Formazione

L’Istat scende in strada

La prima volta dell'Istituto nel mondo dei senza fissa dimora. Ecco in anteprima i numeri dell'inedita ricerca

di Daniele Biella

L’Istat entra per la prima volta nel mondo dei senza fissa dimora. E lo fa con una ricerca a tutto campo in 158 città italiane: dal censimento degli enti che si occupano dell’aiuto alle persone che vivono in strada, all’indagine sui servizi promossi da tali enti, fino ad arrivare a capire chi e quanti sono gli homeless oggi in Italia. “È un indicatore che mancava, e che d’ora in poi sarà parte integrante di tutte le ricerche Istat sulla povertà affiancandosi agli altri due indicatori già esistenti, relativi alla povertà assoluta e a quella relativa”, spiega Nicoletta Pannuzi, ricercatrice Istat intervenuta durante il convegno ‘Bilancio e prospettive dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale’, tenutosi a Milano sotto l’egida del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

 Se dal pomeriggio di lunedì 13 ottobre, sulla pagina ufficiale dell’Istituto nazionale di statistica è disponibile una prima tranche di dati ufficiali di 31 città relativamente al numero di enti e servizi erogati (scaricare il rapporto qui), a fornire i dati ufficiosi (l’Istat pubblicherà i dati definitivi a metà 2011) ma realistici di tutte le 158 città ci ha pensato durante lo stesso convegno Paolo Pezzana, presidente della Fio.psd, Federazione italiana organismi persone senza dimora, vero braccio operativo della ricerca Istat, che ha coinvolto anche Caritas italiana e Ministero del Lavoro: “In un anno di lavoro, sono state contattate 1684 organizzazioni. Di queste, 777 hanno dichiarato di avere almeno un servizio per persone senza dimora, con una media che, a livello nazionale, si è attestata sui 5 servizi per organizzazione Del totale, 235 (30,5%) sono ubicate nel Nord ovest del Paese, 188 (24,1%) nel Nord est, 159 (20,4%) al Centro, 108 (13,9%) al sud, 87 (11,2%) nelle isole”.

Sono stati 37 i ricercatori complessivamente impegnati da Fio.psd, in almeno mille ore di lavoro effettivo, 5mila telefonate e 850 visite in loco: “Si tratta di una rappresentazione che conferma il tradizionale divario infrastrutturale tra le diverse aree del Paese, ma che appare meno eclatante di quanto ci si sarebbe potuti aspettare almeno sino a qualche anno fa, quando l’assenza di servizi nella loro area era una delle cause principali che le persone senza dimora emigrate al nord dichiaravano ai servizi come motivazione del loro spostamento”, continua Pezzana. Interessante il dato relativo all’impegno del Terzo settore: “Il 76,2% degli enti, 592 su 777, sono privati mentre i restanti 185 sono pubblici (23,8%), anche qui evidenziando una modalità di welfare mix”. Una miscela pubblico-privato “che appare in questo particolare campo piuttosto peculiare e significativa, specie ove si consideri che circa la metà dei servizi privato censiti dichiarano di usufruire in qualche forma di contributi pubblici”.

All’interno del convegno milanese, inoltre, molta attenzione è stata posta all’importanza che hanno le politiche sociali all’interno della ‘Strategia 2020’, lanciata dall’Unione europea in questo 2010, che è, appunto, l’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale. “Si tratta delle prime azioni sistematiche dell’Unione europea in tal senso”, avverte Raffaele Tangorra, direttore generale per l’inclusione e diritti sociali e responsabilità sociale d’impresa del ministero del Lavoro e Politiche sociali. “In particolare, alla lotta all’esclusione è dedicato uno dei cinque obiettivi della strategia , ovvero il ridurre da qui al 2020 di 20 milioni il numero di persone a rischio povertà (leggi qui gli altri)”, sottolinea Tangorra, “allo stesso modo, una delle dieci linee guida per raggiungere tali obiettivi è proprio la promozione dell’inclusione sociale, anche attraverso la nascita della Piattaforma europea contro la povertà”, strumento che si prefigge di coordinare tutte le azioni dei singoli paesi per la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione europea.


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