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Irlanda, paura di “eurocontagio”

La Merkel mette in discussione la difesa della moneta unica

di Franco Bomprezzi

La paura è quella del contagio: la crisi finanziaria dell’Irlanda fa traballare l’euro e le borse europee. E Angela Merkel lancia l’allarme per la moneta unica. I giornali oggi seguono con grande attenzione la vicenda economica internazionale.

“Oggi l’Irlanda vota la manovra taglia-debiti. S&P abbassa il rating di Dublino”. Occhi puntati sulla crisi irlandese da parte de IL SOLE 24 ORE, il quotidiano di Confindustria che segue online le votazione della manovra prevista per oggi. Dublino è avvertita: approvare un rigoroso risanamento è condizione essenziale per l’avvio del prestito europeo. D’altra parte sono preoccupate le cancellerie di Eurolandia, specialmente Berlino, rea secondo Martin Wolf, editorialista del Financial Times, di imporre un rigore di bilancio a tratti eccessivo o inutile: «Se qualcosa di buono può venir fuori dal disastro irlandese, sarà la consapevolezza che le tradizionali teorie tedesche sui problemi dell’Eurozona sono sbagliate». Non è vero, dice l’editorialista, che i problemi dell’euro sono legati all’indisciplina di bilancio e alla scarsa flessibilità dell’economia, e che le soluzioni corrette sono rigore nei conti pubblici, riforma strutturale e ristrutturazione del debito. L’Irlanda, secondo Wolf, ne è un chiaro esempio, essendo un paese con un debito basso e un mercato del lavoro estremamente flessibile. Dove si nasconde il problema, allora? «l’Irlanda si trova nei guai per gli eccessi finanziari, non per le negligenze di bilancio; necessita di un intervento di salvataggio nonostante possieda un’economia flessibilissima; e a forza di parlare di ristrutturazione del debito, com’era prevedibile, si è scatenata la crisi. Sono dati di fatto che dovrebbero indurre i tedeschi a rivedere le loro idee. Che poi lo facciano effettivamente, ne dubito». Che la Germania sia al centro delle critiche lo dimostra anche il pezzo di Maximilian Cellino a pagina 3. Titolo: “La Merkel affonda l’euro”. Peccato che nell’articolo non ci sia traccia del perché si è scelto quel titolo. Piuttosto si elencano i timori di una giornata di straordinaria follia sui mercati finanziari:  «Paura è la parola chiave per capire la giornata di ieri sui mercati. Paura che la strada verso il salvataggio dell’Irlanda si riveli più tortuosa del temuto; paura che la Grecia non sia in grado di restituire il denaro ricevuto nei termini prestabiliti; paura che il contagio della crisi dei debiti sovrani si estenda a Portogallo e Spagna; paura che la Cina adotti mosse restrittive per frenare l’inflazione; paura per l’inchiesta sull’insider trading a Wall Street e perfino paura per le tensioni fra le due Coree».
Alle pagine 2 e 3 de IL SOLE  24 ORE trovano spazio inoltre le rassicurazioni sul BelPaese, “L’Italia resta al riparo” e due infografiche che spiegano i meccanismi del prestito europeo verso l’Irlanda da un lato e la situazione europea dall’altro. Sullo sfondo, l’apertura del giornale di oggi, che mette insieme crisi irlandese e tensioni fra le due Coree titolando: “Irlanda e Coree, male borse ed euro”, lanciando di fatto i servizi nelle prime pagine.

“L’Irlanda fa tremare l’Euro e le Borse” titola il CORRIERE DELLA SERA sottolineando, nel sommario, l’allarme lanciato dalla Merkel: “Situazione molto grave per la moneta unica”. Editoriale in prima di Francesco Giavazzi: “Giochi pericolosi”. Ecco cosa scrive l’economista: “Mi pare un gioco al massacro dal quale l’euro (e l’Europa) rischiano di uscire a pezzi. Eppure Irlanda, Portogallo, Spagna, e a maggior ragione l’Italia, non hanno difficoltà maggiori di Gran Bretagna o Stati Uniti. Sono l’incertezza e i ritardi della politica che preoccupano i mercati e alimentano la speculazione: perché non si può essere certi che ogni crisi verrà risolta. C’è il rischio che prima o poi un ritardo, un’impuntatura facciano saltare un accordo e portino un Paese alla bancarotta. Se si vuole salvare l’euro occorre che i governi europei cambino strategia, diano una risposta politica alla crisi e la smettano di rincorrere i mercati. Ormai è chiaro che nessun Paese è disposto a rischiare la fine della moneta unica. In primis la Germania, che dall’euro sta traendo i benefici maggiori – annota e si domanda – Ma fino a che punto sono pronti a pagarne il prezzo? Dieci anni fa, quando si decise di adottare una moneta unica, il patto che i Paesi europei sottoscrissero era molto chiaro: nessuno avrebbe lasciato crescere il debito pubblico oltre il 60%. Chi, come l’Italia, si trovava al di sopra di quella soglia, si impegnava a raggiungerla «ad una velocità adeguata». Un debito pari al 60% del reddito nazionale era quindi il livello considerato «normale ». Bene, si mantenga quel patto e ci si impegni a garantire il debito di tutti i Paesi dell’euro entro quella soglia. Gli effetti sui mercati sarebbero immediati. La Spagna, ad esempio, finirà l’anno con un debito pari al 65% del reddito, 5 punti solo sopra la soglia. Ciò significa che praticamente l’intero debito spagnolo sarebbe automaticamente garantito dall’Unione”. Alle pagine 2 e 3 Fabio Cavalera spiega che cosa sta succedendo in Irlanda: “Quelle case fantasma costruite da Dublino che inguaiano la City”. Le misure del piano anticrisi attualmente all’esame del Parlamento irlandese, scrive Cavalera, “dovrebberoo essere sufficienti a rimediare le follie, come le ha chiamate il Financial Times, che hanno trasformato un’economia solida in un’economia sull’orlo del baratro: spesa pubblica fuori controllo (cresciuta del 50% in un decennio), prestiti a pioggia agli investitori immobiliari, mutui facili alle famiglie. Il risultato della sbornia è che non appena il valore delle case è sceso (oggi è del 60% inferiore rispetto a due anni fa) la bolla è scoppiata, i mutui non sono stati saldati e le banche si sono ritrovate con una massa di crediti inesigibili, ripianata da un primo intervento governativo di 45 miliardi di euro, dei quali 23 necessari alla nazionalizzazione della Anglo Irish bank”. E di spalla, a pagina 3, “La mossa di Berlino: dall’euro si può uscire”: Danilo Taino racconta la presa di posizione della Merkel: “In realtà, la cancelliera sa quello che dice – scrive Taino – Lo stesso vale per il ministro Schäuble, uno dei politici più esperti d’Europa. La realtà è che il governo tedesco non crede che la crisi che sta attraversando l’Eurozona possa essere controllata con interventi contingenti. E non esclude che alla fine di questa fase drammatica qualche Paese possa essere costretto ad abbandonare l’euro, per quanto complicato potrebbe essere: la signora Merkel aveva accennato a questa possibilità in primavera, durante la crisi greca, e a Berlino l’ipotesi continua a non essere data per esclusa. Il Paese che non è in grado di avere conti pubblici stabili – è il ragionamento – mina la solidità dell’euro. Infatti, sempre ieri, Frau Merkel ha ribadito che «se l’euro dev’essere una valuta stabile, il Patto di stabilità e crescita va mantenuto», anche con la clausola del possibile default di un Paese con i conti fuori controllo”.

“L’Irlanda affossa euro e Borse”: titolo doppio su LA REPUBBLICA (quello a sinistra è sulla politica: “Governo due volte ko Rifiuti, Berlusconi attacca Ballarò”). Gli effetti della crisi irlandese hanno bruciato 81 miliardi di euro e allarmato la classe politica: «la situazione è eccezionalmente seria» ha detto Angela Merkel. Anche l’Fmi in allarme: la ripresa è a rischio. I più colpiti sono i mercati dei paesi più deboli: Dublino anzitutto (le banche crollano e l’indice flette del 2,9%), Madrid (-3,05%). anche Milano perde il 2,7%. I timori del contagio fanno deprezzare anche l’euro sul dollaro (ora a quota 1,34). «Stiamo sperimentando turbolenze che un anno fa non avrei nemmeno sognato» ha detto la Merkel, secondo la quale è in gioco il futuro della moneta unica. In appoggio intervista al direttore generale della Confindustria, Giampaolo Galli: “Vantaggi per le imprese con la valuta più debole”. In sintesi per Galli le imprese italiane potranno avvantaggiarsi, nel breve, dell’indebolimento dell’euro «ma sarebbe stata meglio una quotazione più bassa senza la crisi irlandese». «La crisi nasce da banche troppo grandi, per un paese piccolo, che si sono assunte rischi eccessivi». Quanto alle tasse al 12,5% praticate in Irlanda, non sono concorrenza sleale? «È stato un forte fattore di attrattività degli investimenti esteri. È difficile chiedere a Dublino di alzare le tasse in questa fase di debolezza». Andrea Bonanni, nella sua analisi, spiega le parole della premier tedesca, considerata dai mercati il capo indiscusso dell’Ue e della moneta unica. «La drammatizzazione, giustificata in un’ottica tedesca, diventa irresponsabile in una prospettiva europea. Non a caso il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy si è prodigato in dichiarazioni tranquillizzanti sul fatto che la crisi irlandese non si propagherà a Spagna e Portogallo».

L’emergenza diventa globale, scrive IL GIORNALE, che dà una serie di cifre e dati. «Crescono i timori che il contagio possa estendersi a Portogallo e Spagna. Madrid ha collocato ieri 3,26 miliardi di titoli pubblici a un rendimento doppio rispetto al mese scorso. Un eventuale salvataggio per la Spagna prosciugherebbe il fondo europeo da 750 miliardi. Preoccupato John Lipsky “le tensioni sul debito europeo  mettono a rischio la ripresa globale”. Poco sereni gli Stati Uniti: nella minute della riunione del 2 novembre la Fed ha tagliato le stime di crescita sul Pil Usa. Riviste al rialzo le stime sulla disoccupazione 2011: dal 8% al 9%». IL GIORNALE mette in evidenza di due fronti della vicenda che rappresenta fonte « di forte stress per il cancelliere tedesco Angela Merkel e per il numero uno della Federal Reserve Ben Bernanke». Sulle parole della Merkel “è in gioco l’euro”, il quotidiano di via Negri solleva una domanda: «La crisi si fermerà a Lisbona o il contagio colpirà Madrid? Perché la dimensione dell’economia spagnola è altra cosa della Grecia o dell’Irlanda: il Pil è il doppio dei tre Paesi messi insieme». L’altro fonte, quello della Federal Reserve, parte da due fatti: la crisi irlandese e i venti di guerra fra le due Coree. Gli Stati Uniti stano un po’ alla finestra «per testare gli umori dei consumatori  venerdì  che è il “black friday”, la giornata dei supersconti che dà il via alla stagione dello shopping natalizio. La decisione  della banca centrale Usa  di acquistare  buoni del tesoro per 600milardi per far scendere i rendimenti non è piaciuta  a Europa e Cina che temono un svalutazione del dollaro, ma nemmeno ai repubblicani  già di malumore dopo che Obama è uscito indebolito dalle elezioni di mid-term.

«Non solo Irlanda» scrive IL MANIFESTO nel richiamo in prima pagina «Borse in caduta libera per paura del contagio Merkel: situazione grave». A pagina 4 l’articolo principale è titolo «Euro in bilico sopra Dublino» dove si sottolinea che «Gli aiuti Ue e Fmi servono, in realtà, a salvare le banche europee». «Tornado finanziario europeo, fase due. Le difficoltà del “debito sovrano” irlandese (o, più banalmente, il dissesto dei conti pubblici) stanno destabilizzando un quadro globale che non trova più l’equilibrio da oltre tre anni.
Ma come può un bruscolino – economicamente parlando – come l’ex «tigre celtica» mettere nei guai il mondo intero, a partire ovviamente dalla zona euro)?» ci si chiede nell’articolo, osservando anche che «Con 20.000 euro a testa, però, si sa già chi dovrà pagare il conto nei prossimi anni: i poetici irlandesi, che fino a due anni fa – lo ha ironicamente ricordato ieri anche Romano Prodi – venivano elogiati come i “primi della classe” perché favorivano l’arrivo di capitali (e quindi la crescita) grazie alla tassa minima sulle imprese. Le borse, si sa, somatizzano subito i guai. Ieri tutte le piazze globali hanno chiuso in pesante calo.(…)». Alla Merkel, invece, è dedicato la colonna di apertura della pagina «Merkel, il suo rigore non è egoismo», si legge: «Data luce verde al soccorso per le pericolanti finanze irlandesi, Angela Merkel, accusata da destra di aver di nuovo «ceduto» come già aveva fatto per la Grecia, promette il massimo rigore, se non per il presente, almeno per il futuro: con l’ancora fumosa riforma del meccanismo di salvataggio dell’euro che la Ue medita di condurre in porto nel 2013» e facendo riferimento alla retorica rigorista che in Europa circonda la Merkel si osseva che «Se Halevi, oltre al Financial Times , leggesse anche la stampa tedesca, si renderebbe conto che in Germania la cancelliera non è affatto la capofila dell’egoismo nazionale, ma viene piuttosto accusata un giorno sì e un giorno no di abusare dei sacri denari dei contribuenti tedeschi – i mitologicamente virtuosi Steuerzahler, i pagatori di tasse – mettendoli a disposizione delle “cicale” greche, e ora irlandesi (…)».

Solo a pagina 14 ITALIA OGGI si trova un articolo dedicato al salvataggio irlandese e alla posizione della cancelliera Angela Merkel: «Crisi Irlanda, si teme l’effetto globale» titola l’articolo che sottolinea come mentre proseguono i negoziati sugli aiuti,  la Germania lancia l’allarme: minacce sul futuro dell’euro, nel catenaccio si legge: «L’Fmi: rischio contagio mondiale. Merkel: situazione seria». Dopo aver descritto il quadro della situazione e la chiusura negativa delle borse europee di ieri l’articolo continua «(…) In questo quadro non si sopiscono i timori di un effetto contagio ad altri anelli deboli dell’area valutaria a cominciare dal Portogallo. Oggi nel paesi si svolge uno sciopero generale che si annuncia imponente (…). Scioperi anche in Grecia, sui cruciali trasporti tra le isole che si trascineranno fino a venerdì (…)».

“Su euro e Borse il fuoco irlandese” è il titolo del richiamo in prima di AVVENIRE che annuncia i servizi di pagina 27 sulla crisi di Dublino che incendia i mercati e l’allarme del Fondo monetario. Per il timore di un contagio ieri le piazze europee hanno “bruciato” 81 miliardi. Oggi Dublino deve votare la legge finanziaria che contiene un impopolare piano di austerità quadriennale con tagli al salario minimo e ai sussidi di disoccupazione. Ma il premier irlandese Cowen è in difficoltà e il governatore della banca centrale mette in vendita gli istituti di credito dicendo di “auspicare” l’arrivo di “compratori esteri” e l’Europa avverte che senza la manovra di risanamento non arriverà il pacchetto di aiuti da 90 miliardi. In questo scenario si è levata ieri la voce della cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo cui la crisi irlandese è diversa da quella greca ma è altrettanto preoccupante. L’euro, ha detto, si trova un una situazione “eccezionalmente grave”. In un discorso a Berlino ha poi ribadito la sua idea di coinvolgere i privati nel meccanismo di salvataggio permanente per i Paesi della zona euro che dovrebbe essere creato dopo il 2013, alla scadenza dell’Efsf nato nel maggio scorso.

“L’effetto Irlanda affossa le Borse. Merkel, allarme euro”. LA STAMPA apre il giornale sui temi economico-finanziari, con un’analisi di John Waters, editorialista dell’Irish Times “Noi illusi dalla Tigre celtica”: «Gli irlandesi sono sconcertati, addolorati e arrabbiati, ma più semplicemente, confusi. La maggior parte delle persone, quando parla onestamente, ammette di avere solo una vaga idea di quanto sta accadendo. Soprattutto, non capiscono perché le cose sono peggiorate dopo due anni di austerità. (…)  In verità, il debito complessivo di 400 miliardi accumulato dal settore bancario irlandese ha poca o nessuna base in qualsivoglia beneficio concesso al grande pubblico. È innegabile che molti cittadini siano caduti vittima di una vertigine consumistica durante gli anni della Tigre celtica, ma questi peccati erano veniali rispetto a quelle dei banchieri, dei promotori finanziari e dei leader politici. Anche sommando tutte le nostre follie private non si arriva che a una frazione del conto da pagare per la banca più tossica d’Irlanda, la Anglo-Irish bank, con i suoi 50 miliardi di euro di debito, in gran parte derivanti da enormi progetti di sviluppo. (…) Inoltre, guardando più da vicino le condizioni di fondo, appare evidente che, qualunque follia si possa essere impadronita degli irlandesi, questa è stata quasi un inevitabile sottoprodotto dei vistosi cambiamenti economici innescati dall’introduzione dell’euro. Bisognerà scrivere un libro un giorno, raccontando come alcuni complessi malfunzionamenti del desiderio umano abbiano inciso drammaticamente a livello psicologico, come una nazione abituata alla miseria e alla frugalità sia stata improvvisamente messa di fronte a una prospettiva di prosperità e benessere e abbia fatto ciò che gli esseri umani quasi invariabilmente tendono a fare. Tale analisi dimostrerà probabilmente che non si trattava di un problema individuale ma di una forma di spericolato stimolo imposto dall’esterno». 

E inoltre sui giornali di oggi:

5 PER MILLE
IL FATTO QUOTIDIANO – Anche oggi apre sul 5 per mille pubblicando una lettera di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e inventore del 5 per mille. Ecco quanto scrive il titolare dell’Economia: «quella del 5 per mille è un’idea di cui sono orgoglioso… il fondo attuale, pari a 100 milioni, è iniziale e può – deve – essere integrato. L’importo da me inizialmente previsto, pari a 400 milioni, è stato eroso da successive scelte parlamentari. Ad esempio dalla scelta di incrementare i fondi per l’editoria, per le televisionio private, per altre e varie causali. Rispetto a tutte le altre “scelte”, preferivo e preferisco in assoluto il 5 per mille. E voterò dunque per reintegrarlo». Mah… non è sua la legge di stabilità? Vedere a tal riguardo il blog di Riccardo Bonacina su Vita.it .

COREA
AVVENIRE – “Lampi di guerra tra le due Coree” titola in prima pagina e dedica la pagina 5 all’escalation nel Mar Giallo. Dato per agonizzante, il regime nordcoreano rioccupa la scena internazionale e fa esplodere la tensione. Obama accusa: “Non rispettano gli obblighi nei confronti della comunità internazionale”, mentre secondo il segretario Onu si tratta di “uno dei più gravi incidenti della Storia”, sicuramente la peggior crisi nella regione dalla fine del conflitto nel 1953.

UNIVERSITA’
IL MANIFESTO – La prima pagina de IL MANIFESTO è occupata dalla fotografia degli studenti e dei ricercatori con le tende sul tetto della facoltà di Architettura di Roma «Il tetto del sapere» è il titolo di apertura a sfondare sull’immagine «Notte sui tetti delle università italiane alla vigilia del voto sulla legge Gelmini. Oltre la metà degli atenei è occupata (insieme ai licei), e la protesta mette le tende sui terrazzi delle facoltà. Oggi la Camera approva (con il sì dei finiani)», un’intera pagina (la 8) è dedicata alla protesta de «I ragazzi dell’Onda ripartono da Torino» titola l’articolo principale per raccontare come «Alla vigilia dell’approvazione della riforma, esplode la rabbia di studenti e ricercatori. In Piemonte e a Roma i precari si arrampicano in cima agli atenei. Decine di facoltà occupate da nord a sud del paese. Contro un progetto che destruttura la formazione e toglie ossigeno al sapere critico. “Il salto avanti è scoccato – annunciano i ricercatori – noi non ci fermeremo” La protesta dei precari: riportiamo in alto l’università E gli studenti occupano il mitico palazzo Campana».

DIFESA DELLA VITA
AVVENIRE – Prosegue il suo appello “Fateli parlare” a favore delle famiglie che assistono i malati in stato vegetativo. Due le pagine (8 e 9) dedicate alla mobilitazione bipartisan di 169 parlamentari  e all’ indignata reazione alla tesi di Michele Serra secondo cui “chi giace nel lungo sonno del coma” sarebbe in fondo un privilegiato. Oggi sit-in in Campidoglio.

IMMIGRAZIONE
LA STAMPA – “Buon natale, solo in Italiano- Milano: rimosse in via Padova le luminarie multietniche”: «Capita che il quartiere si prepari al Natale, e che lungo la via compaiano, già una decina di giorni fa, montati anche se non ancora illuminati, certi auguri multietnici: cuori rossi intrecciati a frasi beneauguranti in diversi idiomi. Ma ieri mattina, oplà, ecco che rimangono soltanto quelli in italiano, e su Facebook fioccano i paragoni: via Padova come la scuola di Adro? Chi rema contro l’armonia multietnica, perdipiù al cospetto dell’albero e del presepe? Maurizio Cadeo, assessore all’Arredo Urbano del Comune, assume così, in questo racconto di Natale del 2010, i connotati di Scrooge: cioè del cinicone che ha rovinato la festa. Pierfrancesco Maran e Maurizio Baruffi, consiglieri comunali del Pd: “Le feste sono un momento di unità, pensare che le scritte in lingua urtino la sensibilità di qualcuno è da cretini”. (…)» L’assessore replica: «Faccio notare che quelle scritte mi sembrano un’accentuazione eccessiva, come se via Padova fosse da ghettizzare. Pongo il problema e allora ho la prova del nove: salta fuori questa cooperativa a protestare. Mi convinco che era tutto preordinato. La convivenza fra popoli diversi è un problema complicato, mica si può affrontare in questo modo. Siamo seri».

ANIMALI
ITALIA OGGI – La metà bassa della prima pagina è dedicata a «Cimiteri anche per cani e gatti», un grande rinvio per la pagina interamente dedicata al ddl sulla tutela degli animali d’affezione al vaglio del prossimo consiglio dei ministri. Nella pagina interna (la 32) un ampio articolo spiega il sistema sanitario per cani e gatti che prevede anche prestazioni veterinarie minime garantite, si ricorda che le «bestiole» saranno tutte schedate e che sono previste multe tra i 5 e i 20mila euro. 
 
ARSENICO
IL MANIFESTO – Un richiamo in prima e un articolo a pagina 7 per denunciare che «128 comuni fuorilegge, e ora il governo “scopre” la direttiva dell’Ue» come recita il richiamo sull’Acqua all’arsenico. «È una brutta vicenda quella dell’acqua all’arsenico. Non solo per i numeri – 128 comuni, quattro regioni, un milione e centomila persone coinvolte – ma per l’opacità quasi assoluta mantenuta dal ministero della salute. Una decisione importante della Commissione europea, che boccia le deroghe italiane sull’arsenico, presa il 28 ottobre è stata annunciata dal ministro Fazio solo ieri e solo dopo che i comitati del Lazio – Aprilia e Velletri in testa – avevano scovato e reso pubblico il documento della direzione ambiente della commissione (…)» e ancora, dopo aver tracciato la cronistoria della vicenda «Il governo italiano, e con lui le Regioni interessate, ad iniziare dal Lazio guidato oggi dal Pdl, ha avuto tutto il tempo necessario per prepararsi alla decisione comunitaria. E le soluzioni sono a portata di mano: per la provincia di Roma, ad esempio, basterà chiedere ad Acea una parte di quei quattrocento milioni di profitti – la remunerazione del capitale garantita dalla legge Galli – accumulati dal 2003 ad oggi. Soldi che sarebbero stati immediatamente disponibili con una gestione pubblica delle reti idriche, a riprova che dove arrivano i privati gli investimenti necessariamente diminuiscono. Per ora le società dell’acqua coinvolte tacciono, non informando la popolazione. La speranza segreta è che il governo trovi la formula magica per addolcire la decisione di Bruxelles».

IRPINIA
ITALIA OGGI – In prima pagina un box ricorda che «Irpinia, dopo 30 anni dal terremoto la Regione Campania chiede ancora soldi». Il grande richiamo (l’articolo è a  pagina 8) osserva: «A 30 anni di distanza, gli italiani continuano ancora a pagare per il terremoto in Irpinia ogni volta che fanno il pieno: 4 centesimi per ogni litro di benzina sono destinati a coprire il costo di quel sisma (…)» Si ricorda l’ordine del giorno approvato ieri dal consiglio regionale che sollecita il governo a intraprendere iniziative per «chiudere il capitolo della ricostruzione dopo il sisma del 1980» e si commenta: «Sì perché i 32 miliardi di euro, in valore del 2000, spesi fino a oggi per la ricostruzione e destinati a 687 comuni italiani (erano inizialmente 280), evidentemente non sono bastati».


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