Economia

La nuova (velenosa) febbre che contagia anche l’EuropaOro

di Redazione

Torna l’era degli alchimisti e dei minatori. Con la crisi che non molla la presa e la la febbre dell’oro alle stelle – il metallo giallo ha sfondato quota 1.400 dollari per oncia – si riapre la caccia all’oro, ultimo bene rifugio contro le incertezze dell’economia. E succede anche nella vecchia Europa. Con buona pace degli ambientalisti e dei (pochi) deputati del Parlamento europeo che hanno provato a fermare l’estrazione senza regole di pepite e pagliuzze.
La Commissione ha recentemente respinto la proposta di bandire l’utilizzo di cianuro – sostanza tossica che serve per separare l’oro dalla roccia – dalle miniere europee sostenendo che le misure di sicurezza adottate dalle compagnie sono adeguate ad arginare il pericolo di crolli, esondazioni e versamenti in torrenti e falde acquifere.
L’Europa produce appena l’1% dell’oro mondiale, ma per tirarlo fuori impiega, ogni anno oltre mille tonnellate di cianuro. Veleni tossici che aumenteranno sempre di più. A Rosia Montana, tra i Carpazi di Romania, la società mineraria canadese Gabriel Resource aprirà a breve quella che sarà la più grande miniera del continente, sfidando le opposizioni di un bel pezzo della società civile locale.
L’uso del cianuro è ancora oggi considerato la miglior tecnologia disponibile e, soprattutto, la più economica per l’estrazione dell’oro dai minerali grezzi. Il cianuro è altamente tossico e può avere un effetto devastante sull’ambiente se non trattato correttamente. Per esempio, nel 2000 in Romania 10mila metri cubi di acqua avvelenata hanno contaminato il Danubio e causato uno dei più grande disastri ecologici dei Balcani.

Sempre più boom
«Per produrre una fede d’oro si consumano 20 tonnellate di rifiuti tossici», afferma Keith Slack, direttore di No Dirty Gold, ong americana nata contro lo sfruttamento dell’oro. «Si stima che l’industria mineraria mondiale utilizzi 200mila tonnellate di cianuro ogni anno. E la corsa dei prezzi dell’oro sui mercati finanziari sta peggiorando la situazione perché tutti vogliono mettere le mani su nuove risorse aurifere».
E la corsa non riguarda solo le società minerarie. L’uomo più ricco del pianeta, Carlos Slim, ha in programma l’aperta di due miniere nel Nord del Messico per un investimento complessivo di 367 milioni di euro. Il colosso dell’acciaio russo Severstal ha in mente la quotazione in Borsa delle sue attività aurifere. E anche in Zimbabwe, Paese alla fame, lo Stato riesce a racimolare 800 milioni di dollari per aprire nuove miniere. Pure i guerriglieri delle Farc controllano miniere d’oro, circa 15, situate nel Centro-Sud della Colombia.
Nel settore minerario lavorano nel complesso circa 30 milioni di persone (in Europa appena 16 mila), solo l’1% del totale della forza lavoro mondiale, sostiene l’Ilo, ma un ottavo degli incidenti (l’ultimo in Suriname, 7 morti e due feriti gravi) si registrano proprio nel sottosuolo.
Secondo il World Gold Council la domanda di oro aumenterà ancora: trainata dall’Asia (il boom dei matrimoni in India), dall’industria elettronica (l’oro è un ottimo materiale conduttore di elettricità) e dagli investimenti finanziari nel lingotto come ultimo bene rifugio in tempi di incertezza.

E l’etica?
Il metallo giallo gode di ottima salute – solo l’oreficeria vale 140 miliardi di dollari – anche se dopato dalla speculazione degli ultimi anni. Al di là dell’euforia dei mercati, nelle raffinerie svizzere, dove si trasforma una buona parte dell’oro del pianeta, si lavora su tre turni per soddisfare le richieste. Lingotti ma anche monete, goielli e tanto riciclo (41% in più rispetto all’anno precedente) di rottami d’oro. C’è anche chi, come il presidente della Banca Mondiale, ha proposto un ritorno all’oro come indice di riferimento delle valute mondiali.
Dopo le campagne sui diamanti insanguinati, merce di scambio nei Paesi africani per acquistare armi e aprire conti all’estero, oggi si prova a ripulire anche l’oro. Fair Trade, in aprile, ha siglato un’intesa con Alliance for Responsibile Mining, non profit che prova a portare la Csr tra le aziende minerarie, per creare uno standard etico nel comparto dell’estrazione.


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