Formazione

Disparità in campo, due le italie sportive

Strutture Sport di base: troppe differenze tra Nord e Sud del Paese

di Pasquale Coccia

Si allarga la forbice dello sport italiano. Ovunque domina un?edilizia in cui è debole la programmazione. E non mancano i casi bizzarri: a Napoli un impianto da rugby senza società sportive che lo promuovano La mappa indica che il tesoro dello sport si trova verso Nord. Se volete diversificare le rotte, il Nordest presenta un patrimonio più ricco rispetto al Nordovest, seppur di poco. La mappa tracciata dal Coni, Credito sportivo e Istat, rileva soprattutto la crepa che si evidenzia nel confronto con il Sud dell?Italia e mette in risalto in maniera chiara la differenza profonda, anche sul piano del diritto allo sport, che esiste tra le due Italie. Uno squilibrio territoriale che presenta un Paese a due velocità nel campo dello sport per tutti con differenza di circa un terzo tra le due Italie e anche all?interno delle stesse regioni. Un quadro che presenta il solo Nordest, più ricco rispetto al Sud e alle Isole messe insieme, e il Nord con una mappa articolata e più ricca dell?intero Centrosud. I numeri non lasciano dubbi, e indicano le responsabilità politiche di chi ha diretto le istituzioni locali e l?organizzazione dello sport nazionale. Il Nord protagonista di una politica attenta e ben articolata nella costruzione di impianti di piccola e media dimensione, a volte, per eccesso, ha perfino favorito la costruzione di impianti di gran lunga superiore al numero di abitanti presenti nei piccoli e medi centri urbani. Così, mentre il Piemonte e la Lombardia fanno registrare 340 impianti ogni 100 mila abitanti, e Veneto, Trentino e Friuli 350 ogni 100 mila, il Sud presenta 150 impianti sulla stessa percentuale di popolazione. Il Centro Italia si attesta sui 260 impianti ogni 100 mila abitanti. Non mancano le sorprese, se si va ad analizzare la tipologia degli impianti. Al primo posto, con un incremento del 20% rispetto al decennio precedente, si registra la costruzione di campi da tennis e al secondo le palestre di fitness con il 18%. Due spazi dove l?accesso si paga a ore o grazie ad un abbonamento annuale, ma soprattutto sono spazi privati, in particolare i campi da tennis, di club non proprio in linea con la politica dello sport per tutti. Negli anni ?90 non sono mancate le cattedrali nel deserto, dai costi esorbitanti e lontani dai centri urbani, come a Bari dove lo stadio non è collegato con alcun mezzo pubblico, o a Napoli dove nel difficile quartiere Piscinola, alcuni anni fa il Coni e il Comune hanno deciso di costruire un grande campo da rugby, in una città dove non si registra alcuna tradizione di questo sport e non vi è una sola società sportiva che lo promuova. Lo sperpero di denaro pubblico, allegramente deciso da assessori locali allo sport privi di competenze e da una scarsa politica di concertazione con l?Istituto del Credito sportivo dovrebbe finire con la riforma di quest?ultimo e l?ingresso degli enti locali nel consiglio di amministrazione. Ma non basta, perché è necessario aprire un confronto anche con l?associazionismo sportivo che opera sul territorio e con le organizzazioni ambientaliste per favorire la costruzione di impianti sportivi a basso impatto ambientale, inoltre avviare una politica di recupero degli impianti fatiscenti. Recentemente, proprio queste realtà associative, dal Wwf al Csi, hanno lanciato un appello al Coni invitandolo a politiche più attente;Anche la costruzione di impianti sportivi per attività agonistiche di alto livello, possono rispondere alle norme di basso impatto ambientale. L?esempio lampante è costituito proprio da Sidney la città australiana che tra pochi mesi ospiterà le Olimpiadi. Alla progettazione degli impianti, ha collaborato Greenpeace.


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