Mondo

L’E.R. africano educa a combattere l’Aids

Soul City ha debuttato nel ’94 ed è la soap più seguita in Sudafrica, perché racconta le storie difficili degli ammalati.

di Carlotta Jesi

La lotta all?Aids va in onda in prima serata, in Sudafrica. Alle 20.30, dopo il telegiornale, nelle case di tutto il Paese risuona la sigla di Soul City: la soap opera più guardata e socialmente impegnata della tv. Con un cast quasi interamente di colore, come ne I Robinson di Bill Corsby. E storie che si intrecciano fra la sala operatoria e la reception di un ospedale, come in E.R e General Hospital. Le analogie con le più famose soap americane, però, finiscono qui. L?ospedale in cui è ambientata Soul City, infatti, esiste veramente. E così pure le capanne di legno, i pericoli e il degrado in cui si muovono i personaggi di questo serial girato ad Alexandra, una delle più grandi e squallide baraccopoli sudafricane appena fuori Johannesburg. È proprio osservando i disoccupati di Alexandra e i malati di Aids ricoverati nel suo ospedale che sette anni fa Garth Japhet e Shereen Usdin, due giovani medici sudafricani, hanno avuto l?idea di scrivere una soap che parlasse di Hiv, violenza sulle donne e pregiudizio per sensibilizzare il pubblico e cercare di combattere il virus dell?Aids. L?Unione europea, il ministero della Salute sudafricano, l?Unicef e donatori privati come British Petroleum hanno creduto nel progetto, e nel 1994 Soul City è stata trasmessa per la prima volta in tv. Riscuotendo un enorme successo: in poco tempo è salita sul podio dei tre programmi più visiti in Sudafrica, si è conquistata uno spazio giornaliero sulla radio dove chi non ha il televisore può seguirla in 9 delle 11 lingue ufficiali del Paese ed è stata doppiata in portoghese e francese per essere trasmessa anche in Costa D?Avorio e Mozambico. Ma, soprattutto, secondo uno studio dell?Unione Europea, è riuscita laddove molte ong, istituzioni internazionali e campagne di sensibilizzazione avevano fallito: far capire quanto è pericolosa l?Aids, e come evitarla. Merito della sceneggiatura, che tratta temi e problematiche della vita di tutti i giorni, e anche degli attori: la maggior parte del cast di Soul City risulta convincente per il pubblico perché vive proprio nel quartiere in cui sono ambientate tutte le sue puntate. E poi perché vive in prima persona i problemi di cui tratta la soap, come Dorren Kotsedi-Pitse: una donna che ha perso la vista a causa della percosse subite in casa e, in tv, fa la parte di una giornalista radiofonica molto sensibile al problema della violenza domestica, fra le mura di casa. Radio e televisione non sono l?unico canale mediatico per combattere l?Aids: Pieter-Dirk Uys, un noto comico sudafricano divenuto famoso per i suoi spettacoli contro l?Apartheid, preferisce il palcoscenico. E da mesi porta in giro per i teatri e le scuole del Paese Foreign Aids, uno show molto ironico in cui prende in giro i pregiudizi e l?ignoranza che in Sudafrica circolano sul virus dell?Hiv. Un esempio delle sue battute? «Il 99% delle persone del mondo sa che l?Hiv è l?origine dell?Aids, noi siamo governati dall?1% che non lo sa», racconta al suo pubblico. Con un riferimento molto poco velato al presidente Thabo Mbeki, che però nello spettacolo si chiama Thaboo MacBeki. Oppure scimmiottando le paure di chi in Africa crede che il razzismo sia una malattia. Bianco, dichiaratamente gay e convinto che l?ironia sia l?unico modo per aiutare la gente a fronteggiare davvero il virus dell?Aids, durante il suo spettacolo che presto poterà a New York e Amsterdam Uys raccoglie fondi in favore delle charity impegnate nell?assistenza ai sieropositivi.


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