Non profit

Camera con rissa

Lite sul processo breve, monetine in piazza, show di Berlusconi a Lampedusa, monito di Napolitano

di Franco Bomprezzi

Una giornata da dimenticare, per la politica italiana, quella di ieri: la forzatura della maggioranza sull’iter della legge per il processo breve scatena una rissa verbale in Parlamento, lancio di monetine fuori, il monito di Napolitano dagli Stati Uniti. E poi lo show di Berlusconi a Lampedusa, dove per convincere gli isolani che tutto tornerà meglio di prima ha comprato una villa. Questa Italia surreale è sulle prime pagine dei giornali di oggi.

“Rissa alla Camera, monetine in piazza”, apre così il CORRIERE DELLA SERA, che dedica le prime pagine all’alta tensione in Parlamento e in piazza. I fatti innanzitutto: Pdl e Lega accelerano sul processo breve ed è scontro totale con l’opposizione. Davanti a Montecitorio un centinaio di persone hanno lanciato insulti e monetine contro il ministro Ignazio La Russa e il sottosegretario Daniela Santanchè. In aula, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha sospeso la seduta dopo un violento battibecco con il ministro della Difesa. Rinviato l’esame del provvedimento di legge: ora torna l’ipotesi della richiesta del voto di fiducia. L’editoriale, molto duro, è di Pierluigi Battista: “Sull’orlo del precipizio”. Scrive Battista: “Difficile distribuire colpe e responsabilità. Quando domina la rissa, non si riesce più a distinguere i colpi dati e quelli incassati. Ma colpisce la disponibilità alla rissa continua. La pretestuosità con cui si coglie ogni occasione per inscenare la solita liturgia della guerra civile «a bassa intensità», come è stata definita. Ancor più pretestuosa e colpevole quando a pochi chilometri dall’Italia la scena della guerra non è una liturgia, ma una terribile realtà. Non è che la guerra debba silenziare ogni conflitto, o che un’atmosfera di mistica unità nazionale debba anestetizzare il dissenso, o addomesticare la discussione parlamentare. Ma nemmeno può valere il contrario: la politica della provocazione quotidiana e permanente, il braccio di ferro continuo, una spirale di ritorsioni che si avvita senza fine. Lo spettacolo di ieri ha dato a questo scenario intossicato una teatralità di gesti che contribuisce ad alimentare un’atmosfera di ultimatum permanente. Quanto la rissa continua stia nelle corde popolari o non emani piuttosto dal clima chiuso e avvelenato dei palazzi della politica è difficile dire. Ma non è difficile capire che l’orlo del precipizio è vicino. Tra insulti e monetine, rischiamo addirittura di non accorgercene”. Aldo Cazzullo si è accorto delle analogie con la giornata clou di Bettino Craxi, all’epoca di Mani Pulite e scrive a pagina 2: “Quel giorno davanti al «Raphael» che portò Craxi verso l’esilio”. Leggiamo un passaggio: “Se quell’altra volta Craxi avesse ascoltato il fido autista Nicola Mansi e fosse uscito dal retro dell’hotel Raphaël, non sarebbe accaduto nulla, e Mani pulite non avrebbe avuto la sua scena-simbolo. Invece il leader socialista aveva il gusto della sfida. Un giorno che due motociclisti lo affiancavano a ogni semaforo per urlargli «ladro!» , lui ordinò a Nicola di chiuderli, scese, mise a segno un paio di ganci e risalì in macchina senza scomporsi. Fuori dal Raphaël però lo aspettavano in centinaia. Con le monetine. E le banconote da mille lire: «Vuoi pure queste? Bettino, vuoi pure queste?» . Non era una manifestazione spontanea, molti erano militanti del Pds arringati poco prima da Occhetto in piazza Navona. «Tiratori di rubli» li chiamò Craxi. Ma si capì allora che i suoi giorni erano numerati. Ieri è stata un’altra giornata di monetine. Una nuova generazione di contestatori è tornata a evocare Mani pulite, la commistione tra affari e politica, la frenesia per il denaro, il gusto dell’impunità, l’indignazione popolare; ma anche la contestazione organizzata, l’aggressività di strada, il populismo in favore di telecamera”. A pagina 3 Monica Guerzoni racconta: “La piazza assedia Montecitorio. E volano monetine su La Russa”, cronaca di una manifestazione dominata dal popolo viola, di cui alcuni esponenti sono riusciti ad arrivare sin sulla porta della Camera dei deputati. A pagina 5 la cronaca della rissa in Aula: “In Aula la rabbia del ministro. Insulto a Fini che blocca tutto”. A pagina 6 la reazione di Berlusconi raccontata da Francesco Verderami: “Premier irritato, rovinato il «piano rilancio»”. Scrive Verderami: “Così si è apparecchiato il disastro per Berlusconi. A cui è poi saltata anche la pezza messa sull’emergenza immigrazione, dato che le inaspettate dimissioni di Mantovano da sottosegretario all’Interno testimoniano come il problema sia tutt’altro che risolto. Il premier, che già fatica a tenere a bada i Responsabili, non può permettersi un pericoloso scollamento del proprio gruppo nel passaggio parlamentare decisivo, con il «processo breve» da far approvare. I numeri della maggioranza sono talmente esigui che l’opposizione ieri ha avuto gioco facile a rimarcare come i ministri degli Esteri e della Difesa fossero impegnati nelle votazioni mentre la Libia è in fiamme. Perciò Berlusconi ha tenuto per sé l’imprecazione per quella imprecazione, e ha subito frenato le pulsioni di quanti tra i suoi fedelissimi si erano lasciati andare contro La Russa, al punto da auspicarne le dimissioni. L’ «operazione Lampedusa» sarà pur stata rovinata, ma c’è da approvare il provvedimento sulla giustizia che contiene l’emendamento sulla prescrizione decisivo ai fini del processo Mills. Il Cavaliere deve quindi compattare la propria maggioranza e aspettare intanto che si depositi la polvere dello scontro alla Camera: la fiducia sul processo breve verrà posta la prossima settimana. E per quel giorno il premier spera di non dover imprecare ancora”. Alle pagine 10 e 11 del CORRIERE le cronache da Lampedusa: “Berlusconi a Lampedusa. «Libero l’isola in due giorni»” scrive Felice Cavallaro: “Il piano del «ghe pensi mi» ha i toni di quelli annunciati a Napoli e L’Aquila, come dicono gli oppositori raccolti sotto il municipio di Lampedusa, ma sono voci soffocate dagli spintoni di chi si libera dei «comunisti» e dagli applausi di pescatori e albergatori, dei commercianti e delle mamme. Pure le mamme che l’altro giorno urlavano contro il governo, ieri catturate dal magnetismo del Cavaliere piombato nell’isola che non ne può più per promettere di liberarla dai 6 mila tunisini «in 48-60 ore» e di ricostruire l’immagine di questo paradiso con un vero e proprio contratto. Niente rispetto a quello firmato nel salotto tv di Bruno Vespa. Stavolta il piano scivola lungo una ventina di punti snocciolati a un popolo in visibilio, entusiasta dei tre aggiunti all’ultimo momento anche per costruire qui un campo da golf, una scuola, un ospedale e, perché no?, un casinò. Acclamazioni a ogni annuncio. Anche quando il Cavaliere rimprovera i lampedusani per gli intonaci grigi, per la terra brulla proponendo un «piano colore» in modo da calare sull’isola il «modello Portofino» . Alla fine della giornata, quando ha pure annunciato di mettere radici nell’isola con l’acquisto di una villa, molti parlano di show, di illusioni a buon mercato e ribattezzano il premier «Silvio La Qualunque»”. E slitta fino a pagina 19 il monito del presidente della Repubblica, in visita negli Stati Uniti: “Napolitano: in Italia «guerriglia» quotidiana” è il titolo del pezzo di Marzio Breda: “Siede nell’aula magna della New York University, il capo dello Stato, impegnato in una di quelle conversazioni al caminetto (le “fireside chats”, messe in scena con tanto di fiamme artificiali sotto vetro) che vengono organizzate per i visitatori più illustri. E lui, presentato come il «rappresentante del meglio dell’Italia» e insignito della Presidential Medal, è l’ospite d’onore. Il professor Weiler lo interroga davanti a 450 tra studenti e docenti, con la curiosità che dimostrano gli americani quando riflettono sul nostro Paese oggi. Molti di loro, giustificatamente, senza capirne granché. Così, il dibattito assume una cifra chiarificatrice quando Weiler gli chiede delle pendenze penali di Berlusconi, dei decreti rinviati dal Quirinale a Palazzo Chigi, delle polemiche sorte sulla nomina di certi ministri. Solo sul primo punto Napolitano evita di entrare: «Non faccio commenti sulle singole persone» . Ma sul resto racconta come vanno le cose dal suo punto di vista. Piuttosto male, cioè, «un periodo duro» . Infatti, spiega, «non è un momento facile né per me né per il mio Paese» . E «uno dei grandi problemi» italiani, oggi, è per lui «il profondo scarto tra la politica e la cultura» . In questo scenario confuso e involgarito un presidente della Repubblica fa quello che può, «sottolineando tutto ciò che unisce l’Italia e non la divide»”. 

“Prescrizione breve, scoppia la rivolta”: LA REPUBBLICA apre con la bagarre in aula e in piazza Montecitorio, riferendo con una foto notizia in taglio centrale dello “Show del premier: via i profughi da Lampedusa Affonda gommone, un bimbo tra gli 11 morti”. Due notizie che sono evidentemente collegate, come sottolinea sin dalle prime righe del suo intervento (“Il delitto perfetto”) Massimo Giannini: «A Lampedusa il colpo di teatro e la demagogia promozionale, a Roma il colpo di mano e la macelleria costituzionale… Con un atto di forza, tecnicamente eversivo e politicamente distruttivo, la destra inverte l’ordine dei lavori e impone alle Camere l’approvazione immediata della legge sul processo breve e sulla prescrizione “corta” per gli incensurati. Cioè la trentottesima legge ad personam dell’era berlusconiana». Toni duri per descrivere il blitz del Pdl (che vuole approvare la legge in modo da far cadere i numerosi processi del premier, Ruby esclusa, ma che avrebbe effetti su centinaia di migliaia di cause): una giornata surreale con i manifestanti in Piazza Montecitorio e litigi feroci in aula. «Un ministro che manda affanculo il presidente della Camera non si era mai visto», ha commentato l’onorevole Scajola che di cose inusuali se ne intende (è solo una delle voci Pdl critiche verso La Russa). La cosa interessante, nell’intervento del ministro (uscito in piazza assieme alla Santanchè forse per provocare, fa intendere Francesco Bei), è la seguente affermazione: «ho riconosciuto una persona, era l’organizzatore dei fischi a Silvio Berlusconi il 17 marzo». Come a insinuare: una persona colpevole di lesa maestà.  Le opposizioni attonite. Il Pd incerto se abbandonare l’aula e rifugiarsi sull’Aventino: occorre «una organizzazione scientifica della nostra opposizione», dice Rosy Bindi, «il momento è tale che non possiamo rispondere con i mezzi ordinari a una situazione straordinaria», «la dittatura della maggioranza merita una risposta forte. Non c’è più rispetto per le regole e per la realtà». Quanto alla protesta popolare, colpisce l’immaginario il fatto che a La Russa la gente abbia lanciato monetine, come avvenne con Craxi e prima ancora con Ugo La Malfa. Infine la visita a Lampedusa del premier: molte promesse (il Nobel, niente tasse per un anno, il rilancio), l’acquisto di una casa e una barzelletta raccontata alle mamme che lo incontrano in una base aeronautica forse più imbarazzante delle lusinghe esplicite («si chiede a un campione di donne se vogliano fare l’amore con Berlusconi. Il 30% risponde “magari”, il 70% risponde “di nuovo?”»). Non a caso il commento di Francesco Merlo ha un titolo fulminante: “Il Cavalier Laqualunque”: «Con la camicia scura aperta sul collo e il doppio petto nero, Berlusconi a Lampedusa è più Cetto Laqualunque dello stesso Albanese».

Per IL GIORNALE invece “Lampedusa (è) liberata” dopo l’arrivo, ieri, di Berlusconi.  Le prime due pagine  con foto del Premier sorridente  sono dedicate alla cronaca e in evidenza il “piano del Cavaliere: Lampedusa libera in 48 ore”. Vittorio Macioce scrive «Berlusconi e i suoi nemici non si capiranno mai. Non è una questione politica e non tocca neppure la giustizia. È una sorta di incomunicabilità. La storia di Lampedusa è l’esempio più chiaro. I suoi nemici dicono che ha l’ossessione da show. Lui, probabilmente la vive in modo diverso. C’è la voglia di metterci la faccia in prima persona. Non è solo il “ghe pensi mi”, ma è il gusto della sfida». Le dichiarazioni di Napolitano «Non è un problema solo italiano»  completano la pagina aperta dalla notizia delle dimissioni del sottosegretario Mantovano che aveva annunciato ai suoi conterranei l’arrivo di 1500 migranti e invece saranno il doppio. Sulla giustizia IL GIORNALE non nasconde lo scivolone di La Russa, ma anche “L’assalto al governo dentro e fuori dall’Aula con lancio di monete, insulti e cori” con la cronaca della giornata di ieri.

Berlusconi inquadrato mentre fa una smorfia a Lampedusa è la foto di apertura del MANIFESTO che titola: “La faccio franca”, nel sommario si passa dallo show di Lampedusa all’accelerazione del processo breve alla Camera. A quanto successo ieri a Montecitorio è dedicato poi un secondo richiamo in basso con la foto del ministro La Russa sopra il titolo “Processo breve, tafferugli e rinvio La Russa si agita”. Quattro le pagine dedicate ai fatti salienti di ieri: la 2 e la 3 a Lampedusa, la 6 e la 7 agli eventi più strettamente politici. “Berlusconi si compra l’isola”, titola l’articolo di Massimo Giannetti che inizia in prima e continua a pagina 3. Si legge: «La tragedia in corso da due mesi a Lampedusa scompare in appena venti minuti di comizio. Tanti ne impiega Silvio Berlusconi per annientare le proteste dei cittadini che da tre giorni occupano il comune “contro il governo che li ha abbandonati”. Sembra un film già visto a L’Aquila e a Napoli, e anche stavolta il premier si accredita il successo, rovesciando i pronostici della vigilia. Incassa infatti gli applausi scroscianti di un pubblico che fino a poche ore prima era pronto a sommergerlo di fischi. È andato tutto secondo copione, le sbavature sono state abilmente represse. (…)» Segue il racconto del comizio e delle promesse «(…) Il messia nelle emergenze ci sguazza, e come sempre è incontenibile. Stavolta però supera se stesso. Promette ai lampedusani mare e monti, di tutto e di più, senza alcun ritegno. Con un finale a effetto. Chiude infatti la sua performance isolana annunciando di aver deciso di comprare una villa a Lampedusa. “Così potrò onorare meglio gli impegni che ho preso oggi con voi”, dice alla folla in delirio» chiosa Giannetti che alla fine conclude: «(…) Quanto agli immigrati, in serata sono cominciati i trasferimenti via nave dei primi 1.400 immigrati tunisini: destinazione Taranto. Ma gli sbarchi non si fermano: ieri sera sono arrivati quattro barconi carichi di migranti e altri ne sono previsti per le prossime ore». Sul fronte politico le due pagine dedicate si aprono con il titolo “Prescrizione pericolosa” e si sottolinea: “Fallisce l’accelerazione della maggioranza sulla legge cancella processi (del cavaliere). Merito del ministro della difesa e dei  suoi nervi. Si allungano i tempi alla camera mentre incombe il caso Ruby e la maggioranza rischia anche sul fronte interno». Il commento “Non è solo una legge ad personam” è affidato a Domenico Gallo: «(…) La montagna del processo breve ha partorito il topo della prescrizione ultraridotta. (…) Evaporato l’istituto della decadenza del processo, quello che rimane è la norma inserita in dirittura finale dal relatore, in perfetta concordanza con il governo, che accorcia la prescrizione dei reati per una determinata categoria di persone, riducendo i termini già ridotti dalla legge ex Cirielli nel 2005. (…)» L’orizzonte è il processo Mills e quindi si sottolinea: «(…) Quindi si interviene un’altra volta sulla prescrizione, per ridurla ulteriormente in funzione delle esigenze processuali di un imputato eccellente. Se non dobbiamo cessare di indignarci per lo scandalo delle leggi ad personam, che corrompono la funzione della legge, che deve essere orientata al bene pubblico, qui il problema va ben oltre il destino processuale di un singolo imputato. Quella che viene pregiudicata è la legalità, perché termini di prescrizione irragionevolmente brevi per reati molto dannosi per la collettività, come possono essere i reati tipici dei colletti bianchi (…), comportano un accrescimento enorme dell’area dell’impunità».  E sulla bagarre in aula a pagina 7 è dedicato l’articolo «A La Russa non basta la rissa Triplo “vaffanculo” a Fini». In pratica: «(…)La Russa prima provoca un centinaio di cittadini che manifestano fuori Montecitorio, poi rientra in aula e manda letteralmente “affanculo” il presidente della camera Fini (…) Un’ordinaria giornata di farsa (…)».

“Il timore che la rissa si prolunghi fino al 2013” è il titolo del Punto di Stefano Folli, richiamato sulla prima pagina de IL SOLE 24 ORE di oggi. «Nella disordinata giornata di ieri a Montecitorio non ci sono vincitori. Semmai c’è un senso di smarrimento diffuso. Con un elemento di certezza: il caos che si è scatenato sulla «prescrizione breve», portata al voto rovesciando l’ordine dei lavori, lascia intendere che non avremo mai (almeno in questa legislatura) alcuna riforma generale e convincente dell’ordinamento giudiziario. Del resto, chi ne dubitava? Fin dall’inizio è apparso chiaro che in Parlamento mancano ormai tutte le condizioni politiche per procedere a una riforma tanto ambiziosa. E Berlusconi non può non saperlo. C’è invece la possibilità di sfruttare non senza cinismo le lacerazioni tra maggioranza e opposizione e far passare un certo numero di provvedimenti circoscritti. Ad esempio, il processo breve con le nuove norme sulla prescrizione. Una misura senza dubbio utile al premier, ma con conseguenze assai negative sull’amministrazione della giustizia. Di qui il clima di rissa che ha incendiato Montecitorio, con incidenti piuttosto gravi che hanno visto in un ruolo di primo piano il ministro La Russa, scagliatosi contro il presidente della Camera. Il che è abbastanza singolare, considerando che il responsabile della Difesa dovrebbe essere concentrato solo sulla grave crisi in Libia. Evidentemente ha del tempo a disposizione. E in ogni caso gli avvenimenti di ieri sono la premessa di quello che dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane, se il fulcro dell’iniziativa governativa continuerà a ruotare intorno al duello eterno di Berlusconi con i magistrati».

 “Legittimo impedimento per Tonino è all’inverso“. Un pezzullo su ITALIA OGGI a pag. 4 sull’assenza ieri di Di Pietro in Parlamento proprio mentre la maggioranza accelerava sul procedimento che riguarda la prescrizione breve. E dov’era Tonino? In tribunale a Campobasso, convocato come testimone d’accusa del processo Turbogas. «Sono stato indeciso finO alla fine» ha detto Di Pietro «Ma il motivo era troppo importante per disattenderlo. Quando vengo chiamato dai magistrati io ci vado. Non mi sarei mai avvalso del legittimo impedimento come qualcun altro».         
 
AVVENIRE apre con la promessa di Berlusconi  «Mai più caos a Lampedusa» e con la proposta del Nobel ai lampedusani che ieri è stata rilanciata anche dal premier ha ricevuto tanti sì di peso. Sul “Blitz del Pdl a favore del processo breve e sulla bagarre fuori e dentro l’aula” di Montecitorio c’è invece un richiamo a centro pagina che rimanda ai servizi delle pagine 10 e 11. La decisione di invertire l’ordine del giorno sul processo breve fa salire la tensione. Napolitano commenta: “Basta tensione, crea sfiducia” e Berlusconi dice.”Questa bolgia non mi piace”.  Un box racconta che nella notte in un vertice fiume si è discusso se porre la fiducia («Spiazzati dalla deriva della giornata, i leader della maggioranza si radunano in seduta notturna per mettere a punto una ‘strategia’ che ‘salvi’ il processo breve…». A pagina 3 l’articolo di Luca Liverani dà conto del «coro di consensi alla proposta di candidatura per gli isolani avanzata da Avvenire e ripresa pure da Berlusconi “Abbiamo un enorme bisogno di mettere in luce le concrete iniziative di accoglienza rispetto ai discorsi salottieri. Si è riattivato il dialogo tra gli uomini”». Claudio Baglioni aveva avanzato la candidatura già a gennaio dicendo che Lampedusa «insegna al mondo il significato delle parole civiltà e coraggio». Tra le opinioni favorevoli alla proposta AVVENIRE riporta quelle di Franco Milano dell’Azione Cattolica, Andrea Olivero, presidente delle Acli, Salvatore Martinez di  Rinnovamento nello Spirito e Flavio Lotti della Tavola della Pace. Da segnalare l’articolo dedicato all’esempio di Paolo Di Benedetto, che a Lampedusa ha aperto la sua casa a 25 tunisini, ospitati per mangiare, lavarsi e trovare qualche indumento pulito, dicendo: «L’ho fatto perché mi sentivo di fare qualcosa. Mi sarebbe anche piaciuto non doverlo fare, perché ciò avrebbe voluto dire che non c’era bisogno. E invece oggi c’è bisogno di molta solidarietà nel mondo».  Sul fronte politico a pagina 4 si parla dell’intesa Governo-Regioni per gestire l’ondata di profughi dalla Libia e delle dimissioni del sottosegretario all’interno Mantovano in polemica con la decisione di trasferire un gran numero di migranti nel centro provvisorio di Manduria. La pagina 5 è tutta per lo show di Berlusconi a Lampedusa che ha promesso: «La Tunisia si riprenderà chi tornerà indietro di sua volontà. Mi sono impegnato ad acquistare tutti i pescherecci tunisini, così che non ne rimarranno più per essere usati in questi traffici». Promessi anche spot gratis su Rai e Mediaset per rilanciare l’immagine dell’isola: «Qui diventerà come Portofino con tanto verde e nuovi alberi» e si fa largo l’ipotesi che possa essere anche costruito un casinò. Ironica la reazione delle  opposizioni che hanno ribattezzato Berlusconi “Silvio La Qualunque. Per l’ Idv “è solo un piazzista” e l’Udc attacca: “Berlusconi ha comprato una villa con 8 posti letto a Lampedusa? Immaginiamo la voglia di metterla a disposizione dei migranti che stanno arrivando in questi giorni”.  Infine a pagina 6 AVVENIRE racconta la polemica con l’Europa nell’articolo “Sbarchi: la Farnesina attacca, la Ue si piega” e la vicenda dei 1.200 tunisini bloccati a Ventimiglia in attesa di entrare in Francia.

«Il premier: svuoterò Lampedusa» è il titolo principale della prima pagina de LA STAMPA. In alto, invece, spazio alle diatribe politiche: «Prescrizione breve: Bagarre in aula, assalto alla camera». A pagina 3 Carlo Bertini racconta la «folla inferocita»: «Per un interminabile attimo, sulla piazza scossa da una bolgia indicibile cala un silenzio surreale da film ed è lì che si ode l’urlo più raggelante, quello di un’anziana militante inviperita: «Faa-ree-te la fiiine di Craaaaxi!!!». Cinque minuti prima dell’”incidente”, quel terribile lancio di monetine contro La Russa e la Santanchè che fa scattare un flash back del ’93». La Jena commenta: «Il ministro La Russa non ha perso l’occasione e si è tenuto le monetine». All’atteggiamento del Governo in aula è invece dedicato il fondo di Luigi La Spina: «Spettacolo al di sotto della decenza» è il titolo. Scrive La Spina: «Faceva impressione, ieri sera su tutti gli schermi delle tv italiane, vedere il ministro della Difesa urlare in aula e insultare il presidente della Camera per le contestazioni sul “processo breve”. Un ministro del Paese più coinvolto nelle conseguenze delle rivoluzioni che sconvolgono l’altra sponda del nostro Mediterraneo. Una questione lontanissima dalle gravi preoccupazioni che assillano gli italiani in questo momento e che, tra l’altro, dovrebbero assillare anche i suoi pensieri e le sue azioni. Lo spettacolo si completava con il collega ministro degli Esteri che lo affiancava sul banco del governo, sbalordito e imbarazzato testimone di una scena impensabile e inaudita in qualsiasi Parlamento di una democrazia occidentale. Uno Stato che sta partecipando, in questi giorni, a una operazione militare di guerra, anche se vogliamo chiamarla in altro modo, e che deve affrontare un’emergenza umanitaria drammatica». Delle dichiarazioni del premier a Lampedusa parla Marcello Sorgi nel suo editoriale: «Dopo lo show i problemi torneranno» è il titolo. Scrive Sorgi: «Se la vita fosse davvero solo uno show e tutto dipendesse dal modo in cui è allestita la messa in scena e sono puntate le telecamere, l’Italia sarebbe il Paese più felice del mondo e Berlusconi l’uomo più adatto a governarla». Ma la realtà è diversa: «sgovernata e priva di aiuti qualificati, l’invasione cancellata frettolosamente dai teleschermi è destinata a riproporsi allo stesso modo, se non aggravata, nei prossimi giorni».

E inoltre sui giornali di oggi:

SIRIA
LA REPUBBLICA – Ieri il discorso del presidente Assad che non ha tolto lo stato d’emergenza e accusato un complotto straniero contro la Siria. Ha insistito sui complotti ma anche sul vento di riforme e la necessità della trasformazione del mondo arabo. Non ha preso però impegni concreti.

LIBIA
ITALIA OGGI– A pag 5 uno spaccato del paese attraverso il racconto di un italiano. Guido Nardo, che ha vissuto nella terra di Ghedaffi. Secondo il pezzo “La Libia che nessuno racconta”  la Libia era un paese in via di sviluppo dove si viveva sempre meglio. «Il pane veniva praticamente regalato…la corrente elettrica era di fatto gratuita; decine e decine di miglia di alloggi già costruiti e ancora in costruzione per garantire una casa a tutti: era stata avviata la costruzione della ferrovia ad altra velocità…;tutti erano dotato di cellulari, il costo delle chiamate irrisorio, la televisione satellitare era presente sostanzialmente in ogni famiglia e nessun programma era soggetto a oscuramento, così come internet alla portata di tutti».

BANLIEUES
IL SOLE 24 ORE – “Una speranza (e un lavoro) per i giovani delle banlieues”. Marco Moussanet racconta l’attività della Fondazione des Apprentis d’Auteil, centenaria istituzione cattolica di accoglienza e formazione professionale. In cinque anni il numero dei ragazzi di cui si occupa la Fondazione è triplicato (da 5mila a 13mila), spesso espulsi da «un sistema scolastico pubblico selettivo ed elitario». Per loro corsi di formazione e stage. E spesso anche un lavoro e il re-inserimento.

MAMME IN CARCERE
AVVENIRE – A pagina 12 parla della nuova legge approvata ieri dal Senato sulle detenute madri che andrà in vigore dal 2014.  Le detenute con bambini saranno ospitate in istituti a custodia attenuata fino a che il figlio non avrà compiuto 6 anni. 


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