Welfare

«Ha senso stare ancora nella Ue?»

Lo ha detto il ministro Maroni dopo il no di Bruxelles sul suo piano per gli immigrati. Ha ragione?

di Lorenzo Alvaro

«Mi chiedo se davvero abbia un senso continuare a far parte dell’Unione europea, dopo che questa ha lasciato da sola l’Italia a gestire l’emergenza immigrati». È quanto ha affermato il ministro dell’Interno Roberto Maroni al termine del Consiglio Ue Affari interni a Lussemburgo. L’Ue, ha accusato Maroni, è diventata un’istituzione che «si attiva subito solo per salvare le banche e dichiarare guerra, ma quando le si chiede solidarietà concreta per salvare un paese in difficoltà come l’Italia si nasconde».

Per questo, anche se «con l’Europa non si scherza», facendo riferimento al monito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «quando l’Italia chiede aiuti gestire i rimpatri, bloccare gli sbarchi e investire in Tunisia e le viene risposto “devi pensarci tu perchè ci sei vicina”, allora mi pare che qualcosa non funzioni», ha sottolineato il ministro dell’interno da Lussemburgo.

Un chiaro riferimento al breve scambio di battute con il suo omologo tedesco nella sala dei lavori del Consiglio Ue appena prima dell’inizio della riunione. Hans-Peter Friedrich, il nome del ministro tedesco, ha suggerito la necessità di «trovare un accordo» con la Tunisia. «Quel che dobbiamo fare», ha ripetuto per due volte il ministro tedesco rivolgendosi, «è trovare un accordo con la Tunisia», ribadendo di persona quanto già affermato davanti ai giornalisti al suo arrivo a Lussemburgo. Friedrich aveva invitato l’Italia a fare il suo dovere: «non possiamo accettare che un grande numero di immigrati venga in Europa passando dall’Italia, per questo l’Italia deve fare il suo dovere nelle discussioni con la Tunisia».

«Siamo l’unico paese Ue che si è attivato con la Tunisia, mi pare che se la risposta europea è questa allora meglio soli che male accompagnati», ha concluso amaro Maroni.

A fargli eco il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che in televisione ha sottolineato come sull’emergenza immigrati «l’Europa sta dimostrando di avere molte falle dal punto di vista politico».

«Un’Europa che è pronta a chiederti i soldi», ha sottolineato l’esponente Pdl, «a farti multe quando qualcosa non va, che è pronta a richiamarti o intervenire negli Stati con la peggior burocrazia che esista, poi non c’è quando uno Stato ha bisogno di aiuto».

A breve giro di posta rincara la dose il vicepresidente della commissione Esteri, l’onorevole della Lega Nord Fiorello Provera, relatore al Parlamento europeo del rapporto sui “flussi migratori causati da instabilità: portata e ruolo della politica estera dell’Ue”.
«Con la decisione di non attivare la clausola di solidarietà del Trattato di Lisbona e la direttiva 55 del 2001, sulla condivisione nell’accoglienza degli immigrati  tra i 27 Stati membri, il Consiglio Affari Interni dell’Ue si è messo in fragrante contraddizione con la relazione votata a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo solo martedì scorso», ha dichiarato.

«Nessun paese può far fronte, da solo, a un’emergenza di queste dimensioni.  Quando serve, bisogna dare una mano, altrimenti parlare di Europa è solo ipocrisia», ha detto l’eurodeputato leghista.

 «Bruxelles è costantemente disponibile a dare lezioni di solidarietà ma di fatto lascia ciascun paese solo, di fronte alle proprie difficoltà, senza proporre, e tantomeno attuare, una politica di aiuto comune. Alla luce di questo deplorevole atteggiamento», ha aggiunto, «l’Italia ha pieno titolo per gestire nel modo più opportuno tale emergenza, coerentemente con i propri interessi nazionali».

«Visto quanto accaduto», ha concluso l’onorevole Provera, «dovremo usare massima cautela nella cessione di ulteriori quote di sovranità nazionale e in ogni caso qualsiasi iniziativa, in questo senso, dovrà essere sottoposta a un referendum popolare perché gli italiani possano esprimere nel modo più diretto la propria volontà».


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