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Lampedusa, la nostra guerra

Gheddafi resiste, in Italia esplode l'emergenza umanitaria

di Franco Bomprezzi

Come sempre accade, non esistono le guerre lampo, e l’intervento “umanitario” in Libia non fa eccezione. Mentre Obama e Sarkozy trovano un faticoso accordo sull’affidare alla Nato la direzione delle operazioni militari, in Italia sono molte le conseguenze politiche, anche per l’emergenza umanitaria e per la situazione insostenibile di Lampedusa.

“Gheddafi resiste, in campo la Nato”, così sintetizza lo scenario geopolitico il titolone di apertura del CORRIERE DELLA SERA. Anche oggi le prime 15 pagine del quotidiano di via Solferino sono dedicate alla crisi libica. La situazione dal punto di osservazione italiano viene affrontata a partire da pagina 8: “Napolitano approva la linea italiana sul comando”. A pagina 9 il tormento di Berlusconi: “Il Cavaliere vorrebbe evitare l’aula: non sarò protagonista di questa fase”. Alla fine, insomma, al Senato e alla Camera si presenteranno solo i ministri in occasione di un dibattito che partirà dalla mozione messa a punto dalla maggioranza. Questi i punti nel pezzo di Paola Di Caro: “Comando Nato, applicazione testuale della risoluzione Onu, tutela degli interessi dell’Italia in Libia (in particolare su gas ed energia), condivisione da parte dell’Europa degli oneri che deriveranno al nostro Paese dall’emergenza umanitaria (con il «sistema unico di asilo» per i profughi), esigenza di «pattugliamento» delle acque internazionali in funzione di «deterrenza» contro il «traffico di esseri umani» : questi sono i punti principali del documento che comunque andrà ancora limato stamattina soprattutto nella parte in cui si prevedono meccanismi di risarcimento per le imprese colpite. Difficile però un voto comune con l’opposizione, che attacca la «gravissima decisione» di Berlusconi di non parlare in Aula, D’Alema vede il rischio di una mozione «pasticciata» per venire incontro alla Lega. Possibile un voto su mozioni distinte, ma tutte favorevoli all’intervento”. A pagina 10 il racconto della lunga amicizia tra Berlusconi e Gheddafi. Due colonne sono dedicate invece alle difficoltà all’interno del Pd: “I raid dividono il Pd: cattolici tentati dal corteo di Vendola”. A pagina 12: “Piano per 50mila profughi, sì dalle Regioni”, pezzo che riferisce dell’accordo sui flussi nei prossimi mesi, proposto da Maroni. A piede di pagina un reportage dell’inviato a Lampedusa, Felice Cavallaro: “Lampedusa, assalto al camion del cibo. Il sindaco: siamo a rischio epidemia”. La nave San Marco che farà la spola per spostare in altre destinazioni la massa di migranti ora sull’isola è l’unica notizia positiva: “Si proverà così ad allentare il nervosismo di una massa di giovani, 25 anni l’età media, che scalpita e mostra segni di insofferenza – scrive Cavallaro -. Soccorsi dai ragazzi del centro alternativo Askavusa e dai volontari della parrocchia di don Stefano, che ieri hanno raccolto centinaia di coperte, camicie e maglioni distribuendoli per tutto il giorno a chi si preparava ancora una vota a passare la notte all’aperto. Un’immagine devastante che porta l’associazione costruttori a sollecitare il governo per la ristrutturazione del villaggio che ospitava ufficiali dell’ex base Nato di Comiso: «Bastano per 500 famiglie» . La stessa area di cui ha parlato Massimo D’Alema ad Annozero. Sollecitazioni arrivano da più parti. È il caso della Calabria, dove un centro per minori stranieri non accompagnati, nel cuore del centro storico di Acri, vicino a Cosenza, è incredibilmente vuoto. Anche per questo il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Francesco Cascio ha chiesto al ministro Alfano certezze su alcuni punti, a cominciare dalla regola del trasferimento degli immigrati da Lampedusa «entro 48 ore dal loro sbarco» . Appunto, quello che vogliono isolani e tunisini”. Intanto cresce l’allarme per le possibili ritorsioni: “Terrorismo, gli 007 inglesi allertano la coalizione” scrive Fiorenza Sarzanini a pagina 13: “La relazione dei servizi segreti inglesi è ampia; cita date, circostanze, ambienti che in queste ore vengono tenuti sotto stretta sorveglianza. Soprattutto chiarisce che non si tratta di frasi captate casualmente, ma di un vero e proprio dibattito che si è sviluppato negli ultimi giorni ed ha avuto un’evoluzione quando si è capito che l’Onu avrebbe approvato la risoluzione per autorizzare l’intervento. Ed è proprio questo a classificarla come altamente «affidabile» . In Italia è stata ripresa dall’Aise, l’Agenzia per la sicurezza specializzata sull’estero, che comunque aveva già attivato analoghi accertamenti su eventuali fermenti all’interno della comunità libica nel nostro Paese. Più volte in questi giorni, analizzando i possibili rischi legati alla partecipazione dell’Italia ai raid, si è evidenziato il pericolo di attentati pur ritenendo — almeno in questa prima fase di conflitto — che la maggiore esposizione riguardi gli occidentali che si trovano in Libia e potrebbero diventare ostaggi del regime, merce di scambio preziosa proprio come è già accaduto altre volte in Iraq e in Afghanistan”.

“Libia, entra in campo la Nato”: LA REPUBBLICA riferisce in apertura l’accordo Francia Usa per il comando dell’operazione militare. Seguono 16 pagine per raccontare le reazioni di Gheddafi (che continua a bombardare Misurata), la liberazione di due fotoreporter americani e le diverse posizioni riferite all’intesa (Parigi vuole la guida politica della missione, scrive Andrea Bonanni, ipotesi lanciata dal ministro Juppè, che nasconde una divergenza d’opinione sugli obiettivi della missione: la Francia si sente impegnata al fianco degli insorti, gli “alleati” puntano al controllo aereo e all’intervento umanitario). Quanto all’Italia, sembrerebbe (stando al retroscena del quotidiano diretto da Ezio Mauro) che Berlusconi intenda andare da Gheddafi per convincerlo all’esilio (al raìs «non va torto un capello. Le immagini della sua casa bombardata mi hanno fatto star male» pare abbia detto il premier del baciamano). Sul fronte dell’emergenza, va registrata l’iniziativa di Maroni che ha incontrato le regioni e suddiviso i 50mila profughi in arrivo: più o meno mille ogni milione di abitanti. Dunque 9mila alla Lombardia, 6mila al Lazio e via a scendere (un trattamento particolare lo avranno l’Abruzzo, ovviamente per il terremoto, e alcune regioni dalla forte pressione migratoria, ovvero Sicilia, Calabria e Puglia). Saranno spesi 500 milioni. I governatori leghisti non gioiscono: Zaia e Cota ad esempio sui tunisini già presenti a Lampedusa avvertono che quelli «sono solo clandestini». «Il Veneto è disponibile ad accogliere eventuali profughi dalla Libia, ma non accetterà clandestini dal Maghreb, come quelli che stanno sbarcando in questi giorni». I tunisini a Lampedusa intanto fanno lo sciopero della strada: qualcuno ha inghiottito una lametta, altri si sono tagliati i polsi. I volontari di Save the Children e i funzionari di polizia fanno fatica a governare un Centro ridotto ormai a un vero e proprio immondezzaio, scrive Francesco Viviano. Tanti non si possono lavare da giorni, sono scalzi, non hanno un letto.  A integrare la corposa sezione dedicata alla guerra, una inchiesta di Rs sul nuovo pacifismo: l’Italia sarà il primo paese a  rappresentare in piazza, sabato prossimo, il pacifismo intransigente, capeggiato da Emergency, Libera e Pax Christi. «Il tema della pace è stato cancellato dalla politica e dall’informazione, ma questo non significa che non sia radicato nella coscienza di milioni di persone»avverte Flavio Lotti della Tavola della pace. Intanto però si registra un rovesciamento delle posizioni abituali, scrive Anais Ginori: colombe a destra e falchi a sinistra. Il fronte degli antimilitaristi ha cambiato assetto. Così a sinistra si ritiene doveroso appoggiare i ribelli di Bengasi (e il modello sarebbe la Spagna del 36), a destra c’è un non interventismo per convenienza (perché al primo posto ci sono gli interessi nazionali) e poi c’è il pacifismo realista che prevede l’intervento umanitario per fermare ulteriori massacri e liberare i libici dal Nerone di Tripoli. Una scelta con senza se e con alcuni ma, cui si rifa anche Andrea Olivero, presidente Acli: «solo le Nazioni Unite possono garantire trasparenza e legittimità internazionale di un intervento che sia davvero e solamente a scopi umanitari». Di spalla “L’attrazione fatale della guerra giusta”, un intervento del filosofo Tzvetan Todorov. Legalità (cioè risoluzione Onu) non vuol dire legittimità e poi com’è combinato il Consiglio? In modo che alcuni paesi (quelli con diritto di veto) non possano mai essere sanzionati. Dunque occorre riflettere e capire: «la guerra è un mezzo tanto potente da far dimenticare il proprio obiettivo». «Non esistono guerre pulite né guerre giuste, ma solo guerre inevitabili, come lo è stata la seconda guerra mondiale. Non è però il caso di questo conflitto armato».

“Porte aperte per 50mila profughi. I clandestini verranno rimpatriati” è il titolo che sintetizza la decisione presa ieri dal Governo. IL GIORNALE  scrive che «potrebbero arrivare dalla Libia fino a un massimo di 50 mila persone. Il condizionale è d’obbligo perché al momento non risulta siano arrivati profughi, ma come  ha ribadito il ministro Maroni, solo clandestini e per lo più dalla Tunisia.  Dunque il sì delle Regioni ad accogliere i profughi si riferisce a eventuali arrivi futuri e non per  i 6mila  disperati accampati a Lampedusa». «Per l’isola  allo stremo ci sarà un intervento ad hoc annunciato dal ministro del Turismo. A precisare i termini dell’accordo sulla distribuzione dei profughi fra le regioni  è la Lega, in particolare Luca Zaia che dice: «Sia chiaro che si parala solo di profughi libici. Il Veneto non è disposto ad accogliere i clandestini  di Lampedusa». Gli fa eco Roberto Cota, governatore del Piemonte e anche nella rossa Emilia Romagna , l’assessore regionale alla protezione civile , Paola Gazzolo, ha detto che «dei clandestini si occupa  il Governo». 

IL MANIFESTO apre sul coinvolgimento italiano nel conflitto: grande foto delle Frecce Tricolore in azione, e titolo: “Le spariamo”, che fa riferimento ai – spiega il sommario – “dieci tornado e quattro F16 italiani” che “sbugiardano Berlusconi partecipando alla battaglia nei cieli”. L’editoriale di Angelo Mastrandrea è centrato sulle incertezze e il silenzio – fino a oggi – dei movimenti pacifisti italiani. «Il Manifesto si candida a essere parte attiva nella discussione, a promuoverla e a ospitarla nelle sue pagine, conscio che una risposta disarmata va elaborata collettivamente». Una discussione che comincia già a pagina 2-3, che il quotidiano dedica alle posizioni dei vari movimenti che scenderanno in piazza sabato, quando la manifestazione precedentemente indetta per il referendum sulla privatizzazione dell’acqua diventerà manifestazione contro la guerra (pare). Pezzo critico su quello che viene definito “caos profughi”, ovvero  la gestione avviata ieri dal ministro Maroni dei continui sbarchi a Lampedusa: «Deportazioni a Mineo senza alcuna logica. Maroni vola in Tunisia» il titolo dell’articolo a pag. 2, che racconta l’avvio, ieri, del ponte aereo per decongestionare l’isola ma l’impreparazione dell’ex residence militare di Mineo, presso Catania, ad accogliere i 770 migranti che sono già stati trasferiti lì dai vari Cara italiani. Interessante il taglio basso di pag. 5, di Maurizio Matteuzzi, che prova ad analizzare il profilo dei cosiddetti “ribelli” di Bengasi. Titolo: “E se i buoni non fossero così buoni?” già spiega perché sia rischioso dare in pasto all’opinione pubblica «una semplificazione molto televisiva per un caso molto complicato». Le categorie Gheddafi cattivo-ribelli buoni, che ha tenuto banco nelle ultime settimane, forse, non regge più, e c’è bisogno di un’analisi un po’ più raffinata. Che potrebbe riservare brutte sorprese.

“Lampedusa aspetta e soffre” è il titolo del bellissimo articolo del SOLE 24 ORE a pagina 5 firmato dall’inviato Mariano Maugeri: «Kifaya significa basta, non ne possiamo più, siamo al limite E il suono di kifaya rimbalza dalle case di tufo dei lampedusani al centro di accoglienza stracolmo di 2.500 migranti, dalla stazione marittima popolata da 2.300 fantasmi all’area marina protetta che tra poster della tartaruga Caretta Caretta e percorsi didattici per i più piccoli ospita 260 tra ragazzi e bambini maghrebini “non accompagnati”. Alcuni di loro da due giorni rifiutano il cibo. Qualcuno ha tentato gesti autolesionistici. Solo la dedizione delle volontarie di “Save the children” e il soccorso delle mamme lampedusane che portano giochi, cibo, vestiti, ha evitato che la situazione degenerasse. Lampedusa non è un paese per migranti minorenni senza genitori. Kifaya è una parola che urlano disperati che unisce giovani e vecchi, lampedusani e africani. Tra loro si intendono a gesti, con gli sguardi puntuti in cui eccellono questi siciliani sperduti nel Canale di Sicilia e i loro dirimpettai tunisini. È un dialogo muto, un’alternanza di sorrisi e occhi neri come catrame che spesso si abbassano di colpo, come se si vergognassero di aver rinnegato la loro patria nel nome di un Occidente che dice di non sapere cosa farsene. Molti di questi ragazzi parlano fluentemente francese, arabo, spesso anche inglese. Diplomati e laureati non si contano. Il dittatore Ben Ali, cacciato dalla rivoluzione dei gelsomini, ribadiva a ogni occasione “Gli studenti sono la nostra ricchezza nazionale”. La ricchezza galleggia da mesi su qualsiasi pezzo di legno che abbia una sola possibilità di solcare il Mare Nostrum. Gli africani sbarcano da vent’anni, come se seguissero i ritmi delle tartarughe marine che nidificano nell’isola dei Conigli. È un flusso dettato dalla perentorietà dei cicli biologici. Questi migranti con la pelle color cioccolato potrebbero essere i figli ventenni che le coppie italiane non sono stati capaci di mettere al mondo. Figli adulti, scolarizzati, bilingue. Pure questa, a suo modo, un pezzo di generazione allevata dalla liturgia della televisione italiana, di cui i tunisini sono instancabili consumatori. Generazione Rai e Mediaset, tanto per non fare un torto a nessuno».

ITALIA OGGI si affida a una vignetta con Berlusconi e Sarkozy intitolata “L’ombrello Nato” per illustrare la situazione in Libia. In prima pagina un box riassume così la situazione: «La Triplice ha intrappolato il Cavaliere in un tunnel di cui non si vede uscita. Italia Oggi scrisse, in tempi non sospetti, che la Nato non ha a che fare con questi bombardamenti. Non c’è il presupposto del mutuo soccorso fra alleati, perché è Gheddafi l’aggredito. Non è  un intervento concertato in consiglio atlantico, perché nessuno dei Paesi alleati lo ha chiesto. Bombe e missili illuminano la Francia proprio per nascondere il ruolo di Usa e Gran Bretagna. La Lega per tali fondate ragioni ha criticato la partecipazione di Ignazio La Russa, grazie al quale oggi sembriamo i chierichetti di Francia e Germania». A pagina 3 si parla brevemente anche dell’emergenza sbarchi e dell’annuncio di Maroni di un piano per accogliere fino a 50mila migranti «distribuiti tenendo conto del numero di abitanti per ciascuna regione». Chiude a pagina 4 un commento di Diego Gabutti  che parla di «spettacolo grottesco e imbarazzante per una Armada coccodè dove non si sa nemmeno chi comanda e che cosa, in realtà, si proponga di fare».

AVVENIRE apre a tutta pagina con il titolo “Gheddafi spara. La Nato si ritrova” e parla della Libia nelle prime dieci pagine.  “Stop ai miopi interessi” è invece intitolato l’editoriale firmato da Fulvio Scaglione che sostiene: «Serve un comando super partes, capace di dare efficacia operativa (e l’efficacia, in guerra, è lo strumento migliore per risparmiare vite umane e proteggere i civili) e credibilità politica a un comunque amaro intervento militare. Detto questo, sarà bene non farsi illusioni. Se Odissey Dawn diventa a tutti gli effetti una missione Nato, o anche una missione coordinata e diretta dalla Nato, il compito per tutti i Paesi sarà più difficile… Quella Atlantica è un’alleanza dura e impegnativa, non un autobus da cui si può salire e scendere». Una foto-richiamo in prima pagina illustra il piano per 50mila profughi di cui si parla a pagina 9.  Tra Maroni e i Governatori delle Regioni raggiunto l’accordo all’accoglienza secondo il numero di abitanti. Verranno gravate meno Sicilia, Puglia e Calabria già in prima linea. Oggi il ministro a Tunisi per trattare. A Lampedusa continua l’emergenza degli sbarchi e l’isola non ce la fa più a ospitare tutti i migranti arrivati negli ultimi giorni. Il Cir, Consiglio italiano per i rifugiati segnala irregolarità e trasferimenti forzati. 

“Libia, sì all’intervento Nato” titola LA STAMPA. “Vicino l’accordo tra Obama, Sarkozy e Cameron per passare il comando all’Allenaza”, mentre Berlusconi è “tentato dall’idea di mediare col raiss”. La foto di prima pagina riprende gli sbarchi a Lampedusa “Ok delle Regioni a 50 mila profughi”: il piano illustrato ieri dal ministro degli Interni Maroni è a pagina 7. La previsione «realistica» è di 50mila profughi che arriveranno dal Nord Africa e che saranno distribuiti tra le regioni italiane in misura proporzionale al numero di abitanti. Le regioni hanno accettato, mettendo però dei paletti: «Quelli di Lampedusa sono clandestini, di profughi libici per ora ce ne sono zero» ha detto il governatore del Veneto Zaia, «vedremo il piano di Maroni». La Valle D’Aosta ha detto che «deve trattarsi di profughi, donne e ragazzi», l’Emilia Romagna ha precisato che ha già due Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e non accetterà ulteriori impegni per arrivi dalla Tunisia o da altri Paesi. Nelle Marche una parte dei comuni «sta affrontando l’emergenza alluvioni e le strutture disponibili potrebbero servire per esigenze locali». Sì dunque al piano Maroni, ma senza nessun entusiasmo.

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