Economia

L’etichetta d’origine è legge

Approvata dalla commissione Agricoltura della Camera la normativa che tutela la qualità dei prodotti alimentari

di Redazione

Dopo i casi delle mozzarelle blu e delle uova alla diossina, finalmente arriva in tavola la trasparenza. Dopo più di due anni (molti di più, per la “battaglia trasparenza in tavola” delle organizzazioni agricole) e un percorso accelerato “bipartisan”, la Commissione Agricoltura della Camera ha inftti dato oggi il via libera alla legge “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, con ripercussioni importanti nel mercato interno ed europeo (sempre che l’Unione Europea, competente in materia, non si opponga).

Sono 7 gli articoli della nuova normativa, con il fulcro nel numero 4 che stabilisce l’obbligo di “riportare nell’etichettatura l’indicazione del luogo di origine o provenienza (anche nella pubblicità, articolo 5) e dell’uso di Ogm in qualunque fase della catena alimentare” per i prodotti alimentari “trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati”. Origine in etichetta, dunque, per le carni che non l’avevano (suini, ovini e conigli), latte a lunga conservazione, frutta e verdura trasformate. Rafforzate le sanzioni e la salvaguardia delle produzioni a denominazione (articolo 2), italiane (articolo 3), e della produzione e commercio dei mangimi (articolo 6), con sanzioni amministrative fino a 66.000 euro.

La nuova legge salva Made in Italy è una buona notizia non solo per chi si occupa del settore agroalimentare ma per tutta l’economia, come ha sottolineato la Coldiretti in una nota. «Si conclude un iter che ha visto oltre 10 anni di impegno della Coldiretti assieme alle associazioni dei consumatori», ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, in occasione della seduta della Commissione Agricoltura della Camera per l’approvazione definitiva della legge. 

Soddisfazione anche da parte del Codacons: «Si tratta – spiega il  presidente dell’associazione dei consumatori, Carlo Rienzi – di una battaglia che ha visto il pieno appoggio dei consumatori. Da anni chiedevamo una maggiore trasparenza per combattere le truffe alimentari che rappresentano un danno per i consumatori e per gli agricoltori italiani». Grazie a questo provvedimento, rileva Rienzi, ‘«i cittadini saranno più tutelati e potranno acquistare consapevolmente, senza temere inganni e raggiri, e senza più il rischio di comperare prodotti alimentari tipici italiani realizzati con materie prime cinesi».

Il risultato più importante della nuova normativa riguarda lo stop al Made in Italy alimentare taroccato. Attualmente, circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, in quanto la legislazione, sino ad oggi, lo consentiva, nonostante in realtà esse potessero provenire da qualsiasi punto del pianeta.

L’articolo centrale è il numero 4 sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Per assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, nonché al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari, diventa obbligatorio, nei limiti e secondo le procedure stabilite, riportare nell’etichettatura dei prodotti l’indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione europea, dell’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm) in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale. Entro sessanta giorni dall’approvazione della legge dovranno ora essere emanati decreti interministeriali da parte del ministero dello Sviluppo economico e di quello delle Politiche agricole per definite le modalità per l’indicazione obbligatoria. E chi immette in commercio prodotti privi dell’indicazione d’origine rischia una sanzione fino a 9.500 euro.

La legge sottolinea anche all’articolo 5 che le informazioni relative al luogo di origine o di provenienza delle stesse materie prime sono necessarie per non indurre in errore il consumatore medio e l’omissione delle stesse costituisce pratica commerciale ingannevole. In questo modo si assicura lo stop alle pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti per quanto riguarda la reale origine geografica degli ingredienti utilizzati. Secondo il testo, «l’origine degli alimenti dovrà essere prevista obbligatoriamente in etichetta e non potrà essere omessa anche nella comunicazione commerciale, per non indurre in errore il consumatore» Niente più pubblicità al succo di arancia con le immagini della Sicilia se viene utilizzato quello proveniente dal Brasile, come purtroppo spesso avviene. O ancora, niente pubblicità alla mozzarelle con le immagini del Golfo di Napoli se provengono dalla Germania come è successo per quella diventata blu.

All’articolo 2 della legge si introduce poi il divieto di inserire il nome di formaggi Dop nell’etichetta delle miscele di formaggi. Il nome potrà comparire solo tra gli ingredienti e a patto che la presenza di formaggio Dop non sia inferiore al 20% della miscela. Infine la legge contiene anche altri provvedimenti che vanno dalla promozione di contratti di filiera e di distretto a livello nazionale all’istituzione di un Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, fino all’introduzione dell’obbligo per gli allevatori di bufala di rilevare il latte prodotto giornalmente per assicurare la piena trasparenza ai consumatori.


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