Economia

La Cina vuole essere sostenibile

Approvato dal Congresso nazionale del popolo il Piano Quinquennale di sviluppo

di Redazione

Con una maggioranza schiacciante (2778 voti a favore su 2875 presenti) il parlamento cinese, il Congresso nazionale del popolo, ha approvato il 12mo Piano Quinquennale di sviluppo economico e sociale, che ha confermato le linee guida già espresse dal Plenum del partito comunista. Fino al 2015, infatti, l’attenzione dei vertici della seconda economia mondiale sarà puntata su uno sviluppo che punti più sulla qualità che sulla quantità, migliorando la vita dei singoli ma senza incidere sull’ambiente come nei decenni passati.
Un’economia più equilibrata (con una migliore ripartizione della ricchezza) e più sostenibile per il miliardo e 340 milioni di cinesi, insomma, che lasci un certo margine di manovra alle amministrazioni locali, erodendo l’idea di pianificazione centralizzata di vecchio stampo. La difficoltà di questa trasformazione non sfugge agli stessi responsabili, come ha ammesso il premier Wen Jiabao che, in una conferenza stampa post-voto, ha puntato l’indice contro atteggiamenti ‘superati’, che pensano solo in termini di Pil, per il quale si prevede nel prossimo quinquennio una crescita media del 7 per cento annuo.
«Una crescita troppo rapida creerebbe più posti di lavoro ma porterebbe un’alta pressione inflazionistica», ha detto Wen. «Ci sono due dati che sono più importanti del tasso di crescita del Pil», ha aggiunto il primo ministro, «e sono la proporzione della spesa per l’educazione e il rapporto di spesa in ricerca e sviluppo rispetto al Pil. Senza un cambiamento radicale di mentalità e di valutazione dei risultati, sarà difficile raggiungere gli obiettivi fissati dal piano quinquennale».
Altro punto cruciale del documento, quello per la creazione di 45 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane (con un focus particolare alle aree interne, meno toccate dal rampante sviluppo di questi anni). Il governo punta anche alla riduzione del numero di persone che vivono in stato di povertà, ma anche all’aumento dei redditi, delle paghe minime e delle pensioni di base.
Quanto al sistema sociale, il piano punta a spendere il 25 per cento del suo bilancio in spese previdenziali e sanitarie, in netta crescita rispetto al 10 per cento del piano precedente e con una copertura sanitaria allargata di altre 200 milioni di persone così da comprendere tutta la popolazione cinese.
Ma alla base del documento c’è soprattutto la volontà di trasformare il modello di crescita, abbandonando in parte la tradizionale dipendenza dall’export e puntando sulla crescita della domanda, favorita da uno yuan più forte (ma con rivalutazione graduale). Sul fronte ambientale, il piano punta a confermare il taglio delle emissioni da parte delle fabbriche più inquinanti, con un taglio del 20 per cento rispetto al livello del 2005 da ottenere entro la fine del prossimo anno. Nel piano si afferma la volontà di aumentare all’11,4 per cento la proporzione di carburanti non fossili e di ridurre fra il 40 e il 45 per cento entro il 2010 la percentuale di emissioni inquinanti per unità di Pil.  

 


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