Vita cambia Vita. È la scritta che da un po’ di settimane campeggia su un grande muro della nostra redazione. Annuncia quel cambiamento avviato con la quotazione in Borsa del 22 ottobre e che porta, come primo risultato, a un giornale tutto nuovo, che da settimana prossima i lettori si troveranno tra le mani. Se l’ingresso in Borsa ha rappresentato una sfida e un abbattimento dei recinti, anche il nuovo giornale non potrà e dovrà esser da meno. Un giornale che vuole parlare a tutti, un giornale di mobilitazione della voglia di fare e di messa in rete delle esperienze. Un giornale per il singolo cittadino organizzato, o con il desiderio (o necessità) di organizzarsi. Un giornale che dovrà esprimere innanzitutto passione e competenza. Un giornale antinarcisista: nato per distribuire un dividendo sociale.
Con una sintesi efficace e geniale Nicola Lampugnani, il direttore creativo dell’agenzia che ha curato la campagna di lancio del giornale rinnovato, ha coniato un pay-off che esprime come meglio non si potrebbe l’obiettivo: «Vita, un passo avanti ogni settimana».
Un passo avanti, perché il senso del giornale è quello di andare oltre la comoda scelta dell’indignazione e di mettere in movimento le cose, di spingere all’azione chi lo fa e chi lo legge. Riusciremo nella scommessa se comunicheremo il gusto del fare, dell’implicarsi, del metter le mani nella realtà per migliorarla e adeguarla ai bisogni e ai desideri.
Ma un passo avanti contiene anche un messaggio ambizioso: “avanti” nel senso di cogliere e affrontare gli scenari che verranno. E questo grazie a quella grande rete di relazioni e di competenze che sono il vero patrimonio di un’esperienza e di un’impresa come quella di Vita. Un patrimonio che anche il mercato ha riconosciuto come “valore” premiando il titolo in Borsa.
Tra i pensieri e le frasi che nel corso delle settimane sono state appese al muro della redazione, una mi ha colpito. È presa da un libro-intervista a Mario Giacomelli, il più grande fotografo italiano del secolo scorso, personaggio umile e geniale, capace con la macchina fotografica di cogliere sempre sguardi stupiti e commossi sulla realtà. Nell’intervista Giacomelli suggerisce al suo interlocutore la necessità di leggere un giornale. E se quelli che leggono tutti non ti dicono niente «scegli un altro giornale, dove puoi trovare cose più intelligenti; basta prendere un altro giornale e leggerlo, non però consumare le pagine e dire che l’hai letto; puoi leggerne anche solo un pezzetto, quello che a te insegna qualcosa, che ti fa crescere».
È una bella ipotesi, piena di uno slancio, di una baldanza ideale che ci piacerebbe comunicare settimana dopo settimana. «Non è la speranza ciò che muove i giornalisti», sentenzia con secco realismo il più anziano dei sette monaci protagonisti dello straordinario film premiato a Cannes e da poco anche nelle sale in Italia (Gli uomini di Dio; non perdetelo, racconta la vicenda dei trappisti uccisi nel 1996 in Algeria). Ci piacerebbe con Vita dimostrare che non è necessariamente sempre così. E che si può fare un giornale che dia speranza a chi lo legge.
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