Non profit

Federalismo, prove di forza

La maggioranza fa quadrato, il decreto all'esame del presidente Napolitano

di Franco Bomprezzi

Il decreto sul federalismo fiscale non passa nella commissione bicamerale, ma il Governo convocato d’urgenza ripropone la riforma e l’approva. Una scelta che conferma il patto fra Berlusconi e Bossi ma che viene vista come una forzatura senza precedenti nei confronti delle regole parlamentari. E ora si attende la decisione del Presidente della Repubblica. E’ la politica, ovviamente, a tenere banco anche oggi nelle prime pagine dei giornali.

“Sul federalismo Bossi non rompe”, apre così il CORRIERE DELLA SERA, e sotto il titolo il veloce riassunto dei fatti della giornata: “Doppia vittoria «ai punti» per il governo. La maggioranza incassa un pari in commissione bicamerale, ma il Consiglio dei ministri vara il decreto sul federalismo fiscale. E Bossi, al contrario di quanto dichiarato mercoledì, non rompe con il Pdl. Sul caso Ruby, opposizioni sconfitte alla Camera”. Fulminante la vignetta di Giannelli, con Bossi ritratto insieme al figlio, il “trota”: “Per me il federalismo è come un figlio: bocciato, ma va avanti lo stesso!”. Editoriale in prima di Massimo Franco: “Prove di resistenza”. Leggiamo: “Strategia della sopravvivenza e precarietà continuano dunque a convivere – scrive il notista politico del CORRIERE – . Il risultato è la sfasatura fra un governo che si puntella numericamente e gli avversari che lo danno per moribondo: la fotografia di una legislatura condannata a rimanere in bilico. Ormai è chiaro che le opposizioni contano sugli sviluppi delle indagini giudiziarie per dare la spallata finale a Palazzo Chigi. E confidano che prima o poi un Umberto Bossi stranamente oscillante fra minacce e remissività possa abbandonare Berlusconi”. E così conclude: “Sarà anche vero che ormai il centrodestra sta sublimando le tecniche di sopravvivenza; che Berlusconi imita con talento il «tirare a campare» di andreottiana memoria. Il problema è che non si vede ancora l’alternativa alla crisi strisciante non solo di un governo ma di una fase politica. Quando spunterà, la transizione sarà rapida. Ma non si vede ancora, al punto che il centrodestra scommette su elezioni sempre più remote. È una previsione alimentata dai numeri del ventre molle e opaco del Parlamento, non dalla politica; e accompagnata dal sospetto che le scommesse ufficiali possano nasconderne altre, clandestine e opposte”. Servizi da pagina 2 a pagina 11. Interessante, come sempre, il retroscena di Francesco Verderami, a pagina 9: “La partita finale per evitare le elezioni”. Eccone il passo iniziale: “Rivelazione o disinformazione? Strategia o tatticismo? Insomma cosa c’è di vero nella confidenza fatta dal leghista Maroni al democratico Castagnetti, che ieri sera ha raccontato il contenuto del colloquio ad alcuni colleghi di partito? «Guardate che Berlusconi e Bossi si sono messi d’accordo per andare alle elezioni a maggio» , così ha esordito Castagnetti. Che per superare lo scetticismo e le perplessità di quanti lo stavano ad ascoltare ha citato la sua fonte: «Me l’ha detto il ministro dell’Interno» . «Se vi dico che me l’ha detto Maroni, potete crederci. Vogliono andare al voto in primavera. Il loro problema è trovare il modo per provocare la crisi e arrivare alle urne» . Questa storia per molti versi non torna, e tuttavia descrive il clima del Palazzo, dove tutti sono in attesa di un evento, di qualcosa che spezzi i fragili equilibri politici di una legislatura data già tante volte morta”. Da segnalare anche l’intervista di Aldo Cazzullo, a pagina 11, a Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio: “I cattolici cambino scelte politiche”. Domanda Cazzullo: il voto anticipato sarebbe un dramma o una svolta? “Né l’uno né l’altra – risponde Riccardi – Sono stanco dell’enfasi apocalittica dell’ultima notizia politica. Ci manca una visione. Non vediamo la crisi del ceto medio, l’impoverimento del Paese. Alle nostre mense venivano gli stranieri: ora vengono signore borghesi, impiegati. Conosco divorziati che devono lasciare le loro case e dormono per strada, finendo per perdere anche il lavoro. Ci allarmiamo per gli zingari, che a Roma sono 5 mila su 3 milioni di abitanti, e presentiamo gli sgomberi come una grande operazione, mentre in realtà è solo teatro, che per loro diventa tragedia. Temiamo gli immigrati, che sono una ricchezza; e intanto chiudiamo i nostri anziani nei cronicari o nella villetta con la badante”.

 “Federalismo, stop in Parlamento”: LA REPUBBLICA apre sulla “forzatura” del Consiglio dei ministri che, avendo preso atto della parità in Commissione ed essendosi inventato il «non parere» (come sottolinea un gustoso box di Sebastiano Messina), si è riunito per approvare il decreto. Una decisione che ha fatto imbufalire le opposizioni (Bersani: «un colpo di mano inaudito»; Udc: «atto volgare, violento e illegale che apre un ulteriore conflitto istituzionale») e che è stata il frutto delle pressioni leghiste. Mentre Fini parla di bocciatura di «merito» (mentre Baldassarri spiega il suo no al testo: «alza le tasse, toglie autonomia ai comuni e non ha copertura»), Bossi insiste e alla fine la spunta. Tant’è che, come spiega nel suo retroscena Francesco Bei, «i leghisti già facevano filtrare ai giornalisti la notizia della convocazione del Cdm, mentre lo stesso entourage di Palazzo Chigi ne era all’oscuro». Ovviamente le perplessità di Letta e di Berlusconi riguardavano le possibili reazioni di Napolitano anche se la maggioranza ostenta sicurezza: «dal punto di vista regolamentare, spiega un ministro, quello espresso dalla Bicameralina è un “non parere”, ovvero è come se il Parlmaento non si fosse pronunciato. E visto che i termini scadevano oggi il governo ha varato lo stesso il decreto… Tutto lineare». Il Quirinale non la pensa così. Scettica pure la base leghista: “Lumbard in rivolta: «ora molliamo Silvio»” titola Rodolfo Sala. A Radio Padania va in onda l’insoddisfazione dela base. «Con Berlusconi in carica nessuna riforma federale è possibile. Bisogna rottamarlo, prima che rottamino noi», dice Alessandro di Milano ed è una voce che esemplifica le altre. Non solo dei militanti. Zaia, governatore del Veneto, spiega che «la gente che lavora oggi è sbigottita di fronte ai giochi di potere che non capisce» mentre Attilio Fontana e Gianpaolo Gobbo, sindaci rispettivamente di Varese e di Treviso, in sostanza dicono: «era meglio staccare la spina». Nel suo commento, Massimo Giannini parla di “Lega democristiana”. Spiega la sconfitta politica delle Camice verdi: «il Carroccio sta pagando un costo sempre più alto, per puntellare un presidente del Consiglio sempre più debole. Lo certificano i sondaggi, che da tre settimane non fotografano più una Lega con il vento nelle vele».

IL GIORNALE apre con “Il federalismo è legge”, «bocciato da Fini in commissione, il nuovo fisco comunale varato in serata dal governo». Nicola Porro racconta la giornata di ieri «ieri il governo ha approvato il federalismo municipale. Lo ha fatto con una apparente forzatura, non tenendo conto del parere negativo della commissione bicamerale. Ma sulle riforme il governo non si può fermare. Deve andare avanti, senza farsi imbrigliare dalle procedure parlamentari. In nome e per conto dei cittadini che chiedono uno stato più agile. Lo dice la storia, anche la nostra. Ad un gruppo di contadini, intercettati da Luigi Einaudi, veniva chiesto cosa si aspettassero dallo Stato. E questi senza esitazioni: “Una buona strada, se possibile qualche tassa in meno, e al resto ci pensiamo noi”. Ecco: negli ultimi cinquanta anni abbiamo fatto di tutto, tranne che ascoltarli. La strada non è così buona, le tasse sono aumentate e soprattutto a loro ci ha pensato lo Stato. Bisognerebbe convincere il presidente del Consiglio, dopo aver tenuto duro sul federalismo, a non mollare la presa sulle liberalizzazioni (compresa quella più importante che riguarda le tasse). E, già che c’è, a fare della necessità di Tremonti la virtù della sua politica economica». In conclusione aggiunge, «ieri è passato il federalismo fiscale. Ben venga una responsabilizzazione del bilancio dei nostri amministratori locali. Sapremo giudicarli dalle loro spese e dalle loro pretese. Ma non dimentichino che il fisco e le tasse sono importanti, ma la nostra libertà di iniziativa lo è altrettanto. Se non di più». Alessandro Sallusti invece firma l’editoriale “I guardoni vedono la maggioranza tornare assoluta”. «La verità è nei numeri», attacca Sallusti, «e i numeri dicono che questa maggioranza è sempre più stabile, votazione dopo votazione. Ieri, per la prima volta dopo la scissione finiana, è tornata a essere qualificata, cioè a quota 316 (315 voti più Berlusconi che non ha votato), il numero che decreta l’autonomia assoluta dall’opposizione». E questo significa per il giornalista, da una parte che «il progetto del Fli di essere ago della bilancia insieme con Casini e Rutelli è quindi ufficialmente fallito» ma anche che «Bersani e soci se ne dovrebbero fare una ragione: Berlusconi al massimo è come la torre di Pisa, pende ma non va giù». Sullo sfondo un balletto a due « Bossi è sotto ricatto di Fini che ancora ieri gli ha proposto lo scambio indecente: tu mi dai Berlusconi, io ti do il federalismo. Il ricatto è improponibile, e quindi irricevibile, non soltanto per motivi etici. Il federalismo, Fini lo abolirebbe un secondo dopo aver ottenuto lo scalpo del premier consumando così l’ennesimo tradimento della vita dopo quelli del fascismo, del post fascismo, di Casini, Berlusconi, più in generale degli elettori. La Lega sarebbe soltanto l’ennesimo bus sul quale il presidente della Camera salirebbe per farsi trasportare qualche metro e dal quale scenderebbe la fermata successiva». “Vero secessionista è chi si oppone alla riforma” è il commento a cura di Stefano B. Galli. « Di fronte alle profonde fratture e alle disfunzioni strutturali che oggi caratterizzano il Paese, un processo di radicale federalizzazione della fiscalità si configurava – e si configura – come l’unica medicina utile a sanarle e a risolverle. La realtà dice che non bisogna fare i conti solo con la struttura duale tra Nord e Sud, ma anche con l’evasione fiscale, con gli sprechi nella pubblica amministrazione, con l’irresponsabilità di una classe politica cresciuta nella cultura dell’assistenzialismo. Con un sistema che – con la spesa storica – premia chi amministra peggio e sperpera il pubblico denaro. Le disfunzioni sono così significative e le fratture tanto profonde che solo il federalismo fiscale – con l’unificazione del centro di prelievo e quello di spesa, l’adozione della spesa standard e la responsabilità degli amministratori – e l’abbandono dell’assistenzialismo potrebbero tenere ancora insieme un Paese frammentato e diviso». Per questo continua Galli «viene allora da chiedersi chi siano i veri secessionisti. Se non siano quelli che si sono opposti al processo di federalizzazione della fiscalità – cioè gli statalisti e i centralisti che vivono solo di politica – lasciando che nulla cambi, al cospetto di fratture che sono destinate solo a inasprirsi nel tempo».

La politica italiana è di spalla su IL MANIFESTO in una prima pagina dominata ancora dai fatti del Cairo. «Sul federalismo fiscale la tripla sconfitta di Bossi e Berlusconi» è il titolo dell’articolo di Matteo Bartocci che prosegue poi a pagina 2. La pagina 2 e la 3 sono dedicate poi ai voti di ieri su federalismo e caso Ruby. Sempre in prima la vignetta di Vauro fa il verso al film “Il federale” in cui si vedono Bossi e Berlusconi su un sidecar con Berlusconi che guidando con li testa un fez dice «… buca, buca con acqua!». Scrive Bartocci: «Il federalismo fiscale non c’è più. La partita sulla madre di tutte le riforme finisce ai tempi supplementari. E anche i calci di rigore decisi fuori dal parlamento dall’asse Bossi-Berlusconi non annunciano nulla di buono. Come previsto, in mattinata la “bicameralina” ha respinto il parere obbligatorio sul fisco municipale. Ma dopo una giornata da brivido, un consiglio dei ministri convocato d’urgenza a tarda sera l’ha comunque adottato ugualmente. Come se il parlamento neanche esistesse. (…) Il marasma è totale. Lo scontro non potrà che portare tutti dritti al Quirinale. Camuffare una sconfitta politica cambiando il risultato per decreto si può chiamare trucco. O peggio, golpe. In ogni caso non salverà chi è vittima delle sue macchinazioni.» E prosegue dopo aver ricostruito i passaggi della giornata di ieri: «(…) Evidentemente confortata dai numeri della camera sul voto pro-Berlusconi, la maggioranza decide di andare avanti come un caterpillar. Chissenefrega del parlamento. In serata Tremonti diffonde un comunicato che specifica che il decreto approvato dal governo recepisce è quello uscito dalla commissione Bilancio del senato. Come se il bicameralismo fosse un’astrazione» e conclude: «Il Pdl cercherà di cambiare la composizione della «bicamerale» ridimensionando le opposizioni ma è un altro vaso di Pandora che non si può aprire senza conseguenze. La palla passerà ben presto al Quirinale. Perché ogni argine istituzionale ormai è saltato. A forza di strappare tutto la tela si è rotta. Nessuno può ricucirla». Sempre sul federalismo a pagina 2 in un box vengono raccontati gli umori dei leghisti a Radio Padania: «Il Cav non aiuta il nord». Si legge: «La delusione del popolo leghista va in onda, come sempre su Radio Padania. Un’ora di filo diretto pomeridiano, dopo la bocciatura sul federalismo, tra chi auspica le elezioni subito, chi consiglia di andare avanti e chi invece pensa solo alla secessione. “I furbi e i ladri – esordisce Franco di Bergamo – la stanno facendo franca un’altra volta”. Maurizio di Milano vuole votare: “È venuto il momento di togliere la spina. Padania liberissima”. (…) Ci sono poi quelli che pensano che la colpa sia soprattutto del presidente del consiglio, come Luigi di Milano: “Il reddito al nord è diminuito in due anni del 2,5% mentre al sud è aumentato. Fino a quando c’è Berlusconi il federalismo non ci sarà. Magari vediamo se con il Pd è possibile fare le riforme”».

“Federalismo per decreto” è il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE di oggi che recita nel sommario: «Sì del governo dopo lo stop parlamentare, tensioni con il Colle”. «Il federalismo municipale non ottiene il via libera della commissione bicamerale ma il governo va avanti e approva in via definitiva il decreto legislativo che ora verrà inviato per l’emanazione al Capo dello Stato», scrive il quotidiano della Confindustria. «Ma proprio il Quirinale non ha gradito l’accelerazione, facendo trapelare la sua preoccupazione per una “forzatura incomprensibile”. Tra le ultime novità la sostituzione della compartecipazione Irpef con l’Iva. Palazzo Chigi ha considerato irrilevante il pareggio di 15 a 15 in Bicamerale e il premier ha rassicurato i ministri: “Andiamo avanti, riusciremo a governare”. Convinto anche Umberto Bossi, che ora esclude il voto anticipato. Critico il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha parlato di iniziativa “senza precedenti”. Per il segretario del Pd Bersani è stata commessa una violazione delle prerogative parlamentari». I servizi alle pagine 2 e 3. Dopo 86 giorni di vertici, faccia a faccia, trattative, rinvii, accordi, bozze e lodi la partita del fisco municipale si è decisa solo ai supplementari. Il decreto attuativo del federalismo approvato in via definitiva  dal Governo dovrà essere emanato dal presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Non manca sul SOLE un commento di Stefano Folli dal titolo “Le 315 ragioni per cui Bossi resta fedele all’alleanza con il premier” in cui sostiene: «I 315 voti della Camera che ieri sera hanno detto “no” alle richieste della Procura milanese dimostrano che la maggioranza berlusconiana resta compatta… Da un lato, la navigazione parlamentare dl centrodestra resta difficile: le incognite verranno soprattutto nei giorni “tranquilli”, quelli in cui cala la concentrazione e si disperdono le forze. Dall’altro però l’opposizione ha mostrato una volta in più la sua debolezza… La sensazione è che si voglia attendere l’altro decreto, quello sul fisco delle regioni, per decidere sulla fine della legislatura. Di sicuro, Berlusconi e Bossi hanno rafforzato il loro legame. E la linea di Maroni, più attento alle ragioni dell’opposizione, almeno per ora esce sconfitta da questa fase convulsa e opaca della vita  nazionale».  

ITALIA OGGI, il quotidiano dei professionisti, apre in prima pagina con il titolo  “Federalismo ad oltranza”. A Franco Adriano è affidato il primo dei due approfondimenti. Il primo a pag. 3 “Bossi: sì al federalismo, no al voto” fa notare che «se paradossalmente il pareggio in bicamerale sembra aver accelerato la riforma anziché frenarla, anche il possibile voto anticipato sembra più lontano perché le due fazioni interne alla Lega (quelle che fanno riferimento a Maroni e Calderoli) sono state tenute insieme dalla scelta del leader del Carroccio di sfruttare fino in fondo la delega del governo sulla riforma federalista». Il secondo approfondimento a pag. 33 “Federalismo, il governo va avanti”, cerca di fare chiarezza sulla versione del decreto varato ieri. Secondo l’opposizione, «l’esecutivo avrebbe potuto licenziare solo la versione iniziale del provvedimento (quella varata il 4 agosto scorso dal cdm ma bocciata dall’Anci) senza le modifiche nel corso dell’iter parlamentare». Qui la versione del governo:«Si è valutato come non espresso il parere della Bicamerale e si è considerato come unico parere valido del Parlamento quello dato nella mattinata di ieri dalla quinta commissione di palazzo Madama. Senza necessità dunque di ulteriori passaggi parlamentari». 
 
“Federalismo, il no poi il blitz”. AVVENIRE dedica il taglio basso della prima pagina alla questione politica e due pagine di approfondimento a pagina 8-9. Il retroscena di Angelo Picariello si intitola “E per salvare la rivoluzione Umberto bussò a cento porte”, che racconta «la lunga giornata romana dei leghisti per evitare il pareggio: il colloquio con Fini per il voto di Baldassarri, il tentativo con Boccia del Pd».

LA STAMPA titola in prima “Federalismo, arriva il decreto” «Il pareggio in Commissione ferma il testo ma la Lega spinge il governo a forzare. L’opposizione: colpo di mano inaudito. Il Quirinale irritato potrebbe non firmare» recita l’occhiello. L’editoriale “Le riforme sono impossibili in questo clima” è a cura di Luigi La Spina. «Al di là del pallottoliere in Parlamento, degli errori strategici e delle furbizie tattiche, dei rapporti tra Berlusconi e i magistrati, la domanda fondamentale, però, è un’altra: in questo clima politico e sociale si può davvero discutere delle virtù e dei difetti del federalismo, valutare le conseguenze sul carico fiscale che graverà sui cittadini, giudicare se sia davvero a rischio la solidarietà nazionale o se questi timori siano solo spettri strumentali per avversarlo? Quando una riforma di tale portata può dipendere dalle confessioni di una ragazza ospite a villa Macherio o da uno scambio indebito tra la sua approvazione e la scomparsa di Berlusconi dalla presidenza del Consiglio. Non è solo il federalismo, e già basterebbe, a essere condizionato impropriamente dalla situazione politico-parlamentar-mediatica nel nostro Paese. L’ipotesi delle elezioni stravolge il significato di altri importanti provvedimenti, quelli sull’economia. Così, la proposta di una patrimoniale per ridurre il debito pubblico, maldestramente e masochisticamente avanzata da alcuni rappresentanti della sinistra, finisce per fornire un formidabile assist alla propaganda pre-elettorale di Berlusconi. Un aiuto, peraltro, di cui la bravura mediatica del premier non avrebbe bisogno, essendo largamente sufficiente per prevalere in qualsiasi dibattito televisivo. Ma anche le nuove proposte del presidente del Consiglio, sul tema dell’economia, vengono del tutto subordinate all’eventualità di un imminente voto. Sia per le sbrigative reazioni dei suoi oppositori, sia per l’evidente velleità di chi, in un periodo del genere, pensa che la principale preoccupazione di imprenditori, lavoratori e cittadini italiani sia la modifica dell’articolo 41 della Costituzione. Tra poco più di un mese si celebrerà la festa per i 150 anni dell’unità italiana. Davvero si poteva sperare in un clima migliore». Per Marcello Sorgi invece il dato è che Berlusconi si è rafforzato. Il suo “Taccuino” titola “Premier più forte a scapito del Carroccio”. «La giornata della doppia votazione – pareggio sul federalismo e vittoria del governo sull’autorizzazione a procedere contro il premier negata dalla Camera – ridisegna i rapporti interni alla maggioranza e quelli con l’opposizione. Berlusconi esce rafforzato sia per il voto in sé, che gli ha portato piena solidarietà del centrodestra, sia perché la maggioranza, se il premier fosse stato in aula e non in missione, avrebbe toccato la fatidica soglia dei 316 voti, liberando così il governo dall’incerta condizione di minoranza a cui lo aveva condannato la scissione dei finiani e tutti i confronti in aula seguiti al 14 dicembre». Per Sorgi «Bossi e la Lega sono invece indeboliti dalla mancata approvazione del federalismo nella Bicameralina e al centro di una nuova tensione istituzionale con il Quirinale. Formalmente, infatti, non è logica la decisione del governo di considerare superfluo il parere che la Bicameralina non è riuscita a dare, per effetto del pareggio di ieri mattina» ma anche «l’opposizione esce ammaccata dalla giornata di ieri. La campagna acquisti del Cavaliere alla Camera prosegue e le possibilità di costruire un governo diverso, ipotesi accarezzata in particolare da Casini, diminuiscono. Il Pd continua a sperare che saranno i magistrati di Milano a toglierlo dall’imbarazzo, ma anche in quel campo lo scontro è destinato a complicarsi, ed è la stessa procura che comincia a rendersi conto che la questione della competenza posta dai legali di Berlusconi potrebbe rivelarsi non del tutto infondata». A entrare nel merito della legge ci pensa per il quotidiano torinese Alessandro Barbera che firma “Il governo sblocca l’addizionale Irpef”. L’articolo analizza bene la legge delega e la divide in diversi capitoli: L’imposta comunale, Cedolare sugli affitti, Tassa di soggiorno e di scopo, Tasse sugli immobili, Compravendite agevolate e Compartecipazione dell’Iva. In più sottolinea che fra tre anni decadrà l’Ici e arriverà l’Imu (imposta municipale unica).  
  
E inoltre sui giornali di oggi:

EGITTO
IL MANIFESTO – Foto di apertura dedicata agli scontri del Cairo, primo piano di un uomo con la faccia insanguinata e titolo «Sul baratro». Quattro le pagine (dalla 6 alla 9) che fanno il punto sulla situazione sia in Egitto sia in altri paesi come lo Yemen. «Non è tempo di esitare» è il titolo dell’articolo di Rossana Rossanda che esordisce: «Mubarak lascia sparare la sua polizia sulla folla e l’Onu avvia il ritiro dei suoi funzionari. Non è più tempo di esitare fra le incertezze di Obama spiegate sul manifesto di ieri da Marco d’Eramo e l’”avanti con il popolo egiziano” di Slavoj Zizek. Sto con Zizek. Senza sottovalutare affatto le ragioni di d’Eramo. Non siamo di fronte a scelte tranquille e felici. Da un pezzo una cosiddetta laicità nel Maghreb e nel Medio Oriente è garantita soltanto da regimi dittatoriali. Da un pezzo lasciare libertà di voto può condurre a un’affermazione non solo islamica, ma islamista. Una democrazia in senso proprio, che non è soltanto fare le elezioni ma stabilire un’effettiva divisione dei poteri – esecutivo, legislativo e giudiziario – cioè una sicurezza di uguali diritti di fronte alla legge, non è garantita da nessuno. (…)». E osserva: «Più paradossale di ogni altro è l’appoggio che a Mubarak danno unitamente Netanyahu e Abbas. La famosa democrazia israeliana e il popolo che essa stoltamente opprime. (…) » analizzando varie posizioni e opzioni conclude: «È stupefacente che i funzionari dell’Onu lascino l’Egitto in fiamme invece che condannare senza indugio Mubarak e interporsi contro le sue fucilate. E noi finiamola di prendere per una massa di deficienti coloro che non hanno potere e tentano di ribellarsi. Prima riusciranno a farcela, prima si assumeranno le loro responsabilità. È loro il destino, che lo prendano in mano».

DECRETO FLUSSI
IL SOLE 24 ORE – A Pagina 34 il bilancio finale dei click day. Sono arrivate 400mila domande per i 100mila posti del decreto flussi 2010. Molte richieste per i Paesi riservatari e per colf e badanti dalla Cina. Più spazio a Milano, Roma e Brescia per le prime 20mila quote. In controtendenza le conversioni: presentate solo 7mila domande su 11mila posti disponibili.

5 PER MILLE
AVVENIRE – Dichiarazione di Sacconi “il 5 per mille non è un’entrata fissa”. Lo ha detto al Forum del Terzo settore, dove si è chiesta ancora la stabilizzazione della misura. Lui: «Sarebbe cosa buona e giusta, fonte di salvezza per molte associazioni. Ma anche se fosse, va considerata un’eventualità. Quelle risorse devono essere intese come un dono, non sai quanto te ne arriva. E allora così va vissuto, per finanziare attività in più e non per coprire costi fissi». Perplesso il portavoce Olivero: «Non siamo abituati a lavorare per spot, ma per progettualità. E le organizzazioni serie sono in grado di convincere stabilmente i cittadini della bontà del loro lavoro sociale: sanno cioè su che risorse contare». (…) Olivero chiede a Sacconi che la “sintonia culturale del ministro col Forum” si traduca in atti concreti: «Finora i tagli sul sociale ci fanno capire che le posizioni del ministro del Welfare trovano grandi resistenze nel governo». Leonardo Becchetti, docente di economia cifra in “due miliardi in meno dal 2008 al 2011 il taglio sui fondi per le politiche sociali”.

BANCO ALIMENTARE
CORRIERE DELLA SERA – “Quei 318mila pasti salvati dalla discarica”, una bella pagina, la 25, dedicata dal quotidiano al progetto Siticibo del Banco alimentare, con le riflessioni del direttore Marco Lucchini. Molte infografiche sui prodotti alimentari che finiscono tra i rifiuti, sui cibi recuperati (78 mila 287 tonnellate di cibo raccolto nel 2009) . “Oggi nel solo capoluogo lombardo – scrive Rita Querzè – i furgoni del Banco prelevano ogni giorno dalle mense di aziende come Bayer, Edison, Pirelli, Siemens, Abb, oltre che in 92 scuole. Ne hanno tratto vantaggio numerosi enti caritatevoli che nel 2010 hanno potuto contare su 80 mila pasti gratis. Il Banco insomma ha cambiato la vita a molti”.

TERZO SETTORE
ITALIA OGGI – A pag 38 uno studio della Cisl fp dimostra che il terzo settore resta al riparo dalla crisi economia e occupazionale. Secondo il pezzo “Il terzo settore non conosce crisi”, «l’analisi dei bilanci del triennio 2007-2009 non lascia dubbi. A livello aggregato il valore della produzione è salito in tre anni da meno di 2,5 miliardi di euro fino a sfiorare i 3 miliardi». Lo studio della Cisl fp prende in considerazione società e cooperative suddivise in cinque classi di fatturato. Nella stessa pagina, un intervento “Lo sviluppo del welfare richiede tutele e buoni contratti” di Giovanni Faverin, Segretario Generale Cisl Fp, sulle potenzialità e criticità del non profit.

ABRUZZO
AVVENIRE – “Un campus per Giulia. Ma i cantieri si fermano”. «Giulio ed Angela Carnevale guardano ancora increduli il cartello di sequestro del campus dedicato alla figlia Giulia a Pizzoli, il Comune ad una ventina di chilometri dal capoluogo abruzzese. Vogliono raccontare proprio davanti a queste palazzine prefabbricate costruite a metà l’amarezza di vedere un progetto di solidarietà finito nel tritacarne delle leggi. Sembra passata un’eternità, e i loro volti ora segnati dalla stanchezza lo dimostrano, da quando il giorno del primo anniversario del terremoto mostrarono ad Avvenire prospetti e cantiere per quel campus della rinascita che stava per partire accanto al villaggio map di Onna. “L’unico modo per ricordare nostra figlia è fare qualcosa per tanti giovani fuori sede come lei – ripete ora mamma Angela –. Poter dare, grazie al nostro lavoro di costruttori, case antisismiche a prezzi contenuti ci sembra il modo migliore per aiutare questa città che Giulia tanto ha amato”.  (…) Raccontare oggi la strana storia del campus costruito dall’associazione Giulia Carnevale è un po’ come guardare un dramma nel teatro dell’assurdo. All’inizio, infatti, lo studentato doveva sorgere nel cuore del sisma, la frazione aquilana di Onna, su terreni concessi ad uso gratuito; nel giorno della memoria, il 6 aprile 2010, il sindaco Massimo Cialente aveva anche rassicurato in diretta tv i coniugi Carnevale che le autorizzazioni a costruire sarebbero arrivate di lì a breve. Ma alle parole non sono mai seguiti i fatti. “Non volevamo che il nostro dono finisse nel dimenticatoio – spiega Giulio – così abbiamo iniziato a chiedere ai Comuni limitrofi; abbiamo trovato a Pizzoli l’appoggio dell’amministrazione e proprietari disposti a concedere gratis i terreni”. E a giugno dal piccolo Comune sono arrivati i permessi a costruire (concessione n.20 del 01 giugno 2010 e delibera n.24 del 12 giugno 2010). “I primi studenti sono entrati negli alloggi a settembre – raccontano – altri 30 nelle settimane successive. Poi la doccia fredda”. L’8 ottobre, infatti, la Procura ha sequestrato in via cautelativa l’area di 8mila metri quadri per violazione di vincolo paesaggistico e indagato undici persone. A far scattare i sigilli un esposto di Italia Nostra per costruzione su un terreno alluvionabile, senza distanza di sicurezza dal fiume Aterno, in contrasto cioè con la legge Galasso».

ACI
LA REPUBBLICA – Inchiesta di Antonio Fraschilla: “Sprechi, liti e superbonus il club dell’automobile è diventato un carrozzone”. Nel 2010 bruciati 34 milioni, in perdita 57 sedi su 106. ciò nonostante le società controllate moltiplicano poltrone e stipendi d’oro. Nella delegazione di Milano, i posti spartiti fra la Brambilla (che ha sistemato il suo compagno) e La Russa jr. «Attueremo una rigorosa politica di bilancio. Ma niente dimissioni» dice Enrico Gelpi, presidente nazionale.

ISTRUZIONE 
IL MANIFESTO – Ha anche un piccolo richiamo in prima pagina l’allarme “analfabetismo” per gli studenti italiani lanciato dall’Ue. A pagina 5 l’articolo dal titolo «In Italia un quindicenne su cinque non sa leggere». Scrive Luca Fazio: «Senza sapere né leggere né scrivere, uno studente quindicenne su cinque in Italia è semianalfabeta. Tecnicamente, significa che il 21% dei ragazzini ha dimostrato di essere privo delle capacità fondamentali per leggere o scrivere un testo. Lo dicono i risultati dei test Ocse-Pisa pubblicati lo scorso dicembre che sono stati oggetto di studio della Commissione europea che ha appena convocato un gruppo di esperti indipendenti con l’obiettivo di “contribuire a risolvere il problema individuando metodi per migliorare i livelli di alfabetizzazione”. In tutta Europa però. Perché non è che gli adolescenti del vecchio continente – tranne poche eccezioni – abbiano dimostrato grandi capacità di scrittura e comprensione di un testo appena più complesso di una singola informazione. (…)» e aggiunge: «L’obiettivo del progetto Ue, entro il 2020, punta a ridurre a meno del 15% la percentuale di alunni che incontra difficoltà nella lettura, in matematica e nelle scienze. A fronte di un 21% di piccoli italiani semianalfabeti, che superano la media europea di un punto mezzo, ci sono paesi già in linea con l’obiettivo fissato dalla Ue (15,2%) e sono Danimarca, Olanda e Svezia – i campioni finlandesi sono già al di sotto del 10%. Quanto agli altri paesi europei, non è che altrove si registrino percentuali esaltanti: Francia 19,8%, Germania 18,5%, Inghilterra 18,4%, Spagna 19,6%, Portogallo 17,9%». Differenze anche interne all’Italia: «Dalla lettura dei test nostrani, tanto per complicare il quadro di un paese in stato di decomposizione, emerge anche una sostanziale differenza di risultati in base alla provenienza geografica. Gli studenti del nord ovest e del nord est si collocano al di sopra della media, mentre quelli del sud e delle isole molto al di sotto».

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