Non profit

Welfare made Intesa Sanpaolo

I particolari dell'accordo firmato tra il Gruppo e i sindacati

di Maurizio Regosa

Un’unica cassa sanitaria per tutto
il gruppo. Ne beneficeranno 200mila persone.
Ex dipendenti compresi. Con prestazioni allargate
Migliorare le prestazioni sanitarie, renderle omogenee per tutti i dipendenti, allargare il numero dei beneficiari: erano questi gli obiettivi che Intesa Sanpaolo si è posta quando ha intrapreso, assieme ai sindacati, il percorso che ha portato alla creazione di un’unica cassa sanitaria (partirà il prossimo gennaio e garantirà la copertura per ricoveri, visite specializzate, prestazioni come le protesi odontoiatriche e ortopediche). Un’operazione non semplice che ha dovuto tener conto della situazione di partenza, ovvero del fatto che Intesa Sanpaolo è nata dalla progressiva fusione di molte banche (28), ciascuna delle quali aveva concordato con i propri dipendenti distinte modalità di welfare aziendale. «In pratica c’erano tre casse sanitarie e moltissime polizze che consentivano prestazioni anche molto diversificate», spiega Mauro Incletolli di Fiba Cisl. Le conseguenze ciascuno le può immaginare: difformità di trattamento, complessità organizzativa, costi diversificati. Era doveroso trovare una sintesi. Che però non è stata una “semplice” razionalizzazione. «Della Cassa beneficeranno circa 200mila persone, tra dipendenti e familiari. Il valore complessivo sarà di 100 milioni, due terzi dei quali messi a disposizione dall’istituto», spiega Marco Vernieri, direttore del personale della banca, «con un incremento pari a circa l’1,5% del costo del lavoro aziendale, esente però da carichi fiscali». In pratica ci sarà più welfare per i lavoratori (i loro familiari, anche in coppia di fatto), più investimenti da parte dell’azienda che incrementa il suo impegno di circa 15 milioni di euro, un valore di cui beneficeranno pienamente i dipendenti, trattandosi di quote a ridotta imposizione fiscale e contributiva.
Non stupisce che l’accordo sia stato firmato da tutte le sigle sindacali (oltre a Fiba, Dircredito, Falcri, Fabi, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl Credito e Uilca). «Per i dipendenti c’è stato un piccolo incremento del contributo, ma in compenso si è ampliata la gamma delle prestazioni anche per i pensionati, grazie a un meccanismo di mutualità», aggiunge Incletolli. «Abbiamo puntato a coprire tutto il percorso di vita, compresa la quiescenza», puntualizza Vernieri, «introducendo un meccanismo di solidarietà fra lavoratori attivi e pensionati che consentirà al tempo stesso la sostenibilità dell’operazione e la sua estensione». Già perché fino a ora non tutti gli ex dipendenti che godevano del regime assicurativo potevano fruire delle prestazioni delle ex casse. La presidenza del cda sarà affidata, a turno, all’azienda e ai sindacati. «Una scelta che è stata fatta per raggiungere il maggior coinvolgimento delle parti sociali», conclude Vernieri, «e per responsabilizzare tutti, facendo così convergere l’interesse verso il bene comune. E cioè la salute dei lavoratori».


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