere pretendere, dopo molte esitazioni e incertezze, di avere una linea di politica estera. E per evitare di restare ai margini di una crisi che ci vede particolarmente interessati e particolarmente esposti: con molto da perdere e poco da guadagnare. Ma diventerà un passo utile, oltre che necessario, se l’Italia lo utilizzerà per tentare davvero di influire su una strategia di intervento ancora confusa e poco efficace». Cesare Martinetti, invece, fa il punto sui rapporti tra Italia e Francia: «Parigi e Roma mai così lontane». Berlusconi e Sarkozy sono «due leader in crisi di consensi e di identità» che «si incontrano oggi a Roma per fingere di trovare un accordo che non ci può essere e battezzare insieme il capro espiatorio su cui dirottare il malessere di un’opinione pubblica percorsa da uguale disagio. I due sorrideranno per le telecamere, fingeranno di aver ritrovato un’amicizia che si dirà “antica”, si daranno – forse – appuntamento a Tunisi per un vertice trilaterale con gli eredi di Ben Ali. Poi si lasceranno, tornando ognuno al suo rompicapo politico».

E inoltre sui giornali di oggi:

ECONOMIA
LA REPUBBLICA – Colloquio di Massimo Giannini con Giulio Tremonti: «stabilità e solidità della finanza pubblica sono essenziali, tanto nel presente quanto nel tempo a venire», «non sono possibili sviluppo economico ed equilibrio democratico senza stabilità e solidità della finanza pubblica»; occorre «evitare illusioni, supponendo una presunta alternativa tra crescita e rigore: la crescita non si fa più con i deficit pubblici».

MIGRANTI
IL MANIFESTO – Piccolo richiamo in prima su “Parigi all’attacco dei permessi made in Italy”, a pagina 5 l’articolo di apertura dal titolo “Francia all’attacco dei permessi” in cui la corrispondente da Parigi illustra in vista del vertice tra Berlusconi e Sarkozy la posizione francese: «La miserevole guerra che l’Italia e la Francia stanno combattendo ai danni dei migranti tunisini arriva oggi al redde rationem, con il vertice bilaterale di Roma, anticipato di alcuni mesi rispetto alla data prevista in autunno per il tradizionale incontro annuale. (…) la Francia vuole ottenere da Bruxelles gli strumenti per bloccare l’arrivo dei tunisini. I due governi populisti, che agiscono soprattutto per ragioni di politica interna, hanno trovato una via d’uscita: mettersi d’accordo contro la Commissione europea, per piegarla ai loro voleri di aumento dei controlli. Da Roma dovrebbe venire oggi una richiesta di rafforzamento di Frontex, il dispositivo di controllo comune alle frontiere esterne, con l’obiettivo dichiarato di bloccare i barconi in partenza dalla Tunisia, attraverso interventi coordinati in mare. (…)» l’articolo analizza poi le diverse posizioni politiche francesi dall’Ump ai socialisti e conclude «(…) Per la Francia il vertice di Roma sarà centrato sull’immigrazione. Parigi, invece, alza le spalle di fronte agli altri due soggetti di tensione, visti dall’Italia: Sarkozy non ha nessuna intenzione di rispondere alle riserve italiane sulla gestione dell’intervento in Libia e neppure di giustificarsi sulle accuse di aggressività in economia, dopo il caso Bulgari (acquisito da Lvmh a marzo), la battaglia in corso su Parmalat con Lactalis in agguato e i sospetti italiani sulle mire di Edf su Edison e di Groupama su FonSai.»

STRANIERI
IL SOLE 24 ORE – “Per gli stranieri il 730 è «minimo»”: «Sono poco più di 3,2 milioni i contribuenti nati all’estero che hanno dichiarato al fisco italiano, per l’anno d’imposta 2009, oltre 40 miliardi di euro. I calcoli, elaborando i dati del ministero dell’Economia, li ha fatti la Fondazione Moressa di Mestre nel suo ultimo dossier sull’immigrazione. I contribuenti stranieri costituiscono il 7,9% di quelli totali e dichiarano redditi pari al 5,1% di quelli complessivi. (…) In generale, i contribuenti stranieri hanno dichiarato mediamente 12.507 euro all’anno. Ma il dato varia – e di molto – da regione a regione. Al Nord il reddito è più elevato. Spicca su tutte la Lombardia che, con i suoi quasi 15mila euro, registra valori doppi a quelli della Calabria (7.875 euro). L’unica che si avvicina ai valori lombardi è il Friuli Venezia Giulia. Valori questi comunque più bassi di quelli degli italiani». Commento de IL SOLE 24 ORE a pagina 10: «I contribuenti stranieri aumentano, ma il livello dei redditi dichiarati è ancora basso. Segno di un’integrazione di difficile compimento che, anche se da un lato sta lentamente portando all’emersione di un numero sempre più cospicuo di contribuenti nati all’estero, dall’altro non riesce ancora ad assicurare in troppi casi un tenore di vita adeguato. O segno forse di un’infelice emulazione di alcuni vizi dei contribuenti “indigeni”».

ROM
AVVENIRE – La pagina 9 è dedicata alla vicenda dei circa 80 rom che hanno occupato a Roma la Basilica di San Paolo. Lo scontro politico non si ferma. Pomeriggio agitato per le famiglie ospitate dalla Caritas: un gruppo di giovani li ha insultati, protestando contro la loro presenza in zona. Sono intervenuti i carabinieri per riportare la calma. La Comunità di Sant’Egidio ha sollecitato il Comune a evitare “altri errori, altre sofferenze, altra tensione non necessaria alla città” e il sindaco Alemanno ha annunciato che gli sgomberi sono sospesi fino al 1° maggio.

RINNOVABILI
ITALIA OGGI – “La Cina esplora nicchie di verde” dove Ettore Bianchi ci racconta del boom ecologico a Pechino. Che passa dalle auto elettriche a arriva alle fonti rinnovabili. Un “crocevia mondiale” lo definisce l’articolo, quello della Cina nel settore ecologico. Tutto questo a pagina 12

GIOVANARDI
ITALIA OGGI – “Giovanardi scivola sulla famiglia”. Il quotidiano ritorna sulla polemica innescata dal sottosegretario la settimana scorsa. Giovanardi in quell’occasione aveva gridato allo scandalo per via di una nuova pubblicità Ikea che raffigurava due uomini, mano nella mano, e la scritta “Siamo aperti a tutte le famiglie”. Cesare Maffi, a pagina 6, fa notare al sottosegretario che la pubblicità in questione è pienamente legittima da un punto di vista legale, e che quindi non viola – come aveva dichiarato Giovanardi – la Costituzione.


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