Dal 3 al 7 aprile nel solo mercato borsistico di Wall Street si sono volatilizzati 4 milioni di miliardi di lire di capitalizzazione delle società quotate. Quanto tutto il debito dei Paesi poveri verso i ricchi Paesi occidentali. Ecco quel che vale la loro povertà, le loro carestie, le malattie, la loro vita da 2.000 lire al giorno, l?impossibilità di un qualsiasi riscatto, di un futuro; una settimana di aggiustamenti finanziari nella Borsa di uno solo tra i Paesi opulenti.
Se ne sono già andati quattro mesi di questo 2000 giubilare, un anno santo che non solo il Papa, ma anche quasi 30 milioni di cittadini di tutto il mondo, avevano sperato e voluto carico di speranze e di attese per i più poveri e disperati nel mondo. Del resto è dalla notte dei tempi, ricorda la Bibbia, che il Giubileo era indetto per liberare gli schiavi e cancellare i debiti.
E invece, questo Giubileo, il primo dell?era globalizzata, rischia di consumarsi e di passare senza che nessun gesto forte lo segni, nessun gesto di perdono, di riconciliazione, di cancellazione di rancori e debiti dentro le nostre società e tra le nostre società e quelle dei Paesi più poveri. In Italia questo settimanale e i suoi lettori si sono battuti per due gesti carichi di speranza e di significato: la remissione di buona parte dei 60 mila miliardi di crediti che il nostro Paese vanta verso paesi poveri o poverissimi; e un provvedimento di clemenza e di amnistia verso la parte più disperata della popolazione carceraria, quella dei piccoli e piccolissimi reati compiti dai più poveri e dai più stranieri. E invece nulla di significativo è a tutt?oggi registrabile.
Per quanto riguarda il credito l?Italia ad oggi ha rimesso lo 0,006% di crediti peraltro già inesigibili, meno di quanto ha incassato e ha preteso di incassare da Paesi in ginocchio per povertà ed emergenze. Per quanto riguarda un provvedimento di amnistia o di indulto non s?è neppure permesso che il dibattito pubblico si levasse, malgrado forti, moralmente e intellettualmente, erano le voci che chiedevano misure in questo senso (si pensi ai ripetuti interventi del Cardinal Martini).
Quasi un anno fa, scrivendo un editoriale per Vita, Paul Hewson (al secolo Bono Vox) sosteneva: «La campagna è nelle nostre mani perché dipende da noi se l?attenzione e la pressione rimarrà forte. Ed è nelle mani dei leader dei Paesi ricchi. Ma se non accoglieranno la nostra sfida, come si dice a Dublino: so dove parcheggiano la macchina». L?ora di tirare le somme si avvicina, chi ci governa sappia che la società civile non tollererà più nessun annuncio o promessa. È l?ora dei provvedimenti. Chi ci governa sappia che non è cambiando un paio di ministri, che proprio non ne hanno azzeccata una, che riguadagneranno il consenso, sappia che la ricerca di qualche milione di voti in più non potrà passare ancora una volta dalla demonizzazione degli avversari.
La misura delle promesse mai mantenute è stracolma, quattro anni di governo permettevano al centro sinistra una messe di misure nella direzione chiesta dalla società civile. E il tempo, ormai, sta davvero per scadere.
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