Economia
Imprese a “emissioni zero”
Sono sei le aziende italiane ammesse al Carbon Disclosure Leadership Index
A chiedere alle imprese di tenere sempre più sotto controllo l’impatto ambientale della loro attività non sono più solo ambientalisti e consumatori critici. Ora ci si mettono anche i grandi investitori istituzionali, sempre affamati di profitti e di tutte le informazioni che possono risultare utili a conseguirli.
Perché oggi, fra queste informazioni, rientrano a pieno titolo quelle che possiamo definire genericamente “ambientali”: è sempre più evidente, infatti, che è anche da come un’azienda dimostra di saper gestire il proprio impatto ambientale che si giudica la sua capacità di produrre profitti nel lungo periodo. Cdp-Carbon Disclosure Project è un’iniziativa non profit arrivata a riunire oltre 500 grandi investitori istituzionali che gestiscono risorse per più di 64mila miliardi di dollari, che da un decennio verifica appunto quali informazioni le maggiori imprese del mondo rendono disponibili relativamente alle loro emissioni di CO2, e cioè quelle che più contribuiscono a provocare il riscaldamento globale, e sulle strategie che adottano per ridurle.
L’ambiente, strumento di business Col supporto di PricewaterhouseCoopers, Cdp ha appena presentato il suo secondo rapporto sull’Italia, dove ha esaminato le 60 maggiori aziende quotate in Borsa. Solo 21 di queste hanno risposto al questionario di Cdp, una percentuale ancora bassa (35%) se confrontata all’80% delle aziende Global 500, le più grandi del pianeta. A fornire le migliori risposte è stata Eni, davanti a Terna, A2A, Fiat, Banca Mps – che è partner per la realizzazione del rapporto sull’Italia ed è risultata la banca italiana più virtuosa – e Italcementi: queste sei aziende hanno dimostrato un livello di trasparenza informativa tale da poter essere inserite nel Cd Leadership Index con le migliori del mondo.
Particolarmente interessante un dato emerso un po’ da tutti i rispondenti: la sfida ambientale non è più vista solo come un rischio da contrastare, ma come un’opportunità da cogliere per rendere il proprio business più competitivo, più avanzato tecnologicamente, più sostenibile. E così più dei due terzi delle aziende si sono dotate di una commissione o di un organismo esecutivo dedicato ai cambiamenti climatici e che riporta direttamente al Cda. Banca a impatto zero «Per noi seguire il Cdp è stato naturale», dice Francesco Mereu, manager della Responsabilità sociale di Gruppo Mps.
«Su questi temi da anni, infatti, ben prima delle sollecitazioni del Cdp, abbiamo prodotto una politica ambientale. In particolare, da quest’anno l’indicatore delle emissioni di CO2 generate dall’azienda assumerà ancora più importanza perché è stato inserito fra quelli rispetto ai quali sono misurate le performance di alcune strutture interne e vengono determinati gli eventuali premi.
Per questo abbiamo sviluppato negli ultimi mesi un sistema di rendicontazione delle emissioni di CO2 ancora più robusto e da due anni abbiamo elaborato una policy specifica sul climate change che ci impegna su strategie interne e di mercato». Particolarmente sfidante l’obiettivo che si è posta Banca Mps per il 2013: diventare carbon neutral, cioè azzerare completamente le emissioni di CO2.
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