Non profit

«All’Aquila servono pub»

Lo dice il parroco nella chiesa di San Francesco

di Lorenzo Alvaro

Sindrome post traumatica da stress, mancanza d’attenzione, lamentele somatiche. Non è il copione di un film sui reduci del Vietnam, ma la realtà di bimbi e adolescenti a L’Aquila. A due anni dal terremoto del 6 aprile 2009 la situazione resta difficile. Secondo la ricerca Microdis-L’Aquila, condotta da un pool di ricercatori dell’Università di Firenze, dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Università dell’Aquila, il 43% dei terremotati soffre di stress e depressione. Save the Children, attiva nei luoghi colpiti dal sisma con il progetto “Bussola Famiglia”, ha proposto a riguardo un “decalogo di intervento” a sostegno dei bambini. Secondo l’associazione, infatti, oltre il 5% dei bambini da 3 a 14 anni presenta disturbi legati all’ansia, e oltre il 7% dei ragazzi da 6 a 14 anni soffre di sindrome post traumatica da stress. E si registra, tra adolescenti e giovani adulti, l’aumento di consumo di droghe e alcool. 

 

Renato Cerbo, neuropsichiatra infantile dell’Asl cittadina, spiega che «all’Aquila il problema non è tanto legato alla scossa, ma a quello che è venuto dopo. Cambio abitativo, perdita di abitudini, impoverimento delle famiglie, cambio di scuola, senso di precarietà, lutti. Tanti i fattori che concorrono».

Non ci sono più pub
«Mancano punti di riferimento», racconta don Dante Di Nardo, parroco nella chiesa di San Francesco, «non ci sono più pub, bar, piazze e chiese. Un disagio che investe tutti: dai bambini agli universitari». Don Dante ha provato a riaprire subito l’oratorio, «sono l’unico che ha una struttura “sociale” che ha retto al sisma. Nonostante questo i bambini sono tornati solo a settembre scorso, un anno e mezzo dopo il terremoto». Il motivo è semplice: «Si erano sparpagliati un po’ ovunque, dai centri sulla costa fino a Roma». Ma l’oratorio, da solo, non risolve i problemi: «Può essere una soluzione per chi frequenta la chiesa, ma per gli altri servono luoghi adeguati», spiega pragmatico il parroco. «Basterebbe un bel pub, accogliente, dove bersi una birra in compagnia: sarebbe una svolta».

Anche chi si occupa – per lavoro – di disagio come Andrea Bollini, psicologo e coordinatore del progetto “Bussola Famiglia”, individua nella socialità sfilacciata il punto critico. «Bisogna dividere in due categorie il problema. I bimbi, cui la scomparsa dei luoghi “amici”, sia intimi che pubblici, sfocia in problemi di attenzione e apprendimento. Gli adolescenti, invece, davanti all’impossibilità di socializzare cadono in depressione e, in alcuni casi, prendono percorsi devianti». Questo senza contare le difficoltà economiche delle famiglie e le tensioni che ne derivano. 

Fortezza della solitudine
«Qui oggi è la fortezza della solitudine», dice Rosa Rosanna, pediatra di base a L’Aquila. «Ci si incontra in luoghi che somigliano a bidonville; l’unica cosa che può succedere è andare in depressione, scappare dai problemi bevendo. Basta guardare viale della Croce Rossa». Ovvero, una statale lungo cui si sono raccolti un’infinità di bar-container. Anche affrontare il problema è difficile, secondo Rosanna: «In generale consiglio ai genitori di far fare ai bimbi sport e attività di ogni genere. Quando invece arrivano con disturbi del sonno, crisi d’ansia e fobiche, ci vuole lo specialista». Chi è? Renato Cerbo, che sottolinea come non sia però una situazione senza ritorno: «Parliamo di fenomeni infantili che si possono affrontare e battere. Bisogna usare il trauma come fattore di crescita personale».

E non solo per i bambini. Per Bollini «non si può nascondere la reazione positiva che di fronte al terremoto molti giovani hanno dimostrato. In molti si sono messi insieme, hanno dato vita a realtà associative, si sono impegnati nella sfida di far rinascere la loro città». E subito vengono in mente i tantissimi comitati cittadini nati nell’immediato dopo sisma. Non solo. Freschissima è la notizia che la Fondazione Accenture ha proclamato vincitori del concorso “Idee al futuro” alcuni interventi innovativi pensati per migliorare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione realizzati proprio da studenti delle scuole del cratere aquilano.


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