Non profit
Prestigiacomo, brutto Ambiente
Il ministro contesta la maggioranza ma poi forse ci ripensa
Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente, piange, si dispera, si arrabbia, sbatte la porta, anzi no. Cronaca di un altro momento di forte tensione politica all’interno della maggioranza di governo, oggi sui giornali. Psicodramma personale o segnale di insofferenza sui contenuti? In serata crisi ricomposta, e si parla solo di un “equivoco”.
- In rassegna stampa anche:
- MILLEPROROGHE
- NUCLEARE
“Pdl, il caso Prestigiacomo”, apre il CORRIERE DELLA SERA: i servizi alle pagine 8 e 9. Alessandra Arachi racconta i fatti. La rottura tra il ministro dell’Ambiente e la sua maggioranza si consuma nell’aula della Camera. Motivo del contendere la proposta di legge poi approvata dai deputati con 283 sì, 190 no e 2 astenuti, che contiene interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito. Il ministro all’Ambiente chiede infatti a nome del governo di rinviare in commissione la legge per un approfondimento su una norma sullo smaltimento dei rifiuti per le piccole imprese. Prestigiacomo aveva spiegato ai deputati che stava lavorando a una soluzione da inserire nel Milleproroghe e per questo chiedeva il rinvio del testo in commissione, per aver il tempo di presentarla al decreto Milleproroghe. Il rinvio però viene bocciato per soli tre voti di scarto con la maggioranza che vota contro il governo e la minoranza che lo difende. Addirittura dai banchi del Pdl partivano le grida «dimissioni, dimissioni». A questo punto la Prestigiacomo accusava il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto, di non averla ascoltata e di aver esposto il governo a un voto che poteva metterlo in difficoltà. In tarda serata, in una nota diffusa da Palazzo Chigi si precisa che tutto il caso sarebbe dipeso «da una sfortunata coincidenza e un difetto di comunicazione che hanno generato uno spiacevole incidente parlamentare. In serata, il Ministro Prestigiacomo e l’Onorevole Cicchitto – a Palazzo Chigi, alla presenza del Sottosegretario Gianni Letta – hanno chiarito ogni equivoco, superando l’incidente, scambiandosi un reciproco attestato di stima e di fiducia». Dura invece la reazione di Silvio Berlusconi, raccontata a pagina 9 da Marco Galluzzo: “L’insofferenza di Berlusconi: un gesto così è una pazzia”. Leggiamo: “Come nel caso, un mese fa, di Mara Carfagna, la reazione dell’uomo è all’insegna dell’insofferenza, forse anche della riflessione critica su alcune scelte che lui stesso ha compiuto. È ancora una volta una donna che gli causa un danno, che a pochi giorni dalla fiducia dà un’immagine del governo di cui il Cavaliere non sentiva certamente il bisogno: «Proprio in questo momento in cui abbiamo bisogno di stabilità e di allargare la maggioranza», ha commentato con i suoi ospiti il presidente del Consiglio”. Paolo Conti, di taglio, ricorda il personaggio Prestigiacomo: “Da Pisanu a Tremonti, i duelli del ministro «La rabbia e le lacrime sono un diritto»” è il titolo, dall’eloquente sommario: “Bella, coraggiosa. Al Cavaliere disse: non chiamarmi bambina”.
Taglio centrale per la crisi politica interna alla maggioranza (“Prestigiacomo: lascio il Pdl. Letta tenta la pace”) per LA REPUBBLICA che apre con la protesta dei giovani (“Napolitano riceve gli studenti”). Riferisce Antonio Fraschilla a pagina 9: “Prestigiacomo in lacrime:«Lascio il Pdl»”. Scontro plateale alla Camera fra il ministro dell’Ambiente e il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto. La scintilla è il voto per il ddl per la libera imprenditorialità. Il ministro è intervenuta in mattinata chiedendo alla maggioranza di rinviare la norma perché sarebbe superata «rispetto a quello che stiamo prevedendo nel settore rifiuti». È d’accordo con il Pd e questo basta alla maggioranza per votarle contro. Da qui le lacrime, la rabbia e lo scontro con Cicchitto. Che consente alla Carfagna di dire: «Nel Pdl il disagio da lei espresso è molto diffuso, qui non si ascoltano le voci fuori dal coro». In serata colloquio con Letta e una nota ufficiale: «Si è trattato solo di una sfortunata coincidenza e di un difetto di comunicazione, i due hanno chiarito ogni equivoco». Sarà, ma Carmelo Lopapa spiega che il disagio della Prestigiacomo deriva da ben altro: il suo budget passato da 1 miliardo a 400 milioni nel giro di tre anni, i numerosi tentativi di sottrarle competenze, la scarsa visibilità che le viene riservata. Berlusconi sarebbe furibondo: «fatele sapere che non intendo vederla. Non ora. Più in là, forse».
IL GIORNALE apre a tutta pagina con i tre volti delle parlamentari del Pdl sovrastate dal titolo “Tre donne fanno tremare il governo”. L’articolo che segue è a cura di Vittorio Sgarbi. «Lo strappo di Stefania Prestigiacomo è solo l’ultimo episodio. Su una lapide, a lettere capitali, andrebbero scritte le parole di Barbara Berlusconi: «Mara Carfagna? La cosa più grave è che trovi il coraggio di lagnarsi… Se si sente discriminata lei, che dai Telegatti è diventata ministro, la cosa assume dimensioni grottesche». Diversamente da Paolo Guzzanti e da Filippo Facci, esponenti del centrodestra, di pensiero autonomo, e critico fino alla rottura mi sono sempre astenuto dal fare osservazioni su Mara Carfagna. Ho trovato enorme che, diventata deputata nel 2006, fosse nominata ministro nel 2008». Per Sgarbi dopo il voltafaccia della Carfagna «ora tocca a Stefania Prestigiacomo, altra bella, assurta per merito al ruolo di ministro dell’Ambiente. La Prestigiacomo però mette le mani avanti, stabilendo un paradosso della ragione: “Non mi dimetto da ministro, ma dal Pdl”. Un’uscita degna di Fini, suo buon amico. Il quale, alle illazioni su un loro rapporto amoroso, invece di essere lusingato, rispose con disprezzo: “Sono indignato che qualcuno possa averlo pensato”. Veramente l’opposto del candido e onesto Berlusconi. Voglio specificare: non so e non credo che Fini sia andato a letto con la Prestigiacomo, ma non vedo l’offesa nell’attribuirglielo, La risposta onesta sarebbe dovuta essere: «Non è vero, ma mi sarebbe piaciuto». Di Fini abbiamo visto la parabola con l’ostinazione e la tenacia nel conservare il posto di presidente della Camera andandosene dal partito che aveva contribuito a fondare. Della Prestigiacomo non potevamo immaginare che si sarebbe mossa nella stessa direzione, riproducendo quel passo della processione del Venerdì Santo a Taranto che si chiama “nazzicata” e che serve a stare fermi pur andando avanti. Un passo avanti e due indietro. Così resta ministro, ma si dimette dal partito che l’ha voluta ministro. Era difficile fare peggio di Pecoraro Scanio come ministro dell’Ambiente, ma neanche lui sarebbe stato capace di tanto. Andarsene rimanendo». Ma non solo «Se oggi Berlusconi deve fare i conti con due ministre “nazzicatamente” dimissionarie, a fasi alterne, un giorno sì e un giorno no, chi dal partito e chi dal governo, con continui e improvvisi capricci (e lui nella sua bontà e generosità è incline a perdonarle), Bossi si trova con la severissima Rosi Mauro che, per favorire la riforma Gelmini, applica agli emendamenti un ritmo rap, sovrapponendo emendamenti approvati ed emendamenti respinti, in un’accelerazione parossistica che favorisce le proteste dell’opposizione. La sua azione è commissariata dal presidente Schifani, ma la sua fede cieca nella lotta le ostacola la comprensione della realtà. Fa casino, ma è uno spirito nobile. Mai oserebbe fare e neppure pensare quello che hanno fatto la Carfagna e la Prestigiacomo. E infatti, coerentemente, non si dimette né dalla vicepresidenza della Camera né dal partito». Così, conclude Sgarbi, se l’instabilità politica è legata alle donne Berlusconi deve ascoltare sua figlia Barbara. «Dal suo pensiero potrà derivargli un suggerimento: la separazione delle carriere. Non pensando soltanto a quella dei magistrati. Ma a quella delle belle ragazze. Chi si è distinta e ha mostrato il suo merito nell’amore o nella grazia fisica non deve necessariamente fare il ministro. Si tratta di carriere sperate. Se Berlusconi ne è sempre stato convinto per i magistrati, ora credo che lo cominci a pensare anche per le ragazze che ha portato al governo». Nicola Porro invece firma l’editoriale “Ma le riforme che funzionano dividono sempre”. «È piuttosto singolare invocare le riforme e poi attendersi che tutti siano lì ad applaudire. Il governo viene sovente accusato, e con qualche ragione, di non aver fatto le grandi leggi che servono all’Italia. E, quando mette mano alla riforma dell’Università, ci si lamenta delle proteste che essa sta generando. È come quelli che a parole chiedono più «meritocrazia» (altro mantra del salotto fighetto) e poi si lamentano che proprio grazie ad essa quelli che non meritano faranno un passo indietro. Riforme, tagli, criteri meritocratici modificano l’esistente: sono dolorosi. In genere le società democratiche si attrezzano per rivoluzionare le proprie regole di convivenza quando proprio non possono farne a meno. Conservare l’esistente è comodo per un semplice motivo: non si rimescolano le carte, non si ridiscutono le comodità e gli assetti di potere rimangono intatti».
Su IL MANIFESTO, in una prima pagina dominata dagli studenti che sono stati ricevuti anche da Napolitano e ai quali sono dedicate le pagine dalla 2 alla 5, oltre all’editoriale di Valentino Parlato e alla vignetta di Vauro, la notizia delle dimissioni del ministro Prestigiacomo dal Pdl sono relegate in un piccolo richiamo «Il ministro Prestigiacomo lascia “sconfitta” il partito ma resta nel governo». L’articolo è a pagina 7 «Prestigiacomo se ne va. Carfagna: c’è disagio» su «Ministre in guerra col Pdl, al centro lo scandalo rifiuti». Scrive Iaia Vantaggio: «Troppo facile sarebbe celiare su defezioni e lacrime di ministre azzurre che – per sì e per no – un giorno se ne vanno e quello dopo, come se niente fosse, ritornano. Più difficile capire perché lo fanno. Detto in maniera poco elegante trattasi di “monnezza”. Così è stato con Mara Carfagna del cui contenzioso in materia di termovalorizzatori col Pdl campano “in generale” e con Nicola Cosentino “in particolare” alla fine non se n’è più parlato. E così sarà, si presume, anche per Stefania Prestigiacomo la cui proposta di tracciabilità dei rifiuti industriali per le piccole imprese è stata ieri bocciata dalla Camera per soli tre voti (…)». E conclude: «(…) dietro questa ennesima “monnezza” c’è una crisi della maggioranza che il Cavaliere dormiente non vuole vedere, c’è Mara Carfagna: “Sbagliato sottovalutare l’accaduto, il disagio espresso da Prestigiacomo nei confronti di un partito nel quale, troppo spesso, si preferisce, per fretta o disattenzione, non prestare ascolto alle idee diverse, è molto diffuso”. E aggiunge: “Sono certa che Berlusconi, come sempre ha fatto, sarà capace di trovare una soluzione ai problemi posti dalla collega”. Che però continua a dire: “Il Pdl non è più il mio partito”. Vero è che l’unico partito rimasto – e dal nome forte e chiaro – è quel gran calderone che si chiama Gruppo Misto. Né terza gamba, né terzo polo, un po’ maggioranza e un po’ opposizione. A seconda di dove va la “monnezza”».
Fotonotizia in prima de IL SOLE 24 ORE dedicata allo strappo di Stefania Prestigiacomo, ministro dell’ambiente, che annuncia: «Lascio il Pdl, entro nel Gruppo misto, ma resto al governo». Il commento è affidato a Stefano Folli: «Il caso Prestigiacomo dimostra che non si rispettano nemmeno più le forme, visto che in tutti i governi ci sono ministri che contano di più e altri che contano di meno, ma in genere questi ultimi non vengono umiliati in Parlamento». Il servizio, invece, a pagina 17 è di Nicoletta Cottone, mentre viene proposto in taglio basso il retroscena. Le cronache lasciano intendere che la misura è colma: competenze e decisioni del Ministero dell’Ambiente più volte contestate o ignorate da parte del Pdl, continui screzi con il ministero dello Sviluppo, questo e molto altro hanno portato Stefania Prestigiacomo a dire basta. La pace fatta in serata tra la ministra, Cicchitto, con il suggello di Silvio B quanto durerà? Siamo a Natale. Tutti più buoni. Almeno per 15 giorni, poi si vedrà.
“Scoppia la grana Prestigiacomo”. Un pezzo di cronaca di ITALIA OGGI sulle motivazioni che hanno indotto il ministro dell’Ambiente ad uscire dal Pdl. A lato dell’articolo un box intitolato “DECRITTAZIONI” con l’interpretazione delle mosse del Ministro che recita così:«Lascio il Pdl, vado nel gruppo misto. Voleva dire:torno subito».
AVVENIRE dedica allo “strappo con frenata” tra Prestigiacomo e Pdl un piccolo richiamo in prima pagina e ricostruisce a pagina 8 la vicenda. Il dissidio era nato sul rinvio di adempimenti ambientali previsti per le piccole imprese. Non sostenuta dalla maggioranza alla Camera, la Prestigiacomo sbotta: «Lascio, vado nel gruppo misto». Dopo un incontro a Palazzo Grazioli con Cicchitto e Letta e una cena con Tremonti il caso sembra rientrare. A tarda sera una nota di Palazzo Chigi recitava che si è trattato di “uno spiacevole incidente parlamentare dovuto a un difetto di comunicazione”. AVVENIRE scrive che «Berlusconi è riuscito a strappare un abbassamento dei toni «per non fare un favore a chi non aspetta altro che enfatizzare nostre incomprensioni, in un momento già così difficile». Ironizza il segretario del Pd Bersani il commento è stato: «Non credono a quel che dicono, che il Paese è governabile e possono garantire la stabilità. Questo è un altro film», mentre Casini ha commentato: «Chiedono responsabilità, ma il governo dovrebbe venire in aula con idee più chiare.
«Puntigliosa, pignola, puntuta, siciliana verace, Stefania Prestigiacomo si sente sempre più stretta e soffocata dentro il Pdl» scrive Amedeo La Mattina su LA STAMPA in un pezzo a pagina 5 che prova ad andare oltre alla cronaca. «La verità è che la signora di Siracusa è avvilita. Sa che l’ambientalismo non è di casa nel Pdl» prosegue l’analisi de LA STAMPA. «Le nomine che propone non passano. Tremonti le ha tagliato di brutto i fondi del ministero dell’Ambiente . Epici gli scontri fra i due in Consiglio dei ministri», anche se ieri è stato proprio il ministro dell’economia a calmarla, mentre Berlusconi rimaneva nero. Secondo LA STAMPA Prestigiacomo è ormai «una stella cadente nel partito». «Avere organizzato a Siracusa il convegno “Liberamente”, la componente di cui fanno parte anche Frattini e Gelmini, è stata considerato da Angelino Alfano un affronto. Il coordinatore regionale Giuseppe Castiglione, fedelissimo di Alfani e Schifani, non ci andò. Lei alzò le spalle e se ne fece una ragione. Ma con il suo orgoglio paga pegno».
E inoltre sui giornali di oggi:
MILLEPROROGHE
LA REPUBBLICA – Il Milleproroghe alza il fondo per il 5 per mille (ma di 300 milioni, non di 400 come promesso: 100 andranno alla cura della Sla). Dimezzate le risorse per l’editoria (50 milioni). Risolta a metà la questione degli alluvionati (non pagheranno contributi fino a giugno) ma l’Abruzzo resta a bocca asciutta. Per il cinema solo 6 mesi di rinnovo della tax credit. Pompei è stata stralciata. In una intervista Carlo Verdone spiefa: «una doccia fredda, anzi gelata… Bondi non si è battuto. Che si dimetta o meno è assolutamente ininfluente: il dato di fatto è chequesto governo ha fatto del suo meglio per mortificare la cultura».
IL MANIFESTO – «Le forbici del diavolo» è il titolo dell’articolo di Matteo Bartocci che inizia in prima pagina accanto al richiamo con foto di Tremonti alle pagine 6 e 7 dedicate alla legge omnibus dal titolo «Nel pacco di Natale i tagli alla cultura». Scrive Bartocci: «(…) La guerra diabolica di Tremonti contro i giornali si arricchisce di una nuova battaglia. Secondo le voci fuggite ieri dal consiglio dei ministri, nel milleproroghe ci sarebbe l’ennesimo taglio al fondo dell’editoria per giornali e radio-tv locali. Meno 95 milioni di euro che, se confermati, cancellano tutto quanto previsto nella finanziaria pubblicata in gazzetta ufficiale appena due giorni fa». E prosegue: «(…) Secondo Tremonti i fondi per l’editoria sarebbero soldi sottratti al 5×1000 e lì devono tornare. Il ministro lo aveva promesso – attaccando esplicitamente il parlamento – in una lettera pubblicata dal Fatto quotidiano il 24 novembre. Dispiace che il nuovo giornale di Padellaro e Travaglio si sia prestato a diffondere e ad avallare perfino in prima pagina questo gigantesco diversivo populista. Tremonti li conosce bene, ma basta leggere gli atti parlamentari per sapere che i 100 milioni in più per l’editoria appostati nella finanziaria non vengono affatto da presunti tagli al 5×1000 ma da un taglio lineare alla famigerata “tabella C” della legge di stabilità. E che i 45 milioni in più dati alle radio-tv locali provengono dalla futura asta delle frequenze. Volontariato, malattie gravi e ricerca non c’entrano nulla con l’informazione. Del resto, il discorso di Tremonti non è credibile perché il 5×1000 – se fosse veramente attuato – sarebbe deciso ed “erogato” autonomamente da ogni singolo contribuente proprio come l’8×1000 per le chiese o lo stato».
AVVENIRE – “Milleproroghe con (amare) sorprese. Il 5 per mille pagato anche dall’editoria”: a pagina 9 parla di “coperta troppo corta” per il decreto Milleproroghe che ha destinato 100 milioni del reintegro promesso da Tremonti alla ricerca sulla Sla e all’assistenza dei malati di sclerosi, 50 dei quali saranno sottratti ai contributi per l’editoria, mentre altri 45 milioni verranno dalle risorse destinate all’emittenza radiotelevisiva. «Tirano un sospiro di sollievo, ma solo a metà, le associazioni di volontariato», scrive AVVENIRE, «anche se, sottolinea il presidente di Csvnet Marco Granelli, “non è un regalo ma un diritto”».
NUCLEARE
IL SOLE 24 ORE – Terzo accordo “bipartisan” a Washington e nuovo sorriso sfolgorante di Barack Obama, che ha incassato con la ratifica di ieri del trattato Start il suo più importante successo di politica estera. L’accordo stabilisce per ciascuna super potenza un limite di 1.550 testate nucleari (dalle 2.200 di oggi) che scatterà entro sette anni dall’entrata in vigore del Trattato. Si tratta di una diminuzione del 74% rispetto all’intesa Start del 1991 e del 30% rispetto al Trattato di Mosca del 2002. Il limite dei vettori – missili, bombardieri, sottomarini – è fissato a 700, un dimezzamento rispetto allo Start 1; sale a 800 includendo anche i missili non puntati.
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