Non profit

Formigoni: «L’abbaglio del Tar»

«Anche i ginecologi abortisti d'accordo con le nostre Linee guida bocciate dai giudici»

di Marina Moioli

«Il buon senso ha suggerito ai nostri ginecologi di non intervenire mai dopo le 22 settimane e tre giorni. Il Tar con la sua sentenza ha preso un abbaglio». Roberto Formigoni, governatore della Regione Lombardia, in un’intervista a Vita.it replica alla sentenza dei giudici amministrativi, secondo i quali il limite previsto dalle Linee Guida approvate nel 2008 contrasterebbe con quanto prescritto dalla legge 194 sull’interruzione di gravidanza. Il Tar della Lombardia, a cui erano ricorsi 8 medici sostenuti dalla CGIL, ha bocciato la delibera che rendeva di fatto più restrittive le norme sull’aborto perché è “del tutto illogico permettere che in materia così sensibile” le discipline siano diverse da regione a regione.

Presidente, cosa risponde alle obiezioni sollevate dal TAR?

«Sono protocolli già assunti da tutti i nostri ospedali e da tutti i nostri ginecologi. Perché si tratta di protocolli assunti sulla base dell’evidenza scientifica e su norme di buon senso. L’evidenza scientifica dice oggi che dopo la ventiduesima settimana il feto è normalmente vitale e quindi evidentemente deve essere salvaguardato in vita. Questo lo stabilisce anche la 194. Per cui il buon senso ha suggerito ai nostri ginecologi di non intervenire mai dopo le 22 settimane e tre giorni. La decisione è stata assunta in accordo con la Regione dai ginecologi abortisti e non, di diverso orientamento ideologico. Noi come Lombardia abbiamo fatto un passo avanti verso la difesa della vita e insieme verso la scienza. Per cui possono essere tacciati di oscurantismo gli obiettori di questa nostra decisione, nel senso che loro vogliono rimanere a 32 anni fa, al 1978, anno del varo della 194, quando la scienza e la medicina erano molto più arretrati».

 

Adesso cosa succederà? 

«Noi andiamo avanti in questa direzione, perché c’è l’accordo di tutti. Io ho proposto al ministro Sacconi e al sottosegretario Roccella che loro propongano (perché è in loro potere) un atto identico a quello della Lombardia a tutte le altre regioni. Quindi perché si vada ad un accordo Stato-Regioni per prendere atto tutti insieme di questi progressi scientifici che permettono di salvare il feto dopo le 22 settimane. È chiaro che c’è un contenuto di sfida in tutto questo. Vogliamo vedere (Sacconi, Roccella ed io) chi si oppone a questa evidenza scientifica, chi in nome dell’ideologia non guarda alla scienza ma continua a dire che l’aborto terapeutico può essere fatto fino alle 24/25 settimane. C’era già stata una prima iniziativa nel 2008, quando la Lombardia aveva assunto quell’atto, ma poi era finita lì. Oggi il governo riprenderà la cosa e adesso vogliamo vedere chi si opporrà all’evidenza scientifica per un pregiudizio ideologico contrario alla vita. Qui dobbiamo smetterla di parlare in termini antichi e fuorvianti. Qui non si tratta di cancellare la legge 194, ma si tratta di applicarla anche nelle parti – non sono molte ma ci sono – che sono in favore della vita. Come la Lombardia sta facendo in maniera molto chiara da anni».

 

Per esempio, che tipo di servizi mette in campo la Regione per limitare il numero di aborti?

Abbiamo istituito un fondo speciale dotato di 5 milioni di euro per aiutare le gestanti in difficoltà economica. Nei primi cinque mesi già oltre 400 donne hanno fatto ricorso a questo fondo. E di questo sono contentissimo perché voglio fare in modo che nessuna donna in Lombardia sia spinte ad abortire per motivi economici. Se ci sono la comunità viene incontro, aiuta. Sarà un fondo illimitato, costantemente alimentato e attraverso i centri di aiuto alla vita e i consultori accompagnamo anche la donna in un percorso che è sì finanziato economicamente ma che è anche assistito dal punto di vsta di una compagnia, di una solidarietà, di un aiuto ai bisogni più evidenti. Non c’è un ufficio regionale, basta rivolgersi ai centri di aiuto alla vita presenti in tutti gli ospedali che hanno reparti di neonatologia. E con facilità si ha accesso a questo fondo di aiuto.

 

In Lombardia qual è il tasso di aborti?

«Mi risulta che l’abortività è scesa negli ultimi anni. È chiaro che la legge 194 c’è e io come presidente di Regione sono tenuto a rispettarla e l’ho sempre rispettata. Nello stesso tempo sono convinto che è ora di aprire gli occhi di fronte alla famiglia che è spesso lasciata sola, di fronte alla maternità che non è aiutata. Anche perché abbiamo in Italia uno dei tassi di invecchiamento più alti del pianeta, stiamo andando verso una situazione inaccettabile. Aiutare la maternità, aiutare la famiglia è un dovere non soltanto di umanità ma anche di intelligenza economica guardando al futuro. Quindi queste 400 donne che non hanno abortito significano 400 bambini che nascono e rappresentano altrettanti motivi di speranza per una Lombardia che deve guardare al futuro».

 

Ci saranno ricadute operative dopo la sentenza del Tar?

«No, è del tutto infondata: il Tar ha preso un abbaglio. La nostra non è una legge, che come tale sarebbe impugnabile. Non è neanche una norma voluta dalla Regione o imposta. È un atto di indirizzo che nasce sulla base di questo consenso. Quindi il Tar se l’è presa contro i mulini a vento. Essendo poi il ricorso fatto da medici e non da donne è anche improponibile dal punto di vista giuridico. Per questo ho parlato di deriva abortista del Tar. Le ha prese tutte sbagliate pur di poter dire di no a questa nostra decisione. Ma ha sbagliato in più punti. Nei nostri ospedali si fa così e si continuerà a fare così. Però è chiaro che la battaglia culturale va portata avanti. Non possiamo permettere che esista una giustizia amministrativa o quant’altro, un’opinione pubblica che continua a ritenere l’aborto una vittoria. L’aborto invece è un fenomeno che va contrastato il più possibile».


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