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Fli, fuga senza vittoria

Si sfalda in Parlamento il partito di Fini, e Berlusconi sorride

di Franco Bomprezzi

Berlusconi approfitta dello sbandamento interno al Fli appena nato e già con defezioni parlamentari e rilancia l’attività di governo, puntando da subito sulla riforma della giustizia, oggi in consiglio dei ministri. Al centro dell’attenzione dei giornali la crisi di identità del partito creato da Gianfranco Fini, ma affidato subito a Italo Bocchino.

“Parte la riforma della giustizia” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA e in occhiello il riferimento alla novità politica: “Nuove uscite da Futuro e Libertà. Fini accusa: è il potere finanziario del premier”. Il momento del partito del presidente della Camera è approfondito a pagina 5. Andrea Garibaldi parla della reazione di Fini: “La maggioranza cresce? Il premier ha potere finanziario”. Interessante l’intervista al politologo Piero Ignazi: “Un’operazione gestita male e già fallita”. Fulminante la risposta alla domanda su quale sia la caratteristica del politico Fini: “In una parola, direi il galleggiamento. Evita di prendere decisioni definitive. E per quelle poche che prende sbaglia il momento. Vedi l’adesione al Pdl, il suo abbandono, la sfida in Parlamento…”. Più severo di così… Massimo Franco ci guida, nella Nota, alla comprensione della giornata: “Incolpare il Cavaliere e negare derive a sinistra per arginare l’emorragia”. “In assenza di elezioni anticipate – avverte Franco – la forza d’attrazione di un berlusconismo in affanno si sta rivelando comunque più potente di quella di Fini; e sottolinea limiti e contraddizioni di una leadership che per un quindicennio ha assecondato ora docilmente, ora mugugnando, quella del Cavaliere. Ma il contraccolpo più serio minaccia di essere istituzionale. L’uscita del presidente della Camera accentua l’irritazione della maggioranza contro una terza carica dello Stato accusata di non essere più imparziale. E rischia di coinvolgere un Quirinale dal quale adesso una parte del Pdl si aspetterebbe un richiamo a Fini”. A pagina 6 le cronache delle defezioni: “La diaspora dei finiani. Via Pontoni, due «in forse»”, in sommario: “Baldassarri e Saia prendono tempo. Il caso Barbareschi”. Intanto si distingue ancora Paolo Guzzanti, che ora va con i Responsabili: “Ancora con Silvio? In modo indiretto”… della serie, la coerenza non è più una virtù. D’altronde si tratta dell’autore di “Mignottocrazia” come ricorda opportunamente l’intervistatore Fabrizio Roncone.

Anche su LA REPUBBLICA la politica in tilt tiene banco e non a caso al titolo d’apertura (“Berlusconi danneggia l’Italia”) sono affiancati due filoni caldi: di spalla a sinistra “Fini: «la fuga dal Fli pagata dal premier» Giustizia si accelera”; di spalla a destra: “Ruby: la verità su Noemi e il Cavaliere”. Il primo titolone si riferisce ai documenti WikiLeaks – 4mila cables – che contengono giudizi pesantissimi sul premier (sono pubblicati oggi anche su L’ESPRESSO con un titolo di copertina molto chiaro: “Quel premier è un clown”). Qualche estratto: «il premier Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole… ha offeso nel corso del suo mandato quasi ogni cittadino italiano e ogni leader politico europeo»; «la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa e ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia»; «il lento ma costante declino dell’Italia – scrive l’ambasciatore Spogli – compromette la sua capacità di svolgere un ruolo nell’arena internazionale. La sua leadership spesso manca di una visione strategica». Insomma un premier che più debole non si può e che, come tale, è un ottimo alleato: non può dire di no. Difatti a pagina 3 l’elenco dei sì: “Soldati a Kabul e più basi Usa ecco il prezzo pagato a Obama”. Una resa continua, senza discutere a quelli che in pratica sono diktat degli americani. A seguire, doppia pagina con ampi stralci della deposizione d’agosto di Ruby (“Tutte nude al bunga bunga e quand’ero in questura Silvio aveva paura di me”) , singola sul governo che con grande senso di opportunità accelera sulla riforma della giustizia e doppia su Fli che perde i pezzi. Scrive Fini oggi sul Secolo: «Viviamo il momento più difficile ma il progetto resta perché fuori dal Palazzo c’è un’altra Italia». Dopo Menardi, anche i senatori Pontone e Rosso hanno lasciato Fli (che non ha più il numero minimo per un gruppo autonomo). Che sia effetto della compravendita berlusconiana, Fini lo scrive e il Pdl lo nega; ma a leggere l’intervista di Roberto Rosso si ha un’idea se non della compravendita, della consistenza umana e della statura politica di certa classe dirigente: Silvio «mi ha sempre voluto bene. Le divergenze erano sorte per beghe in Piemonte… Il mio rapporto con Berlusconi è meraviglioso, inossidabile, denso, felice» assicura il nipote di San Giovanni Bosco, che però non spiega perché avesse aderito a Fli. A proposito di Chiesa, oggi la celebrazione per l’anniversario dei Patti Lateranensi: “Lo stop della Santa Sede al premier «no al faccia a faccia con Bertone»” e nel sommario si sottolinea che secondo Famiglia cristiana, il 73% dei suoi lettori vuole le dimissioni. Nel suo retroscena Carmelo Lopapa descrive le fibrillazioni della giornata di ieri, con Letta a fare da pompiere fra Palazzo Chigi e Vaticano e con il premier ringalluzzito dall’esodo dei parlamentari. Avrebbe detto ai suoi: le gerarchie «sanno che solo io posso garantire certe cose sui temi eticamente sensibili». Non si sa con quanta dose di involontaria comicità…

Lo sfaldamento del partito di Fini per il GIORNALE è l’argomento principale a cui dedica l’apertura a tutta pagina “Il fallimento di un leader” l’occhiello con il titolo «Fini in mutande» e si annuncia «persino l’ex fedelissimo Urso verso l’addio. Oltre ai pezzi, il presidente della Camera perde anche la testa: insulti al premier e ai deputati. Il Fli affonda perché è nato solo per vendetta personale». L’editoriale di Alessandro Gnocchi “I tromboni che non ne azzeccano una” è tutto dedicato a fare le pulci ai tanti commentatori e politologi che hanno dato il Fli come il futuro. Dopo due pagine dedicate a spiegare come Fini sia ormai vicino al fallimento del suo progetto politico «Disfatta: Il gruppo era nato a Mirabello per essere il nuovo centrodestra, ma non ce l’ha fatta» e sempre per guardare ai numeri “Anche l’Udc si assottiglia: nasce il gruppo “autonomista” titola il colonnino che dà conto dell’uscita del gruppo “Per le autonomie” dall’Udc, arrivano due pagine che raccontano invece che oggi Berlusconi va in Vaticano “Bertone ci sarà: nessun imbarazzo” recita la seconda riga del titolo. Metà pagina invece è dedicata al dibattito tra Mario Cerci “il laico” e Luigi Amicone “il cattolico” che presentano due tesi contrapposte: “Non devote benedire Silvio in cambio di leggi di favore” titola l’articolo di Cervi che si chiude con la frase: «Non faccio il tifo per il libertino – e nemmeno per il puritano – faccio il tifo per la democrazia». “Le sue serate da peccatore? Cancellate dal buon governo” è invece il titolo dell’articolo di Amicone.  

Lo sfaldamento di Fli è tra gli argomenti della prima pagina del MANIFESTO che come foto di apertura sceglie quella di un carro di carnevale con la caricatura di Berlusconi e il titolo “Mercatone”. «Assalto a Futuro e Libertà. La vendetta di Berlusconi manda in pezzi il gruppo di Fini che punta l’indice contro «il potere mediatico e finanziario» del premier. Profumo di soldi e di poltrone anche per le nomine di Enel, Eni, Finmeccanica e Rai. La debolezza di un leader sotto processo accende lo scontro tra Tremonti e Letta per il risiko del controllo delle principali società pubbliche» riassume il sommario che rinvia alle pagine 4 e 5. Anche Vauro si ispira al disfacimento del partito di Fini con una vignetta che ritrae il presidente della Camera che in quattro nuvole successive dice: «Chi mi ama mi segua»; «…. mi segua ho detto!»; «Mi segua» e infine «Ehi, ma dove cazzo state andando?». Nel suo editoriale “Il potere dei soldi” Valentino Parlato scrive: «(…) Oggi Berlusconi è nei guai seri, la stampa internazionale lo indica come un governante impresentabile, ma il presidente del consiglio resiste e non solo al potere giudiziario, l’unico che cerca di metterlo di fronte alle sue responsabilità. Stando le cose come stanno anche noi del manifesto dovremmo scrivere che Berlusconi sta vincendo. La ribellione dell’antagonista Fini è agli stracci, il potere legislativo è in vendita, oggetto di acquisti, singoli e di gruppo. Sarebbe bello e democratico conoscere il prezzo dei singoli parlamentari. Il povero Fini ne sta facendo le spese. Futuro e Libertà è in vendita e penso che Fini abbia oggi una nostalgia del Msi e anche del fascismo, dove i soldi correvano, ma c’era una dittatura. (…) Il nostro Cavaliere può comprare le escort e anche gli eletti dal popolo. E se si va al processo, avanzato dal potere giudiziario, il potere dei soldi può comprare anche i testimoni. Qualcuno può pensare che una escort, che abbia detto di aver avuto rapporti con Berlusconi da minorenne, non smentirà in tribunale la precedente affermazione? E il potere giudiziario potrà far altro (a parte allungare i processi) che tenere in debito conto la nuova testimonianza? (…)». Le due pagine interne dedicate ai sommovimenti politici si aprono con il titolo “Fli, un esodo imprevisto” che racconta: «Defezioni a rotta di collo. Al Senato, a rischio il gruppo di Futuro e Libertà. Gianfranco Fini se la prende con Silvio Berlusconi: “Tutta colpa del suo potere finanziario”. E intanto Casini affossa definitivamente la santa alleanza: “Sarebbe un favore al premier”. “Decideranno le elezioni”, tagliano corto i vertici di Sel».

IL SOLE 24 ORE dedica alla politica la pagina 16 aprendo su “Nuove defezioni, l’ira di Fini” e segnalando di spalla “Conflitto di attribuzione al via lunedì alla camera”.

“Fuga da Fli. E Fini bussa all’Api”. Un pezzo nella sezione Primo Piano sulla prossima mossa politica di Fini. «Nel tentativo di non finire nella terra di tutti e di nessuno del gruppo misto» scrive ITALIA OGGI «le diplomazie sono al lavoro per una fusione con l’Api di Francesco Rutelli sotto il nome di Gruppo del terzo polo che consenta di raggiungere la quota dei 10 senatori minimi». La mossa è fondamentale. Avere un gruppo autonomo, spiega il pezzo «significa infatti avere diritto a propri componenti in commissioni chiave come la Bilancio o Affari costituzionali, ma anche spazi e tempi per gli interventi in aula». Il quotidiano dei professionisti, propone anche una lettura “E’ Bocchino che sostiene da solo tutto il Futurismo” sulla non consistenza politica del Fli. «Bocchino a parte, che gli fa da involucro, è fatto d’aria. Idem, è vero, quasi tutti i partititi politici italiani, ma futuro e libertà è un partito particolarmente etereo, anzi aereo, per non dire incorporeo, che esiste soltanto perché Bocchino, come certi poeti, è in grado di vincere la gravità a parole». Il pezzo, a pag 4 è firmato da Diego Gabutti. 

AVVENIRE : “La maggioranza si allarga. L’ira di Fini: la forza dei soldi” è il titolo del richiamo in prima sulla situazione politica. A pagina 8 l’articolo di Angelo Picariello comincia così: «Sarebbe davvero inutile negare l’evidenza: Futuro e Libertà vive un momento difficile, la fase più negativa da Mirabello. Ora lo ammette anche Gianfranco Fini». Il presidente della Camera, che ha affidato il suo sfogo a un articolo sul Secolo d’Italia, ptrende atto delle nuove defezioni ma si consola dicendo che i conti si faranno alle urne; definisce i dirigenti del Pdl “gerarchi baldanzosi” e assicura: «Per Fli non ci saranno derive a sinistra». AVVENIRE riporta anche le dichiarazioni di Casini secondo cui «in caso di ricorso alle urne non ci sarà alleanza dell’Udc con il Pd. Casini non crede «alle sante alleanze costruite in funzione anti Berlusconi» e il suo augurio è che «sia la politica a farlo cadere, non il giudice».

LA STAMPA di Torino apre con “Fuga da Fli, la rabbia di Fini: Colpa dei soldi del premier”. Nove le pagine dedicate alle questioni politiche italiane. Tre i punti principali: «La diaspora. Futuro e Libertà perde pezzi. Al Senato il gruppo si sfalda: dopo Menardi, va via anche Pontone. E alla Camera Rosso torna nel Pdl. Lo sfogo. Fini attacca Berlusconi: colpa del suo potere mediatico e finanziario, il momento è difficile ma la sfida si vince nelle urne. Il premier: ora tutti in piazza. Il leader Udc. Casini boccia l’intesa elettorale con la sinistra: “La Santa Alleanza sarebbe un gigantesco favore a Berlusconi. Così vincerebbe di nuovo”». Fabio Martini firma l’editoriale in cui svela il retroscena “L’ira fredda di Gianfranco: Ma noi tiriamo dritti”. Il giornalista racconta come Fini, dopo aver scelto l’immobilismo, dopo le ultime defezioni dal nuovo partito ha deciso e «si è rimesso in campo in prima persona, scrivendo un fiammeggiante articolo per il “Secolo d’Italia”. Un articolo nel quale affibbiava etichette poco gratificanti ai parlamentari incerti sulla propria collocazione e dunque, mettendo nel mucchio anche personaggi – come Adolfo Urso – che Fini conosce così bene da poter escludere passaggi al «nemico» Berlusconi».  Ma per Martini una lettura solo caratteriale della reazione sarebbe un errore. Lo fa spiegare nel pezzo a Silvano Moffa amico di Fini da 25 anni «Fini ha doti politiche indiscutibili: lui ha deciso freddamente di fare tabula rasa sul passato, oramai è disinteressato a preservare, non dico la storia, ma nemmeno i valori culturali di destra. Nell’ultimo periodo è antropologicamente cambiato. Non so se sia la prospettiva di un possibile accordo con la sinistra, ma certo Fini è quasi un altro uomo rispetto a quello che avevo conosciuto nel passato». Da sottolineare l’uscita allo scoperto di Pierferdinando Casini raccontata da Paolo Festuccia a pagina 7 in “Casini seppellisce la grande alleanza”. Il leader dell’Udc infatti, ospite a Otto e mezzo su La / ha detto «C’è un’emergenza seria nel Paese a cui rispondere con le armi della democrazia. Io alle sante alleanze costruite in funzione anti-Berlusconi non ho mai creduto, non credo e non ci crederò. La nostra scelta è diversa, la santa alleanza non ci riguarda, perchè è il più grande, gigantesco, favore a Berlusconi che noi possiamo fare». Molto interessante il richiamo in prima “Le mosse del mercante di Padania” di Giovanni Cerruti. Il giornalista spiega come la Lega e il suo leader Umberto Bossi si stiano riorganizzando. Bossi in particolare «Bossi non può star seduto in riva al fiume. Si sta muovendo, come dimostra l’intervista di Pierluigi Bersani a “La Padania”. Mai un segretario del Pd era stato intervistato dal quotidiano leghista, nemmeno ai tempi di Massimo D’Alema ospite applaudito del congresso di partito, febbraio 1995. Un’intervista concordata tra i due, Bossi e Bersani. L’appuntamento era per il primo pomeriggio di lunedì, nella sede leghista di via Bellerio, pare nell’ufficio di Bossi. Però dev’esser successo qualcosa, forse uno spiffero arrivato fino ad Arcore, e alle due del pomeriggio è arrivato il contrordine. Bersani in via Bellerio meglio di no. In questo, nell’invito a metà, c’è tutto il Bossi di una volta, prima del coccolone. Il Bossi che affascinava il professor Gianfranco Miglio: “Quando c’è da trattare non c’è nessuno più bravo di lui, un vero mercante ai banchetti della politica”. E rieccolo, il Mercante di Padania. S’intende con Bersani per mandare messaggi al Cavaliere, si mette al centro di tutte le trattative. Anche lui deve pensare al dopo Berlusconi, e attorno al Totem del Federalismo sistema i suoi banchetti. L’alleanza con la Lega per il Cavaliere è l’unica assicurazione sulla vita (politica). Ma il prezzo lo fissa il Mercante di Padania».

E inoltre sui giornali di oggi:

SECONDE GENERAZIONI
AVVENIRE – A pagina 10 pubblica un’inchiesta sul bilinguismo. Un box è dedicato ai “Figli degli immigrati che preferiscono l’italiano” e riporta il parere della sociologa Elena Besozzi dell’Università Cattolica: «Questi ragazzi hanno bisogno di normalità, di non essere continuamente individuati come diversi. Per questa ragione arrivano a “forzare” l’italiano, proprio per mimetizzarsi». Nella scuola dell’infanzia i bambini immigrati nati in Italia rappresentano il 75-80% nel totale degli stranieri. Sulla situazione delle seconde generazioni AVVENIRE citala ricerca nazioale “Studiare insieme, crescere insieme” edita da Franco Angeli.

SOCIAL CARD
LA REPUBBLICA – Roberto Mania firma un’inchiesta su “La beffa della social card torna con pochi fondi e sarà gestita dai privati”. Il milleproroghe l’ha recuperata ma qual è stata l’efficacia della social card? Dopo due anni ancora lontano l’obiettivo di 1,3 milioni di carte mentre gli indigenti superano i 3 milioni ma sono esclusi. C’è però un cambiamento significativo rispetto alla precedente edizione: saranno selezionati enti caritativi che la gestiranno sui territori. In applicazione del principio di sussidiarietà, spiega Maurizio Castro, senatore che ha scritto la modifica. Una scelta che non abbiamo mai chiesto, spiega Francesco Marsico della Caritas: «il problema della social card è che esclude una larga fetta di famiglie povere e la sperimentazione non risolve questa criticità di fondo».

IL SOLE 24 ORE – “Una nuova social card affidata al terzo settore”. «Una nuova carta acquisti da sperimentare per un anno in 10 città, che sarà distribuita ai beneficiari attraverso enti non profit attivi nel contrasto alla povertà alimentare (ovvero la gestione di mense) e nell’aiuto alle persone senza fissa dimora. Con una soglia Isee più “larga” dei 6.235 euro attuali per misurare il reddito dei beneficiari. È questo l’identikit della social card versione 2011, che sarà delineata dal decreto del ministero del Lavoro a cui il Dl milleproroghe ha affidato l’attuazione dell’ultimo intervento di contrasto alla povertà deciso dal governo. L’articolo 2 quater del milleproroghe che ha introdotto la sperimentazione della nuova social card non ha abolito la vecchia carta acquisti, caricata dallo Stato con 40 euro al mese da usare per la spesa alimentare e per pagare le bollette e distribuita a 734mila anziani e famiglie con bambini sotto i tre anni, da dicembre 2008 a dicembre 2010. I due sistemi, dunque, coesisteranno: chi ha i requisiti, può continuare a chiedere la vecchia carta. Quello che cambia, ora, è l’intermediazione affidata al terzo settore. Saranno cioè quelli che il milleproroghe definisce «enti caritativi» i destinatari della carta, che dovrà poi essere assegnata, da questi, alle persone «in condizione di bisogno». La nozione di «ente caritativo» giuridicamente non esiste e questo ha già creato polemiche e incertezze all’interno del terzo settore. (…) L’obiettivo della nuova sperimentazione è raggiungere anche le persone senza fissa dimora delle grandi città, escluse dalla vecchia social card perché prive della tracciabilità e della documentazione necessarie. La carta acquisti dovrebbe rappresentare, per queste persone, l’occasione per la presa in carico da parte degli enti non profit e dei servizi sociali del comune, e l’infrastruttura attraverso cui potranno passare anche altri servizi. Ai comuni spetterà l’accreditamento a livello locale degli enti beneficiari, l’eventuale integrazione dei fondi accreditati dallo Stato sulle carte e la valutazione della presa in carico dei soggetti bisognosi da parte degli enti non profit. IL SOLE commenta a pagina 14: «Una nuova misura che sembra essere di bandiera, problematica e forse poco incisiva. (…) Non c’è ancora traccia, invece, d’interventi strutturali e di politiche sociali di lungo periodo per ridurre l’incidenza della povertà e sostenere le persone più a rischio di marginalità.

AVVENIRE – A pagina 6 illustra la proposta dell’Acli di una nuova social card per le famiglie in povertà assoluta. La proposta, che per molti aspetti si interseca con il progetto di riforma abbozzato dal governo, verrà presentata martedì 22 febbraio al ministro Sacconi durante il convegno organizzato dalle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani a Montecitorio. La carta acquisti verrebbe potenziata sia con una maggiore dotazione monetaria (129 euro al mese in media), sia con servizi di accompagnamento della persona in difficoltà. Previsti criteri d’accesso ed erogazioni differenti per territorio in base al costo della vita. La spesa a regime sarebbe di 2,3 miliardi.

GRAN BRETAGNA
IL SOLE 24 ORE –  “Cameron: l’era dei sussidi è finita”: «Il premier britannico ieri ha presentato la legge di riforma del welfare che punta proprio a sradicare il “sistema perverso” che ha stravolto le abitudini degli inglesi «non solo permettendo loro di non lavorare ma incoraggiandoli a non lavorare». L’era dei sussidi, ha promesso Cameron, è finita. Non sarà più possibile vivere alle spalle dei contribuenti. Sono oltre 5 milioni gli inglesi del tutto dipendenti dai sussidi statali per i qualii  conviene non lavorare. “Il sistema – ha detto il premier – ha creato una cultura di dipendenza”. (…) Quella presentata ieri è la riforma più radicale in oltre sessant’anni di stato sociale e prevede l’eliminazione del complesso sistema di sussidi, rimborsi, indennità e benefit a favore di un sussidio unico universale che entrerà in vigore nel 2013. il tetto massimo di aiuti statali varrà ridotto a 26mila sterline all’anno per famiglia. E il lavoro non sarà più un optional: chi rifiuta le offerte di impiego perderà il sussidio di disoccupazione per tre anni. Lo stato conta così di risparmiare 5,5 miliardi di sterline nel corso della legislatura. Il welfare costa 90 miliardi di sterline all’anno. (…) Lo stato diventerà più efficiente e più rigoroso nei controlli, sia sui dipendenti in permesso malattia che sui disabili e le persone che ricevono sussidi di invalidità per accertarsi che davvero non siano in grado di lavorare. (…) L’opposizione laburista e vari enti di beneficenza hanno avvertito ieri che la riforma del welfare colpirà i più deboli e avrà un impatto sociale devastante».

MAFIA
AVVENIRE – Dedica il primo piano a pagina 7 alle terre strappate ai clan coltivate nel nome di Rosario Livatino. Oggi ad Agrigento sarà presentato il progetto di recupero di 65 ettari a Naro confiscati vent’anni dopo ai boss. Tra i promotori la diocesi, l’associazione Libera e la Caritas con cui ha collaborato il progetto Policoro della Cei.

MEDIO ORIENTE
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina e due pagine (la 2 e la 3) per raccontare le rivolte in corso in Medio Oriente. Le due pagine si aprono con il titolo “Il Bahrein in fiamme” «Blindati in piazza e fuoco sui civili. Almeno tre morti nella rivolta contro il regime. Trema un altro alleato storico di Washington, sede della Quinta flotta Usa. E l’Arabia saudita teme che esplodano anche i “suoi” sciiti». Per quanto riguarda la Libia nell’articolo “Gheddafi mobilita i lealisti, Bengasi sfida il Colonnello” si legge: «Non hanno la portata delle gigantesche manifestazioni del Cairo, ma i libici hanno squarciato il velo della paura. La “giornata della collera”, indetta per il quinto anniversario della strage di Bengasi, ha visto molte manifestazioni in tutto il paese. A Tripoli, i Comitati Rivoluzionari, il partito unico di Gheddafi, hanno organizzato contromanifestazioni. (…). Per la tv di Stato ci sono state soltanto manifestazioni che inneggiavano al regime. Nessuna notizia né sugli scontri di mercoledì, né sulle vittime. Bengasi, capoluogo della regione che una volta si chiamava Cirenaica, rimane il centro della protesta. A manifestare sono scesi anche gli avvocati, con sit-in davanti al Tribunale per chiedere la liberazione dei mediattivisti arrestati. (…)».

NAVI DEI VELENI

IL MANIFESTO – Un piccolo richiamo in prima pagina annuncia le due pagine dedicate a raccontare come i rifiuti tossici italiani siano finiti in Andalusia «Fusti e container provenienti dalla bonifica di una fabbrica chimica di Pioltello (Milano), la ex Sisas, smaltiti in una discarica vicino Siviglia. Con l’avallo del governo italiano e in maniera irregolare, secondo le denunce di ambientalisti e Izquierda Unida» spiega il richiamo all’articolo “Veleni italiani in Andalusia” che racconta come «Il portolano dei grandi broker dei rifiuti italiani è in fase di aggiornamento. Cambiano le rotte, si rinnovano gli accordi, ma i metodi sono gli stessi da un tempo ormai immemorabile. La nuova rotta delle navi dei veleni porta verso la Spagna: attraversa il mediterraneo, supera Gibilterra, per poi risalire il fiume Guadalquivir, fino al porto di Siviglia. (…)» E continua: (…) La conferma che la discarica spagnola di Nerva piace tanto all’Italia arriva dalla gigantesca operazione in corso in questi giorni a Pioltello. Come nel caso della Stoppani la gestione della bonifica e, di conseguenza, dell’intera filiera che termina in Andalusia è stata affidata direttamente alla struttura commissariale del ministero dell’Ambiente. Nel caso dell’ex Sisas di Pioltello la gestione è in mano all’avvocato Luigi Pelaggi, braccio destro del ministro Stefania Prestigiacomo. “A lui vi dovete rivolgere per ogni informazione”, spiega il portavoce dell’assessorato all’ambiente della regione Lombardia. Ma l’avvocato Pelaggi – cercato più volte da il manifesto – di questa storia non ha voluto parlare. (…)».

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