Mondo
Elezioni in mezzo al caos
Il 28 novembre apriranno le urne, anche se il colera divampa e la ricostruzione è ferma
Le elezioni ad Haiti si terranno come programmato domenica 28 novembre. Anche se 400mila abitanti dell’isola sono a rischio colera e sono già 1500 le vittime dell’epidemia. Anche se le elezioni si terranno in mezzo alle macerie del terremoto, perché a dieci mesi la ricostruzione non è neppure cominciata. Anche se un milione e 500 mila haitiani vivono nei campi sfollati e anche se la Commissione elettorale ha dichiarato che teme «frodi ovunque».
Haiti va alle urne, e Philippe Augustin, direttore del registro elettorale di Haiti ha sollecitato la più ampia partecipazione di osservatori e giornalisti, per «assicurare un risultato elettorale giusto». Ma sono state proprio le elezioni, affermano rappresentanti delle organizzazioni non governative ad Haiti, a rallentare la ricostruzione. «Per edificare e decidere l’assegnazione della terra ci vuole un intervento politico, ma tutto è rimasto congelato in questi mesi, in attesa del nuovo governo che dovrà gestire la ricostruzione» afferma Stefano Ellero, referente di AGIRE ad Haiti. «Se tutto va bene il presidente si insedierà a febbraio, ma nelle ultime elezioni, tra contestazioni e intoppi, l’insediamento slittò a maggio. C’è da scommettere che fino a quando non ci sarà il nuovo esecutivo, nulla si muoverà ad Haiti».
Negli ultimi giorni si è ulteriormente aggravato il bilancio dell’epidemia di colera che ha colpito Haiti, secondo fonti governative il numero dei morti accertati è infatti salito a 1.523; di questi, centoquaranta concentrati nella sola capitale Port-au-Prince, devastata dal terremoto dello scorso gennaio. A causa del dilagare del morbo, in poco più di un mese si sono dovuti ricoverare in ospedale 27.933 pazienti, mentre ammontano a più di sessantamila coloro che hanno avuto comunque bisogno di cure mediche.
«Gli ospedali della capitale sono alla capienza massima e le organizzazioni umanitarie come noi ricevono pressanti inviti ad attivarsi per cercare di prendere in carico almeno i casi meno gravi» afferma Fiammetta Cappellini dell’ong Avsi. «Cosi abbiamo organizzato due tende in due avamposti di Cite Soleil, il quartiere più colpito, per identificare le persone contagiate, prestare la prima idratazione e vedere se si riesce a stabilizzare il paziente, prima di decidere se trasferirlo in un centro meglio attrezzato. Le persone vengono numerose, ed è di grande sollievo per loro avere un posto dove essere ascoltati e magari rassicurati, senza dover aver paura delle reazioni della gente, dell’isteria del contagio che si diffonde».
«Purtroppo le tensioni, a volte anche strumentalizzate, stanno causando incidenti gravi nel Paese» continua la Cappellini. «Le energie e la pazienza sono purtroppo messi a dura prova da troppi mesi, ci vorrebbero nuove risorse e nuovi appoggi per accompagnare questa gente in modo opportuno in queste nuove difficoltà, invece siamo tutti stanchi e provati da questa lunga difficile annata. Cerchiamo comunque di non perderci d’animo, nella certezza che la nostra serenità e lucidità possano fare la differenza».
«La nostra speranza è che con un nuovo governo, Haiti possa fare uno scatto in avanti e avere la capacità di determinare quei rilevanti e urgenti cambiamenti di cui hanno assoluto bisogno le famiglie e i bambini di Haiti» ha detto Gary Shaye, Responsabile di Save the Children ad Haiti. «E’ necessario anche che permanga un’attenzione internazionale e che i donatori istituzionali entrino subito in contatto con i nuovi eletti, assicurando il prosieguo degli aiuti e degli stanziamenti. Questi dovranno essere finalizzati a un’uscita dai campi degli haitiani, a un loro ricollocamento e alla ricostruzione delle loro vite».
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