Non profit
Berlusconi va alla “video guerra”
Il premier attacca i pm, stanchezza e sconcerto sui giornali
Ci risiamo. Il braccio di ferro tra Berlusconi e la magistratura si arricchisce ogni giorno di proclami. Nuovo videomessaggio del premier, la maggioranza fa quadrato, Lega compresa, e la sensazione è che la palude politica si prolungherà per mesi. I giornali continuano a dedicare le prime pagine al caso Ruby e alle sue conseguenze.
- In rassegna stampa anche:
- CENSIMENTO
- DISOCCUPAZIONE
- DISABILI
- TUNISIA
- GRAN BRETAGNA
“Costituzione violata, punire quei pm” è il titolo a tutta pagina del CORRIERE DELLA SERA, nel catenaccio: “Berlusconi all’attacco, Casini: è una dichiarazione di guerra, adesso basta”. Il videomessaggio ai promotori della libertà è un attacco frontale ai magistrati: “Vogliono sovvertire il voto popolare”, con l’annuncio, ormai scontato, che non si presenterà in Procura a Milano “anche per non avallare l’illegittimità che denuncio”. Molti i commenti e le riflessioni sul più diffuso quotidiano italiano. Innanzitutto, in prima, l’editoriale di Aldo Cazzullo: “La misura perduta”. Un passo: “Preoccupa in particolare il fatto che il capo del governo non riesca a darsi nei comportamenti personali un profilo all’altezza dei suoi doveri istituzionali e anche della sua politica della famiglia, al centro quantomeno dei programmi elettorali”. E Cazzullo fa poi riferimento esplicito all’imbarazzo della Chiesa, e del mondo cattolico in generale. Luigi Ferrarella, invece, sempre partendo dalla prima, fa il punto: “Chi decide sulle inchieste”. Il commento prosegue a pagina 38: “Nel giro di poche ore, e nel vortice del violentissimo scontro accesosi attorno all’inchiesta che addebita a Silvio Berlusconi le ipotesi di reato di concussione e prostituzione minorile, si sono udite parole difficilmente conciliabili con le responsabilità istituzionali di chi le ha pronunciate”. Ovviamente, in questo quadro, sotto pressione c’è anche il presidente della Repubblica: “E il Colle teme un nuovo conflitto tra istituzioni” è il titolo del pezzo di Marzio Breda a pagina 3. Molti i servizi sulle indagini e sullo spaccato sociale che ne emerge. Interessante Goffredo Buccini a pagina 8: “I parenti (ambiziosi) delle ragazze di Arcore”, papà che spingono a farsi avanti, mamme e fratelli spavaldi: è l’Italia delle scorciatoie. Gianni Santucci riferisce a pagina 10: “Ruby: mai toccata dal premier. I miei zii mi violentarono a 9 anni”, show in lacrime da Signorini, nel programma “Kalispera”, ovviamente su Canale 5. Fiorenza Sarzanini continua il suo viaggio nelle intercettazioni, a pagina 11: “Fede e le feste ad Arcore «Lui stasera è pimpante, chiama le nostre vallette»”. Infine da segnalare la rubrica di Beppe Severgnini, “Italians”, a pagina 39: “Dopo il Ruby-cone tutto può succedere”. Un passo: “Posso sbagliarmi, ma ho l’impressione che le vicende di Arcore rappresentino una sorta di Rubicone (Ruby-cone?). Se lo superiamo, può succedere di tutto. No, non una deriva autoritaria (siamo troppo pigri, ormai, per queste cose). Diciamo la politica come pop-art: la fantasia al potere, ovviamente in abiti succinti. Cetto La Qualunque/Antonio Albanese s’è già espresso con chiarezza sul tema: «La realtà ci supera parecchiamente». Ai commentatori indipendenti, invece, che dire? Questo: insistere sulle forme, ignorando la sostanza, è un errore. I magistrati esagerano? Esorbitano, esondano, eccedono? Be’, a Londra e a Berlino non interessa se la competenza sia della Procura di Milano o di Monza. Vogliono sapere se un importante alleato vive come un satrapo del basso impero, tra baccanali e questuanti; oppure no. Non perché quei governi siano morali; ma perché certi comportamenti rendono l’alleato debole e ricattabile”.
“Berlusconi: questi pm vanno puniti”: per la sua apertura anche LA REPUBBLICA usa un virgolettato del videomessaggio del premier. Al quale dà ampio spazio. «Una difesa video nel suo stile», scrive Carmelo Lopapa, «costruito dunque in attacco». In effetti il premier non ha usato mezzi termini. “Il volto spietato del Sovrano trucca le carte e nega la verità” è il titolo dell’analisi di Giuseppe D’Avanzo: «il sovrano accusato di concussione e di aver fatto sesso con una minorenne non accetta di farsi processare. Esige di essere immune». Una risolutezza che «è la nascita di un potere postpolitico e neoautoritario. È postpolitico perché il processo del governare… è ormai del tutto separato e scisso dallo spettacolo mediatico… È un potere neoautoritario perché Berlusconi è stato esplicito: “la magistratura sarà punita”». Il video ha suscitato reazioni politiche molto nette. Per Casini si è trattato di una «dichiarazione di guerra». Il leader Udc, assieme a Fini e Rutelli, mettono nero su bianco il loro ultimatum: «il premier si dimetta oppure meglio tornare al voto per realizzare il cambiamento necessario e urgente». «Gli italiani sono sconcertati per la gravità delle accuse. E il loro sconcerto è legittimo» aggiunge il presidente della Camera. Molto critico anche Bersani: «noi non chiediamo elezioni anticipate, non le temiamo ma non togliamo a Berlusconi le castagne dal fuoco. È lui che deve levare dall’imbarazzo se stesso e il Paese, vada dai giudici da dimissionario e poi si rimetta alle decisioni del capo dello Stato». Quanto ai commenti, Guido Crainz scrive “Dov’è finita la vergogna”. «È inevitabile pensare ai primi anni Novanta e al crollo della Prima repubblica. Quel crollo fu accelerato e non frenato dal tentativo parlamentare di salvare Bettino Craxi e dal vasto sussulto di indignazione collettiva che suscitò: in caso di “assoluzione parlamentare” del Cavaliere sembra difficile prevedere oggi qualcosa di simile a quella mobilitazione».
Undici pagine, compresa la prima che all’80 per cento è dedicata al caso Ruby e affini. A tanto ammonta lo spazio dedicato da IL GIORNALE alla questione. Il quotidiano di famiglia mette in piedi un vero e proprio fuoco di sbarramento in difesa del premier. Le firme non mancano e nemmeno gli accenti da “su forza, ragazzi, i bolscevichi non l’avranno vinta!”. Alessandro Sallusti firma l’editoriale-confetto rispondendo a un lettore-elettore-pdl che si dice berlusconiano e che si chiede se non sia meglio dimettersi e sbugiardare i giudici nelle aule di tribunale. Suffragato da un Vittorio Sgarbi d’antan, il direttore de IL GIORNALE parla di doppia morale e scrive rivolgendosi al lettore: «Lei forse non sa, ma glielo raccontiamo oggi, che i due giornali più indignati per le frequentazioni con ragazze di dubbia moralità, il Corriere della Sera e Repubblica, sfruttano la prostituzione (nessuno può escludere se minorile o no) pubblicando a pagamento annunci nei quali giovani escort si offrono ai lettori». Di che cosa ci scandalizziamo, insomma? Per la carica istituzionale? Che un B. qualsiasi ricopre e che gli suggerirebbe comportamenti più consoni? Continua il racconto: Ruby è ospite di Signorini nella sua neotrasmissione melodica e fa il verso a un’Italia dei furbi, dello spettacolo: lacrime, promesse di milioni in cambio di silenzio, spergiuri, le intercettazioni si mischiano alla realtà in onda, al fiume di tesi e controtesi che si susseguono sui giornali. Un alpino (un altro) muore, ma passa, ci si dimentica. “L’odio anti-Cav esce dalle gabbie” scrive Alessandro Gnocchi. Eccola, una nuova metafora, una nuova prova del teorema, dopo gli annunci hot presenti sui giornali che comproverebbero lo spostamento del premier sul piano del reale e i suoi nemici, vecchi nostalgici di ideologie cadute sotto i colpi della Perestroika come la decenza, il buon senso e il buon gusto, ancora lì a reclamare un mondo che non esiste, per cui tanto varrebbe arrendersi allo sfascio morale. Dopo tutto ciò, ecco dunque la maestria epistemologica di Gnocchi: «Sapete perché il film «Vallanzasca» di Michele Placido ha causato polemiche? Perché trasforma in eroe un assassino? Sbagliato. Il vero motivo lo spiega Boris Sollazzo su Film Tv, al termine della sua recensione: «Perché allora il film dà fastidio? Forse (…) perché René era un milanese di successo assetato di donne, denaro e fama? Vi ricorda qualcuno? Uno più basso, più brutto, più ricco, meno ero(t)ico». Oibò, non ci avevamo pensato. Tutto torna, quindi, tutto si tiene: e tutto congiura contro il signor B, contro cui ciò che si muove, potente, carsica, articolata nei poteri di un tempo: l’invidia. Nientedimeno che l’invidia. E allora andiamo su pagina 2 e 3: “non è il momento di mollare Silvio”, in piede il messaggio del Cavaliere e ancora, “Nasce il gruppo dei Responsabili. Venti deputati in più col governo”. L’impianto di difesa e di rassicurazioni è servito. E il Terzo polo con la loro noiosa richiesta di dimissioni per colpe di cui qualsiasi – e dico qualsiasi – italiano medio si macchierebbe? Relegato a pagina 4, schiacciato fra due mega pubblicità con tette al vento. Ironia non voluta? Forse. Intanto a pagina 7 la conferma: ce l’hanno con B., non è colpa sua se tutti lo vogliono per abusare della sua generosità: “Quelle famiglie che spingono le ragazze ad Arcore”: «Fa orrore la complicità di certi padri, di certi fratelli, di certe madri. Fa orrore questo agghiacciante «sostegno famigliare», questa ingordigia piccolo borghese, offesa dalle abbondanze altrui e disposta a tutto pur di colmare il solco segnato dall’ingiustizia. Nelle intercettazioni e nei commenti sul caso Papi, il vero caso sono i padri. «Mia figlia la fidanzata del premier? Magari» sogghignava al telefono con un cronista Gino Bonasia, il padre di quella Roberta che per qualche ora è stata in cima alla lista del toto-fidanzata di Silvio Berlusconi». Si passa al contrattacco a pagina 8 e 9. “«I magistrati volevano farmi firmare il falso. Ma mi sono ribellata»” parole di Sabina Began – estranea all’inchiesta della procura di Milano, precisano su IL GIORNALE (e allora che c’entra?) – è lei la donna con cui Berlusconi ha detto di avere uno «stabile rapporto d’affetto»? Sabina Began non risponde («Non lo so, dipende da che cosa si intende per compagna») ma manifesta grande attaccamento al premier: «Ho organizzato spesso queste feste per farlo divertire, perché è una persona anche sola ma davvero bella, tutti lo descrivono come un mostro ma trovo sia una cosa ingiusta, è sempre il presidente del Consiglio. Non ci sono prove per dire che sia un mostro. Le orge sono una cosa inventata, completamente assurda, non esiste nulla di quello che si legge in questi giorni sui giornali. Voi italiani siete malati di sesso, altrimenti non scrivereste tutte queste cose». Il bunga bunga? «È un codice tra me e Silvio, sono io il bunga bunga perché mi ritengo quasi una scimmia, voi non sapete che cosa posso fare…». Dobbiamo continuare? Affondo di Stefano Zurlo sulla magistratura sulla stessa pagina che, ca va sans dire, userebbe il contagocce per logorare il signor B.. Ultimo attacco riservato a Floris e Severgnini, il primo reo di non aver accettato la telefonata di Berlusconi in trasmissione, e il secondo di aver levato il disturbo durante Matrix, su Canale 5, dopo aver ascoltato il servizio del vicedirettore Alessandro Banfi che parlava di accanimento dei giudici sul premier. La chiusa, pagina 10 e 11, torna (?) sulle prove che – dice IL GIORNALE – non provano nulla: dove si discetta su cosa sia reato o cosa no, se sia l’atto, la palpata, o il semplice invito a casa propria; e si fanno le pulci a questa e quella intercettazione, male interpretata o più ferocemente copiata volutamente male, attribuita ad altri pro domo sua. Colpo di coda, il buon Angiolino, detto Alfano, noto come il ministro della giustizia a pagina 11: “La persecuzione al premier rallenta la giustizia penale”. Insomma, non disturbate il manovratore. E che diamine.
Come fotogrammi di una pellicola. Così IL MANIFESTO sceglie di presentare visivamente il video messaggio di Berlusconi sovrastato da un titolo molto esplicito «Videoporno». «Controffensiva mediatica del bunga-bunga. Ruby e Berlusconi in tv, lei a Canale5 dallo spin-doctor Signorini, lui in un videomessaggio alle truppe della Brambilla: “Vogliono sovvertire il voto, bisogna punire quei pm”. Bossi lo sostiene. Intanto in parlamento slitta l’esame delle carte inviate dai magistrati di Milano. Il terzo polo incalza: o se ne va o elezioni. Sit-in di protesta delle donne del Pd» è il riassunto dei temi che vengono sviluppati nelle pagine dalle 2 alla 4. Sempre in prima inizia l’articolo di Marco Giusti «Il cine berluscone» dove si legge: «(…) Anche se tutti noi, come ha dichiarato la stessa Ruby a Kalispera!, avremmo voluto una vita parallela, dove però non sentir parlare almeno per un giorno di bunga bunga e delle scopate di Berlusconi, va detto che era da anni che non ci divertivamo così tanto a seguire tutte le storie legate al Rubygate al bunga bunga connection. (…) È il trionfo della commedia all’italiana, a livelli di cinismo e di immoralità che né Risi né Monicelli si sarebbero mai sognati. E a livelli di comicità che nessun Checco Zalone e nessun Cetto La Qualunque possono eguagliare. E non si capisce perché il nostro pubblico vada al cinema a ridere di un’Italia che non esiste (…), quando quella della realtà è molto più comica e grottesca (…)» e continua: «(…) a Ballarò due giorni fa, con il Rubygate già nel suo massimo apice, Bocchino rimaneva il più vispo della compagnia a prendere per il culo Berlusconi con la geniale battuta sulla generosità del premier (“mai per anziane senza tette”). È proprio dopo aver visto il disastro della sua squadra a Ballarò, con un ministro Alfano senza parole e l’apparizione dell’incredibile onorevole Bernini, vestita e truccatissima come una qualsiasi Nicole Minetti, che Berlusconi ha cercato inutilmente di prendere la parola con la solita telefonata furbacchiona (Floris lo ha rimandato alla puntata dedicata all’Aquila, dove non interverrà mai). La vera risposta politica Berlusconi e Signorini l’hanno giocata con Kalispera!, che riunisce tutto il Berlusconi-pensiero, dalla tv gaia anni Ottanta al Costanzo Show, gettando in campo lì la povera Ruby, già un misto di puttana santa e di Belen marocchina pronta per Tim, Wind, Tre e qualsiasi altra telepromozione (…)». Un altro commento che inizia in prima pagina e prosegue poi a pagina 4 è quello di Marco Mancassola «Paranoia senza fine» che scrive: «(…) Berlusconi sembra pensare a se stesso come a una grande figura tragica e nietzscheana, peccato che la sua orgia non abbia nulla di liberatorio, nulla del senso ancestrale del dionisiaco: è pura paranoia tecnica. La paranoia di un anziano dittatore che spia con smania verso la vertigine più indicibile, la possibilità della perdita del potere e della morte – due cose che per uomini come lui vanno spesso insieme. (…) Come in un romanzo di Brett Easton Ellis, privo però di glamour, l’uomo fluttua in un limbo fatto di orgette, lap-dance, luci basse, teatrini finto-lesbo, senso di irrealtà, telecamere, studi televisivi, sessioni di trucco, riunioni dei ministri dove lui si addormenta, scivolando in chissà quali allucinazioni. Tutto senza soluzione di continuità. Un lungo effetto onirico dove gli elettori, non soltanto le minorenni dei festini, non possono che diventare comparse tra le comparse, fantasmi tra i fantasmi, oggetti da gestire, da solleticare o da consumare. Berlusconi ha dedicato la vita a forgiare i suoi stessi oggetti di consumo: ha forgiato con la televisione i suoi elettori, e l’estetica dei corpi delle ragazzine-letterine che oggi divora. Il suo disturbo narcisistico è diventato un delirio grande quanto un paese. Lui è il Titanic e intende affondare con noi dentro (…)».
La politica finisce nella prima del SOLE 24 ORE in uno strillo in alto “Berlusconi: principi costituzionali violati. Dai pm violenza inaudita, vanno puniti”. I servizi a pagina 24-25 con il commento di Stefano Folli dal titolo “La risposta del premier è un no alle richieste di Napolitano”: «Berlusconi si sente sfidato dalla magistratura e risponde alzando il livello dello scontro. Dal castello in cui è arroccato risponde alla procura con colpi di artiglieria pesante. Per certi aspetti, lo scenario peggiore. Soprattutto perché il messaggio contiene una risposta implicita a Giorgio Napolitano, che aveva chiesto di chiarire la vicenda nelle sedi proprie, in primo luogo quella giudiziaria. E la risposta è un “no”. (…) Allo stato delle cose la paralisi è totale e c’è da aspettarsi il peggio nel prossimo futuro, quanto a veleni e lacerazioni. Il discorso di Berlusconi, anzi, è sembrato a molti una piattaforma elettorale. Perché è vero che il premier è ufficialmente contrario alle elezioni, ma è evidente che il suo primo obiettivo consiste nel tener viva l’opinione pubblica che gli è favorevole. Senza dare segni di debolezza». In taglio basso un’analisi di Carlo Marroni sul mondo cattolico “Cala il consenso delle gerarchie. Il patto del 2008 perde i pezzi”: «Il berlusconismo perde pezzi tra i fedeli. Ma soprattutto tra le gerarchie ecclesiastiche, che fino a poco tempo fa erano in buona parte schierate con il Cavaliere. Il picco massimo fu raggiunto tra il 2005 e il 2007 – anni d’oro dell’era del cardinale Camillo Ruini – a cavallo tra il fallito referendum sulla procreazione e il Family Day. Erano gli anni in cui la maggioranza delle porpore a causa dei Dico non dette tregua al cattolico adulto Romano Prodi, che resta l’unico leader politico di statura nazionale che va in chiesa sul serio. Rivinte dal centrodestra nel 2008 le elezioni grazie anche all’appoggio delle gerarchie e garantita la messa in sicurezza da ogni deriva laicista – dal testamento biologico alle coppie di fatto – il mondo cattolico nel suo insieme ha dovuto fare i conti con gli scandali, veri o presunti, ma sicuramente mediatici. (…) sta crescendo la schiera di prelati di territorio che è favorevole ad una “transizione morbida” dell’attuale assetto, magari sempre dentro il centrodestra. (…) Sempre vicino al premier c’è Cl, il più grande e forte movimento dentro la Chiesa, che esprime esponenti del centrodestra come Roberto Formigoni, Mario Mauro e Maurizio Lupi (che comunque ha fatto sapere che lui ha un altro stile di vita). Si infoltisce invece il gruppone dei critici, sia tra l’episcopato che tra i movimenti: è emblematico che un esponente di primo piano dei Focolarini – solitamente molto prudenti in faccende di politica interna – abbia parlato di «sconcerto» per le vicende in corso. Naturalmente non ci sono prese di posizione ufficiali, ma l’umore che circola nell’ambiente è pesante anche in altre realtà».
Approccio revival da parte di ITALIA OGGI. Nel pezzo “Il Cav fa tornare di moda i film trash degli anni 70 con Alvaro Vitali“ «la lotta politica di Futuro e Libertà contro il premier ora pesca anche la filmografia degli anni settanta». Ecco dunque tornare di moda film come “La soldatessa alla visita militare”, “Il Vizietto”, “La liceale seduce i professori”. Facendo un paragone con le sceneggiature di quei film e le sceneggiate mediatiche -politiche di oggi, il pezzo sostiene che «gli equivoci e di doppi sensi si sprecano, come nei commenti alle attuali cronache». Alvaro Vitali anche nel pezzo “Il caso Ruby Rubacuori infilza persino Veltroni”. L’ex sindaco di Roma, è infatti una vittima collaterale della vicenda Ruby. Le polemiche sulla ragazza marocchina stanno togliendo visibilità al dibattito sul referendum sulla Fiat che Veltroni pensava di approfondire proprio al Lingotto di Torino il prossimo fine settimana, un’occasione importante «per vedere che cosa rimaneva valido della sua idea del partito a vocazione maggioritaria che era stata lanciata, nello stesso luogo e dello stesso leader politico, ma dieci anni fa, nel 2000». Invece, specula l’autore del pezzo Pierluigi Magnaschi «c’è da scommettere che sarà (il dibattito sul referendum) in gran parte oscurato dalle intercettazioni sulle utenze delle amiche e degli amici di Berlusconi». Pare «conclude Magnaschi «che l’unico dibattito oggi possibile in Italia sia quello del buco della serratura. Ha vinto l’ideologia di Alvaro Vitali».
AVVENIRE apre ancora sul caso Ruby con il titolo “Al livello di guardia”. Dopo il videomessaggio del premier che ha accusato i pm di aver violato la Costituzione fioccano le reazioni e la tensione è altissima. Udc, Api e Fli incalzano: il premier vada dai pm o si dimetta. Casini dice «basta alle dichiarazioni di guerra» e Fini dichiara: «Gli italiani sono sconcertati dalle accuse ed è legittimo essere preoccupati. Berlusconi è l’unico a divertirsi con questa storia. Io non capisco cosa ci sia da ridere”. Sul fronte della Lega invece Bossi si schiera con il premier e parla di “massacro”, mentre Calderoli cala sul tavolo le ultime carte nella speranza di sbloccare la partita del federalismo municipale, che rischia di restare incagliata nelle pieghe del caso Berlusconi-Ruby e dichiara: «Se non si realizza il federalismo, vuol dire che non ci sono le condizioni per le riforme e politicamnte la legislatura non ha più senso». «Il Cavaliere», scrive AVVENIRE «arriva a sfiduciare i suoi “persecutori”: “Io ci andrei subito dai giudici – ripete più volte -, ma non da questi pm, che fanno lotta politica”. Il che vuol dire che non accetterà l’invito a comparire della procura meneghina. Ma ora sente di potersi spingere anche oltre, mettendo mano a quella riforma completa della giustizia sempre agognata e mai realizzata fino in fondo, di recente per l’interposizione di Fini. Non è un caso se, mentre Eugenia Roccella evocava Tangentopoli parlando dell’attacco dei pm come dell’ultimo atto di quella vicenda, ieri Gaetano Quagliariello ha lanciato un appello per approvare il ddl bipartisan sull’immunità». A Montecitorio l’esame delle 389 pagine trasmesse dalla Procura di Milano è slittato a martedì prossimo per una seduta “straordinaria” dell’organismo che di solito si riunisce il mercoledì e la decisione è prevista “entro una decina di giorni”. Il Pdl punta al trasferimento al Tribunale dei ministri.
LA STAMPA dedica pressochè l’intera prima pagina, dal titolo Berlusconi: punire quei pm”, alle disavventure del Premier. Da segnalare il box di Massimo Gramellini, “La buccia del chinotto”, oggi molto ispirato. «Un amico sorride amaro: “Non farti illusioni, potenzialmente siamo tutti come lui e la sua corte: trombare e fare soldi, interessati solo ai bisogni primari, ai chakra bassi, per dirla alla maniera di voi che meditate e fate yoga. Sì, qualche disturbato che sogna con un romanzo o va in estasi per una notte d’amore sotto le stelle esisterà pure, ma è la buccia del chinotto: scorza sottile, percentuale insignificante”. Davvero? Davvero la maggioranza dei giovani assomiglia a quel tipo che incita sua sorella a infilarsi nel letto di un anziano miliardario, “così ci sistemiamo”? Davvero il mondo contemporaneo si divide fra padri padroni, disposti a uccidere le figlie che osano ribellarsi, e padri ruffiani che nelle intercettazioni le incitano a sgomitare perché “le altre ti sono passate davanti, svegliati!”. Sarò un ingenuo, eppure vedo ancora in giro della dignità, anche in tanti poveri che una busta di 5000 euro l’hanno magari sognata, ma non la vorrebbero trovare nella borsa della figlia a quelle condizioni. Vedo donne e uomini pieni di vizi, ma che non invidiano lo stile di vita dei crapuloni e sognano di invecchiare con una persona amata al fianco e la musica di Mozart nelle orecchie. E quando, come ieri, alcuni lettori telefonano al giornale per segnalare che una luna mai così arancione è spuntata fra le colline e mi arriva sul tavolo la raccolta di poesie di una ragazza timida, allora penso che non è finita. Che la buccia del chinotto è più spessa di tutto il gas che le sta esplodendo intorno, in un enorme rutto di niente». L’editoriale invece è a cura di Luigi La Spina che titola “Il suo destino non è quello del Paese”. «Il videomessaggio con il quale il presidente del Consiglio ha comunicato agli italiani la decisione di non presentarsi alla procura di Milano e la volontà di varare una legge per punire quei pm che lo accusano annuncia, purtroppo, una linea di difesa inquietante. Destinata ad aggravare sia lo stato di turbamento del Paese, sia l’immagine di discredito internazionale che, in questi giorni, si sta riversando sull’Italia» scrive La Spina. «Berlusconi ha lanciato un appello drammatico alla maggioranza che lo ha eletto perché, in maniera compatta, unisca il destino della nazione al suo destino personale», aggiunge, «senza comprendere che l’istituzione che presiede, il governo della Repubblica, deve rappresentare non solo coloro che l’hanno votato, ma tutti gli italiani. Ecco perché la sua sfida alla magistratura, in nome del consenso popolare, rischia di aver gravi conseguenze sull’ordinamento e sull’equilibrio dei poteri dello Stato, fondamenti della nostra democrazia». Il giornalista sottolinea anche che «la seconda ragione dell’insostenibilità della tesi che in questi giorni viene ripetuta dai fan di Berlusconi, senza un minimo di riflessione, riguarda proprio il fatto che il presidente del Consiglio non è, appunto, un comune cittadino italiano, ma rappresenta una delle più alte cariche dello Stato. La nostra Costituzione, come quelle di tutti i Paesi non retti da una dittatura, impone una trasparenza, una dignità di comportamenti, anche personali, che non sono richiesti a coloro che non hanno i doveri dell’uomo pubblico». Dunque, conclude La Spina «è arrivato il momento che anche Berlusconi, dopo quasi vent’anni, possa distinguere la sorte della sua fortuna di imprenditore, di politico, persino di uomo di grande successo mediatico e di sicuro carisma personale, da quella del suo Paese. Lui, nonostante una notevole considerazione di sé, non si può paragonare a Sansone e gli italiani non possono fare la fine dei filistei». Il resto dello spazio è dedicato alla cronaca dell’intervento presidenziale in televisione e alle reazioni che ha suscitato. Proprio sulla risposta della politica scrive Massimiliano Pananari in “L’egemonia della realtà televisiva”. Dopo aver riassunto l’escalation della reazione berlusconiana («Il videomessaggio di ieri sera, nel quale Silvio Berlusconi tuona contro i pm, conclude un trittico mediatico iniziato con le dichiarazioni di Sabina Began a Sky e con l’intervista di Ruby a un programma – e che programma – di Canale 5»), il giornalista sottolinea si chiede «in tutto questo, la politica dov’è finita? Dal tutto è politica al privato è pubblico, siamo arrivati alla coincidenza totale di pubblico, privato e politica, a quel regno indistinto in cui tutti gli ambiti si confondono e distinguere tra piani diversi risulta assai difficoltoso. E la realtà viene così sostituita dall’iperrealtà, all’insegna di un gran casino postmoderno e di un impressionante cortocircuito mediatico. È la società dello spettacolo integrato, come la chiamava Guy Debord, che ha preso il sopravvento, e anche la mano a tanti. Ma non si pensi che è tutto un caso. È, invece, un altro capitolo della storia dell’egemonia sottoculturale che ha prosperato irresistibilmente in questi nostri anni, dove, per una certa opinione pubblica, un calciatore o una velina sono interscambiabili con un politico o con un conduttore di telegiornali. Un po’ come accadeva ai tempi delle figurine Panini; o, per meglio dire, e rimanendo in tema, di quelle dei santi più amati dai nostri connazionali distribuite, qualche tempo fa, proprio dalle riviste del super spin doctor Alfonso Signorini…».
E inoltre sui giornali di oggi:
CENSIMENTO
AVVENIRE – “L’Italia si riconta: stavolta online” è il titolo della fotonotizia che richiama il Primo Piano di pagina 7 sul 15° censimento della popolazione italiana. Ufficialmente comincerà il 9 ottobre, ma la macchina è già avviata secondo i metodi stabiliti dall’Unione Europea. Il censimento si basa su numerose a innovazioni: web, posta e ruolo più attivo dei Comuni. La fine delle operazioni è prevista per febbraio 2012. I risultati previsti a fine marzo.
DISOCCUPAZIONE
LA REPUBBLICA – L’Istat ha fornito i dati sulla condizione del lavoro. Un giovane su cinque non lavora né studia; una donna su due ha rinunciato a cercare un impiego. Sono più di due milioni i giovani, fra i 15 e i 29 anni, che non fanno niente. Un dato cui va aggiunta la disoccupazione giovanile ormai al 25,4%. come se non bastasse il tasso di inattività delle donne è al 48,9%. il commento è di Chiara Saraceno e ha un titolo eloquente: “Fotografia di un paese scoraggiato”.
DISABILI
AVVENIRE – A pagina 6 un’inchiesta sull’integrazione dei bambini disabili nella scuola dell’obbligo. Si tratta di 130mila alunni tra elementari e medie inferiori. L’Istat fotografa una situazione con molte ombre (il 20% delle scuole non ha ancora le scale a norma e il 30% ha barriere architettoniche) ma anche qualche luce, come le postazioni informatiche per disabili presenti nel 68,72% delle elementari. Intervista a Massimo Guerreschi de “La Nostra Famiglia” sul ruolo degli insegnanti di sostegno: «solo il 70% ha la qualifica, il resto sono precari o perdenti posto riciclati». Il taglio basso è dedicato al caso di Trento, la provincia italiana più attenta al problema, dove la prima legge risale al 1991.
TUNISIA
IL MANIFESTO – È dedicata alla Tunisia l’apertura di pagina 8 che dà conto degli sviluppi nel paese mediterraneo «Rottura totale con il passato» è il titolo che riprende le parole del presidente Foued Mebazaa. Si parla anche dell’apertura di un’inchiesta per recuperare i conti all’estero di Ben Alì e della liberazione di circa 800 prigionieri politici. «Ma il popolo tunisino non si accontenta del recupero dei beni usurpati e della liberazione dei prigionieri politici, vuole anche la condanna di coloro che hanno maltrattato, represso e torturato gli oppositori». Viene intervistata Radhia Nasraoui, un’avvocata che ha sempre difeso tutti i dissidenti sotto processo e che ora si appresta a difendere le vittime del passato regime che alla domanda sul perché non pensano a un tribunale internazionale come fatto dalle vittime di dittature di altri paesi risponde: «Non l’abbiamo ancora discusso, non ci aspettavamo una partenza di Ben Ali così improvvisa, ma io preferisco che i processi si tengano in Tunisia, è meglio per i tunisini che siano i nostri magistrati a giudicare chi li ha torturati, repressi, chi ha saccheggiato i loro beni».
GRAN BRETAGNA
IL SOLE 24 ORE – “Londra cancella le Asl. Gestione ai medici di base”. « Il punto è che sia la medicina sul territorio (i medici di base), sia gli ospedali, sia le strutture amministrative di supporto, cambiano pelle. L’80% del budget del Nhs sarà assegnato ai medici di base che si uniranno in 500 consorzi e provvederanno a organizzare, prescrivere, gestire i servizi per i pazienti. Si rivolgeranno a quelli che oggi sono uffici pubblici, a privati, al terzo settore, liberamente. I pazienti potranno fare shopping trovando le combinazioni più convenienti. (…) La gestione diretta dei fondi coincide, infatti, con la cancellazione di 151 enti di gestione e 10 istituti di supervisione sugli standard sanitari. Come dire: l’intermediazione di quello che è vagamente assimilabile alle Asl verrebbe meno. Saranno i medici riuniti in consorzio ad assumere eventualmente il personale amministrativo necessario. Simile l’operazione sul cotè ospedaliero. Tutte le strutture saranno trasformate in fondazione – oggi per volontà di Tony Blair lo sono solamente alcune – e offriranno servizi a quei medici di base che li ricercheranno per i propri pazienti. Ma non solo. Potranno competere con le strutture private, principio ora non previsto in Inghilterra. In teoria, ma il punto è controverso, potrebbero anche fallire (…) La sensazione è che la svolta sulla sanità sia troppo radicale anche per la Big Society che sogna Cameron. L’establishment del paese sulle colonne dell’editoriale del Financial Times lo ha lasciato intendere. “Introdurre elementi di concorrenza nella sanità è cosa giusta, ma passare da un sistema di Nhs gestito, a qualcosa di simile a un mercato regolamentato è una scommessa politica enorme”. C’è già chi lo paragona alla poll tax, ovvero al balzello comunale introdotto dai Tory alla fine degli anni Ottanta e che diede a Margaret Thatcher la spallata finale quando già volgeva al crepuscolo della sua vita politica. Troppo presto per David Cameron, ma a sentirla come è stata descritta ieri, la riforma della Sanità pare una mano ad alto rischio. Politico, ma non solo. Smantellare la struttura amministrativa esistente e sostituirla con qualcosa di assolutamente nuovo e mai provato per avere tutto a regime in tre anni ha i contorni di un azzardo».
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