Cultura

La protesta del rapper Malek

E' la colonna sonora degli scontri, che rimbalza da internet sulle strade come quella di Malek Khemiri

di Redazione

Malek Khemiri non è un avversario politico, né un sindacalista. E’ un rapper. In un paese come la Tunisia che ha conosciuto da metà di dicembre ad oggi una protesta sociale senza precedenti, il rapper sembra essere diventato però il pericolo numero da parte del regime.

«Il rap è la voce dei giovani tunisini», confessa Khemiri. Un “rap cosciente” lo chiama, che porta sul palco e su Internet grazie alla sua band Armada Biserta, nel nord della Tunisia. Uno stile musicale molto popolare tra i giovani e ben radicato nel paese, il rap è di per sé una forma di protesta, sottolinea il cantante e studente di 23 anni. In onda su reti sociali come Facebook, questa musica è condivisa, diffusa, distribuita eludendo i canali ufficiali.

Al bisogno di esprimersi, Malek, oppone la “cultura della paura” che è «incrostata sotto la pelle dei tunisini» e aggiunge «Non si parla di politica nei bar», dice il giovane rapper. Nessuna politica nei caffè o nelle canzoni del suo gruppo, per paura di ritorsioni: «Io non sono contro il sistema, ma io sono contro l’oppressione».

Ma dopo 17 dicembre Malek non ce l’ha fatta più e ha scritto una canzone per ricordare il giovane fruttivendolo che si è dato alle fiamme per protesta. Un incidente che ha seminto rabbia nella popolazione e dato il là agli scontri di piazza. Nella canzone, dal titolo “La musica della Rivoluzione”, la band rievoca in arabo «la pessima situazione economica», l’«atmosfera elettrica» e insinua in inglese: «Amico, non ti fermare, lotta per i diritti. Non si fermano, e si può vedere la luce».

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