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Italia, festa senza allegria

Celebrazioni per i 150 anni fra polemiche e memoria

di Franco Bomprezzi

Una giornata particolare, quella di oggi, con la Festa nazionale per i 150 anni dell’Unità d’Italia, una festa che ha fatto discutere e dividere, non solo politicamente, tra sostenitori e detrattori. Una festa che cade nei giorni del disastro giapponese e della grande paura per le radiazioni nucleari. Ma pur sempre una giornata importante per il nostro Paese, per la sua memoria, per il passato, e soprattutto per il presente e il futuro. E quindi oggi dedichiamo la nostra rassegna stampa solo a questo evento, segnalando gli spunti più interessanti presenti nei quotidiani di oggi.

Una sovra copertina di quattro pagine è la scelta editoriale del CORRIERE DELLA SERA, che apre con “BUON COMPLEANNO ITALIA! Le parole, i sentimenti, l’unità”. La riproduzione di un’opera del pittore Mimmo Paladino, e, a piede di pagina “Marzo 1821” di Alessandro Manzoni, commentata da un corsivo di Ernesto Galli della Loggia: “E’ la più bella poesia del Risorgimento. Che benché scritta ai suoi albori, poté tuttavia vedere la luce solo nel 1848, dopo le Cinque Giornate, non appena Milano si liberò dagli austriaci. E’ un grido d’amore per l’Italia, e di battaglia contro lo stato di minorità civile e politica in cui essa è ridotta: un incitamento a porre fine all’umiliazione del dominio straniero”. Nella seconda e nella terza pagina altre citazioni letterarie di notevole interesse, e spesso, attualità. Nell’edizione di oggi, che ha la sua naturale prima pagina con il titolo principale dedicato alla fuga radioattiva che non si arresta, spicca l’editoriale di Aldo Cazzullo: “Orgoglio italiano”. Leggiamone l’inizio: “L’Italia che oggi arriva al suo 150° compleanno, e lo celebra in Parlamento e nelle piazze, è un Paese su molti aspetti diviso. Dalla storia, e dalla geografia. Sulla memoria storica, e sugli interessi territoriali. Ma è un grande Paese, che può essere orgoglioso del contributo di bellezza, sapere, lavoro che con i suoi artisti, scienziati, emigranti ha dato all’umanità. Il Paese degli ottomila Comuni, che a ogni collina cambia accento, paesaggio, costumi e prodotti, ma che mantiene una vocazione universale: la classicità e la cristianità, i Cesari e i Papi; il Rinascimento, con cui insegnò al mondo a raffigurare e pensare le cose, e il Risorgimento, con cui si riaffacciò sulla scena internazionale. Perciò oggi è giusto festeggiare, tutti insieme; senza che questo implichi essere tutti d’accordo, condividere la stessa idea dell’Italia”. A legare, con sintesi fulminante, le paure di questi giorni con la festa, ci pensa la vignetta di Giannelli: “Energia nazionale” è il titolo, e si vede il governo attorno a un grande tavolo sul quale è presente una enorme torta con centocinquanta candeline accese… Il versante delle polemiche politiche è nel titolo di taglio, appena sopra la vignetta: “Si apre un caso Lega nel giorno dell’Unità”. I servizi alle pagine 14 e 15. “Gelo della Lega sulle celebrazioni” è il titolo a pagina 15, mentre a sinistra,pagina 14, si riferisce delle celebrazioni: “L’Italia festeggia i suoi 150 anni. Napolitano: se divisi, spazzati via”. Interessante l’iniziativa nella prima ex capitale: “Torino apre gli eventi tricolori. E fa rivivere il primo Senato”, infatti è stata ricostruita la struttura demolita nel 1927. Intervista a un leghista controcorrente, il sindaco di Varese: “Fontana: io sindaco di tutti. Usano i simboli contro di noi ma a Varese l’inno si suona”.  Nella Nota politica Massimo Franco riassume: “Quella contraddizione fra patriottismo padano e obblighi di governo”, con una intelligente notazione: “Eppure forse proprio i toni e i gesti antiunitari  del «partito padano» hanno finito per dare visibilità quasi di rimbalzo ad un «partito italiano» trasversale che va, a sorpresa, dal Pdl all’Idv, anche se rimane agli antipodi su tutto il resto. Ed hanno accentuato la sensazione di un leghismo distante, in questo, perfino da quel Vaticano del quale Bossi tende a proclamarsi un interlocutore privilegiato”. Lunga intervista, tutta la pagina 17, al cardinal Bagnasco: “Politica in difficoltà ad ascoltare il Paese. Estrema cautela nel cambiare la Carta”. Infine tre altri pezzi in tema. Nella pagina delle Idee, la 51, Antonio Polito: “Monarchia, la grande assente dalle celebrazioni per il 150° dell’Unità”. E a pagina 53, Lettere al Corriere, Sergio Romano risponde: “L’Italia amata da Petrarca e quella del Risorgimento”, mentre Beppe Severgnini, nella sua rubrica Italians: “15 buoni motivi per festeggiare il 150°”. Particolarmente interessante il terzo motivo indicato da Severgnini: “Perché se l’Arsenal gioca con le maglie rosse è merito di Garibaldi. La squadra le ricevette in dono dal Nottingham Forest che, al momento della fondazione (1865), aveva scelto come colore sociale il “Garibaldi Red”, in onore del condottiero italiano e delle sue Camicie Rosse.” 

LA REPUBBLICA apre con la notizia della centrale fuori controllo in Giappone e dedica all’anniversario dell’Unità tutto l’inserto R2, con interventi di Eugenio Scalfari (alla cui penna è affidato il commento  di apertura “Fratelli d’Italia: un Paese in cerca dell’età adulta”: autoritratto di un Paese in cerca di maturità ma fiero della sua storia), un sondaggio di Ilvio Diamanti (“L’Italia siamo noi” che ritrae una popolazione coesa, non condizionata dalle polemiche leghiste), un ritratto di Garibaldi firmato da Roberto Saviano, articoli su Vittorio Emanuele e Cavour di Merlo e Ottone fino al divertente dizionario “Dalle Alpi allo zibibbo” di Michele Serra. A pagina 21 LA REPUBBLICA parla invece delle “Celebrazioni con i fischi” per La Russa e Alemanno e delle polemiche sulla Lega che “boicotta l’anniversario”. Intervista al ministro La Russa che giudica “inaccettabili ostilità e scorrettezze”.

Su IL GIORNALE apre un editoriale di Mario Cervi “La lezione di Indro sull’unità d’Italia” «il giuoco del «cosa direbbe oggi Indro» assistendo alle celebrazioni dei centocinquant’anni dall’Unità non mi piace molto: perché consente di far parlare abusivamente chi parlare non può più. Eppure mi ci azzardo io pure, temerariamente, per averlo conosciuto bene. Credo che dapprincipio avrebbe storto il naso per una certa polverosità retorica che le celebrazioni sempre hanno, ma poi avrebbe accettato, con mugugni di simulata irritazione, di partecipare a qualche «evento». Lo si sarebbe visto in prima fila sia nel contrastare l’ondata del revisionismo neo borbonico e papista, lo si sarebbe visto egualmente in prima fila nell’opporsi a certo antiunitarismo leghista. Fosse ancora con noi, sono sicuro – scusatemi la presunzione – che avrebbe ritrovato nella difesa del Risorgimento un po’ d’interesse per l’Italia di ieri e di oggi. Le battaglie gli davano vigore». Il titolo in prima è “Bossi dia retta ai leghisti e oggi festeggi anche lui”. Paolo del Debbio scrive «dai Senatùr, segua il popolo leghista, e spedisca i suoi alle celebrazioni dell’Unità d’Italia. Lo pensiamo veramente. Tra i lettori del Giornale di leghisti ce ne sono eccome. Ma veramente questo popolo non vuole celebrare l’Unità d’Italia? Non diciamo che ci sia un amore sviscerato ma perché dovrebbe detestare altrettanto visceralmente questo anniversario? La festa di un nazione è la festa di chi abita in quella nazione perché l’unità determinata dal territorio e dalle sue frontiere è nulla rispetto all’unità determinata da alcuni tratti comuni di coloro che stanno lì». Marcello Veneziani dedica il suo “Cucù” quotidiano ala “Cara Patria depressa, rialzati e non pensarci più”. I sindaci di Milano, Letizia Moratti, e di Roma, Gianni Alemanno, hanno contribuito con due lettere. Nella prima “La rivoluzione della libertà è iniziata da noi” il sindaco milanese «ricorda la scintilla delle Cinque Giornate di Milano. Il romano Alemanno invece sottolinea in “Mille campanili, una sola patria e la sfida federale”, «Roma e l’Italia, due realtà inscindibili. Non c’è l’Italia senza Roma, non c’è Roma senza Italia». Infine Giordano Bruno Guerri sottolinea gli auguri papali in “Se Benedetto XVI benedice l’unificazione”. In allegato al quotidiano milanese il dorso “L’Itala 150 anni dopo” con testi a cura delle firme più prestigiose del quotidiano che ripercorre la storia del nostro Paese. Il quotidiano di via Negri propone anche una contro copertina che ricorda tutti i caduti italiani di Iraq e Afghanistan.

IL MANIFESTO s’interroga: “Fratelli d’Italia?” titola l’intervento di Alberto Mario Banti che cita Voltaire “Ubi bene, ibi patria” : dove stai bene, lì è la tua patria. Ma dov’è la patria di una persona? Si chiede, appunto, Banti. Al di là della legge «Basta essere italiano dal punto di vista della legge e una volta maggiorenne si ottiene  una piena cittadinanza politica. Che è un meccanismo abbastanza impressionante  nella sua stranezza. Non c’è bisogno che sia consapevole di quali sono i suoi diritti. Non c’è bisogno che sappia quali sono i valori o i meccanismi fondamentali che regolano la vita pubblica». In fatto di educazione civica «la  scuola è sempre stata  fallimentare, non per colpa dei professori ma per lo scarso rilievo dato dal governo a questa materia». E Banti lancia una proposta-domanda: «Perché il 2 giugno in ogni comune non si celebra in maniera seria e festosa la ricorrenza e dove i ragazzi, che nel corso dell’anno  hanno raggiunto la maggiore età, giurano lealtà alla Costituzione». Infine Banti conclude, ancora  dubitativo: «E se questo rito di passaggio, consapevolmente vissuto, diventasse  l’atto necessario per il pieno esercizio dei diritti politici».

Lancio in prima per il SOLE 24 ORE dedicato all’Unità d’Italia. Una scelta di estremo equilibrio politico – verrebbe da dire – per i servizi di pagina 23: la cronaca dal Parlamento, l’intervento del Papa, e la lettera del presidente dell’Europarlamento. Il quotidiano di Confindustria, però, fa qualcosa in più per l’occasione. Insieme al giornale offre uno speciale di 30 pagine sull’evento su cui campeggia l’editoriale del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Uno speciale dedicato principalmente al ruolo giocato dalle aziende italiane nella costruzione di un’identità nazionale. Da segnalare l’intervista a Giuliano Amato presente nello speciale: «Cavour ebbe la straordinaria capacità di ricondurre alla istituzionalizzazione statuale le azioni anche eversive che venivano dai mazziniani e dallo stesso Garibaldi, rendendole più accettabili alle potenze straniere che assoggettavano l’Italia. Ma la sua genialità fu anche nel capire che l’Italia non sarebbe mai riuscita dall’arretratezza se non fosse diventata uno spazio nazionale per l’impresa industriale».

Contenuto lo spazio che  ITALIA OGGI dedica al tema Unità. In prima pagina solo una vignetta (un Berlusconi con coroncina italica e vestito col tricolore, e la scritta “Identità nazionale”). All’interno, apertura sui “leghisti guastafeste” (“la Lega Nord sta rubando la scena ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. E lo fa mettendosi da parte, ossia evitando di partecipare ai gesti pubblici d attaccamento alla patria”). Un pastone che ripercorre gli “affronti” del Carroccio ai festeggiamenti, e vira poi sulle mosse di pretattica in vista di un rimpasto di governo. La seconda pagina dedicata al 150esimo, invece, è tutta dedicata al tema cattolici e Unità. L’apertura è sul tema “concordato”, anzi, sui “concordati”, se è vero, come spiega il pezzo, che “sono un gran numero gli Stati che hanno firmato un Concordato con la Chiesa cattolica”, un numero tale che “per raccontare solo quelli stipulati dopo il 1950 ci vogliono le oltre milletrecento pagine compilate da Martin Agar nei suoi due volumi di Raccolta del Concordato”. E via con Spagna, Francia, Belgio, repubbliche Baltiche, l’Est Europeo: una rassegna in sintesi dei patti che regolano i rapporti stato-chiesa. Al piede, vengono riportati ampi stralci dell’intervista fatta dall’Osservatore Romano al politologo Ernesto Galli della Loggia, secondo il quale “sono i cattolici a legare il Paese, anche contro la Lega”. Amara la “ipotetica lettera” che  il corsivista Riccardo Ruggeri, a pag. 8, scrive a Camillo Benso conte di Cavour, che attacca con “Conte, noi le dobbiamo tutto”, ma si conclude con una riflessione su come, oggi, l’Italia guardi molto (troppo) ad altri leader fuori dai nostri confini, Obama, Merkel, Sarkozy, e anziché valorizzare la propria storia, e il proprio buonsenso (qualità che l’autore riconosce al Cavour), sia costretta a “ascoltare questa genia di bolsi europei giacobini luterani che ci governa, tartufi malati di narcisismo tristo, seguaci di una cupa religione senza Dio”.

AVVENIRE dedica all’anniversario dell’Unità d’Italia l’apertura (il titolo è “Cattolici costruttori d’Italia”), le prime quattro pagine del giornale e l’editoriale “Campane a festa”. Scrive il direttore Marco Tarquinio: «Noi italiani non siamo sempre bravi a vivere i giorni di festa. E spesso, come anche stavolta le cronache politiche confermano, riusciamo ad addobbarli di polemiche insensate. Ma oggi, 17 marzo 2011, 150° anniversario dell’unità politica d’Italia, vale la pena di essere bravi e felici. Oggi è davvero un giorno speciale, e dovremo saper fare un allegro eppure severissimo sforzo per viverlo bene. Perché oggi ci è offerta l’occasione per celebrare e “capire” con la giusta solennità la nazione e il paese che siamo e che vogliamo essere, e per rifare nostri tre concetti fondamentali: unità, radici, futuro». E conclude: «Sarà, insomma, giusto e bello se sapremo vivere questo 17 marzo come una festa grande, come una festa per tutti. E farne memoria come di un “giorno dei giorni”. Dei giorni che sono stati e dei giorni che ancora verranno. Ma la memoria ha bisogno di segni. E visto che nessuna memorabile opera è stata progettata per ricordare questo anniversario, ci permettiamo di proporre un’alternativa. Si faccia del 2011 l’anno della grande riforma del fisco italiano, e finalmente lo si orienti – come promesso – al rispetto e al sostegno delle famiglie rimuovendo un’incredibile e a tutt’oggi strutturale ostilità verso chi si sposa e mette al mondo figli. L’Italia ha bisogno della sua gente, ridiamogliela anche con questo mezzo. Se una buona volta accadrà, avrà più senso sciogliere le campane a festa. Per gli anni passati e per quelli che abbiamo davanti». Alle pagine 2 e 3 AVVENIRE pubblica la lettera del Papa a Napolitano che sottolinea le radici profondamente cristiane dell’Italia e ricorda il contributo di artisti, santi e intellettuali all’unità. A pagina 4 le polemiche sulla defezione della Lega dai festeggiamenti: per Napolitano “divisi saremmo stati spazzati via dalla storia” e anche Berlusconi prende le distanze: “serve rispetto per lo Stato”. Infine a pagina 5 c’è una lunga intervista al cardinale Ersilio Tonini “La mia Italia, orgogliosamente umile”. «Esiste un Paese di cui essere fieri», dice il porporato novantasettenne e continua: «Si sente dai giornali un gran parla male dell’Italia; ma se ci si fa caso a parlare male sono quasi sempre i sapienti, i dotti, che si sentono in dovere di esprimere solo critiche. E sempre stato così. Ma, sotto a queste parole, c’è ancora un’altra Italia, più semplice,  di  cui si può essere orgogliosi. Un Paese, anche da tenere unito, nonostante tutte le sue differenze; da salvaguardare dalle spinte dei localismi».

LA STAMPA apre le parole del presidente della Repubblica in prima “Napolitano: divisi saremmo stati spazzati via”. Sotto richiami degli articoli del direttore Mario Calabresi, il messaggio del presidente Usa, Barack Obama e di Bill Emmott. All’interno la cronaca della serata di ieri con l’apertura dei festeggiamenti e col discorso del presidente Giorgio Napolitano a cura di Carlo Bertini. Affianco l’inchiesta di Marco Alfieri “Il Nord senza Sud sarebbe più debole”, «il Mezzogiorno è un mercato da 20 milioni di persone e compra oltre un terzo dei prodotti fabbricati nel Nord». A pagina 40 e 41 il resto degli articoli dedicati. “Dobbiamo desiderare il futuro” di Calabresi, in cui il direttore prova a rispondere allo scarso entusiasmo che si respira nei confronti dei festeggiamenti: «Questo siamo chiamati a ricordare oggi, quello che hanno costruito i nostri nonni, le loro conquiste, i loro sacrifici, i loro errori e i sogni che hanno coltivato in un tempo in cui si era convinti che fosse indispensabile guardare sempre avanti e lasciare il Paese un po’ meglio di come lo si era trovato. Ma dobbiamo soprattutto imparare di nuovo a desiderare il futuro». Il presidente degli Stati Uniti d’America invece ha recapitato un messaggio, titolato dal quotidiano torinese “Onore al coraggio di Garibaldi”, in cui sottolinea come «nell’epoca in cui gli Stati Uniti combattevano per la preservazione della loro Unione, la campagna di Giuseppe Garibaldi per unificare l’Italia fu di ispirazione per tante lotte in tutto il mondo, come fu di ispirazione per il 39° reggimento di fanteria di New York, noto anche come «la guardia garibaldina». Oggi, l’eredità di Garibaldi e di tutti quelli che unirono l’Italia vive in milioni di donne e uomini americani di origine italiana, che hanno reso più forte e ricca la nostra nazione». Bill Emmott firma “I miracoli del Paese al verde” in cui avanza una tesi da osservatore esterno che si chiede «perché tanto clamore, ora, per la mancanza di unità? Ecco, questo particolare osservatore straniero dell’Italia ritiene che tutto questo parlare di mancanza di unità sia solo un modo per distrarre l’attenzione dai problemi reali. Tali problemi non riguardano i rapporti degli italiani tra loro ma quelli con lo Stato italiano, con il governo. A occhi stranieri questa relazione è sempre parsa strana: per molti si mescolano un estremo disprezzo per lo Stato e per le leggi con una grande dipendenza nei loro confronti, insieme a (o così almeno pare) il maggior numero di avvocati costituzionalisti pro capite che ovunque sulla Terra. Eppure qualcosa sta cambiando. Il federalismo fiscale, il divario Nord-Sud e beninteso la recente sfida a tutte le istituzioni riflettono una profonda incertezza, probabilmente un profondo punto di svolta nel ruolo dello Stato. Il motivo è semplice: sono finiti i soldi.».  Infine all’Italia e ai suoi 150 ani è dedicato anche il “Buongiorno” di Massimo Gramellini che titola “Buongiorno Italia”. Ecco un passaggio di una mini storia italiana romanzata «Davanti a Palazzo Carignano bivacca un gruppo di patrioti lombardi che cantano Mameli a squarciagola. Soltanto uno rimane in silenzio: “Perché tu non canti, Trota?” lo apostrofa un bergamasco. “Perché son federalista”. “E alura? Gli americani sono più federalisti di te. Però quando parte l’inno nazionale si mettono la mano sul cuore! Te capì?”».


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