Non profit

Il “Nobel missionario”: una luce sul sud del mondo

Assegnato sabato 23 ottobre il Premio Cuore Amico alla Congregazione dei Padri Somaschi, a Suor Eleonora Liberini e a Luisa Flisi

di Antonietta Nembri

Un  premio e un aiuto concreto, ma soprattutto un modo per mantenere viva l’attenzione sulla scelta dei missionari di donarsi completamente al prossimo, con gioia e dedizione, per costuire nei paesi poveri una speranza per il futuro. È questa la filosofia del Premio Cuore Amico, istitutito venti anni fa dall’associazione Amico Fraternità onlus, un Nobel Missionario attrvaverso il quale l’associazione bresciana premia, offrendo un aiuto concreto, figure esemplari di missionari religiosi e laici che con la loro opera aiutano i poveri in paesi lontani.

E l’aiuto concreto in questi venti anni, grazie anche alla generosità dei benefattori dell’associazione, ha permesso di donare oltre 2 milioni e 500mila euro. Di questi ben 150mila euro sono stati messi a disposizione, complessivamente dei tre premiati di quest’anno che hanno ricevuto ciascuno 50mila euro per le loro missioni. «Scopo del Premio non è tanto l’aiuto economico ai missionari ma richiamare l’attenzione, e quindi l’impegno degli italiani, su questa silenziosa ma grandiosa opera di questi missionari». Sottolinea ancora Don Armando Nolli, presidente di Cuore Amico Fraternità Onlus: «L’attività missionaria è insieme altamente umanitaria perché si concretizza in una serie di opere: scuole, da quelle elementari alle professionali, ambulatori, ospedali, acquedotti, pozzi e tutte le iniziative che creano la base indispensabile per liberare i popoli del Terzo Mondo dalla fame, dall’ignoranza e dalle malattie».

I premiati di quest’anno sono:

La Congregazione dei Padri Somaschi: impegnati in America Centrale, India, Filippine e Sri Lanka. La congregazione aiuta soprattutto gli orfani e i ragazzi di strada, intesi come soggetti che nella vita non hanno punti di riferimento, e si impegna nella fondazione di scuole per  insegnare a leggere, a scrivere e  a dare  una professione ai ragazzi che provengono dai ceti più bassi.

Suor Eleonora Liberini: Suor Eleonora svolge la sua missione in Zambia a Kabwe, dove opera in parrocchia ed è ogni giorno a contatto con grandi sofferenze, soprattutto quelle dei bambini malati abbandonati dalla loro famiglia. Per questo, la Congregazione delle Suore di Maria Bambina alla quale Suor Eleonora appartiene, grazie all’aiuto di molti benefattori, ha deciso di costruire una casa in cui prendersi cura di questi bambini e offrire loro un rifugio sereno dove poter crescere. Nel corso della sua opera missionaria prima a Chirundu e poi a Kabwe, Suor Eleonora ha condiviso le storie drammatiche di molti bambini rifiutati dalle famiglie, come ad esempio il caso di Olimbo un bambino di 7 anni con gravissime ustioni sull’80% del corpo, causategli dalla la madre che in un raptus di follia, l’ha incendiato. Olimbo  è vivo per miracolo e Suor Eleonora Liberini si prende cura di lui.

Luisa Flisi è nata nel 1944 a Castelbaroncolo, piccolo centro a pochi chilometri da Parma. La sua famiglia di contadini l’ha educata nel rispetto dei valori fondamentali della vita: l’amore della famiglia, il rispetto degli altri, l’onestà, la solidarietà nei confronti di chi soffre, l’attenzione verso i poveri. Luisa ha svolto la sua missione in Congo, negli anni difficili delle guerre di liberazione che hanno portato morte e distruzione e ha cercato di essere un punto di partenza e di speranza per i sopravvissuti.  Nel 1999 Luisa iniziò a lavorare a tempo pieno nel Gram, di cui attualmente è responsabile del servizio sociale. Nel periodo in cui si è manifestata in tutta la sua gravità la piaga dell’Aids, il Gram si è impegnato a stare a fianco di questi malati, in costante aumento e in grande sofferenza, non solo per la malattia, ma anche per l’emarginazione e l’abbandono subiti da parte della famiglia e della comunità. Il Gram va a casa di ogni malato per essere di sostegno al singolo e alle famiglie che devono accettare una malattia ancora vissuta, in molte parti dell’Africa,come una colpa o un castigo.


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