E’ sufficiente scrivere 400 milioni (di euro), poi ricredersi – in fondo è un tratto di penna – e modificare la cifra in 100 milioni. Peccato che ridurre di tre quarti il contributo di chi decide di destinare parte del suo reddito – il 5 per mille lo destinano i singoli cittadini, non chi guida il Paese – sia un disastro annunciato. Il provvedimento, così come lo si legge in Finanziaria, la legge di Stabilità in approvazione fra poche settimane, rischia di compromettere una realtà che funziona. “Il 5 per mille – dice Luca Moroni, presidente della Federazione Cure Palliative – è stato sin qui uno dei momenti chiave nel rapporto tra lo Stato e il Privato sociale, vale a dire migliaia di associazioni non profit che operano sul territorio a favore di chi soffre, di chi ha bisogno, degli ultimi. Parliamo di gente che lavora seriamente, ogni giorno, con l’aiuto dei volontari”.
Veniamo alle cure palliative, alle risposte che il sistema oggi dà ai malati terminali. Quali effetti può avere il taglio, in termini pratici?
“Il provvedimento rischia di inceppare la rete dei servizi che, in grave ritardo sul resto d’Europa, si sta sviluppando, attraverso integrazione tra pubblico e non profit e tra ospedale e territorio. Rete auspicata e disciplinata dalla recente legge n. 38, che sancisce il diritto all’accesso alle cure palliative. Il prospettato taglio azzoppa il sistema e non gli permette di rispondere alle esigenze dei 250 mila malati che ogni anno muoiono per una malattia inguaribile. Non scordiamoci che il sistema delle cure palliative è nato e procede solo grazie all’associazionismo non profit che ha dato risposte efficaci ai bisogni dei malati terminali”.
Come uscirne?
“Riflettendo e procedendo con lucidità: uno Stato moderno, per onorare i crescenti bisogni socio-sanitari, deve andare oltre il modello di welfare che conosciamo, non più sostenibile in termini economici. Dobbiamo fare i conti con la crescita dei costi e le risorse sempre più limitate. Per questo dobbiamo avere risposte di rete, nella logica di maggiore sviluppo e di integrazione con le comunità locali. Risposte dal basso, in aggregazione. E’ tempo di valorizzare l’attività dei volontari e per questo, per assolvere questo compito, è indispensabile il 5 per mille. Non si può aumentare? Che almeno lo si mantenga ai livelli attuali”.
Perché dovrebbe funzionare la sua ipotesi?
“Perché responsabilizza e attiva le migliori forze della società civile. Oggi occorre che lo Stato comprenda che la possibilità di garantire i servizi essenziali passa dalla piena attuazione del principio della sussidiarietà. Ciò significa in base all’articolo 118 della Costituzione, investire risorse umane ed economiche in grado di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini nelle loro forme associative. Non può esserci supplenza da parte delle ONP, ne delega da parte dello Stato. Il 5 per mille è diventato in questi anni uno strumento efficace e consolidato per sostenere le organizzazioni migliori e più vicine ai cittadini che le scelgono nella denuncia dei redditi. Affrontiamo un tempo di crisi economica nel quale aumenta la fragilità di chi ha bisogno di assistenza e quindi il ruolo delle organizzazioni non profit e del volontariato, ma lo stato non può abdicare al suo ruolo; la sussidiarietà non è delega, ma investimento, non è disimpegno ma responsabilizzazione”.
Quali azioni avete in programma, a tutela del 5 per mille?
“Un rapido coinvolgimento dei cittadini, in sintonia con le altre rappresentanze dei volontariato sociale. Parliamo di centinaia di migliaia di persone, se non milioni. Siamo in tanti a sostenere questa battaglia di civiltà”.
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