Dopo due settimane di lavori si è concluso il Sinodo speciale sul Medio Oriente. Mai a Roma s’erano visti tutti insieme i patriarchi e i vescovi di queste antichissime chiese, dall’Iran al Libano, dall’Iraq alla Palestina. Duemila anni fa il cristianesimo nacque a casa loro. Eppure oggi essi sono pressoché sconosciuti alla maggior parte dei cristiani occidentali. Mi è capitato di assistere, una sera, alla messa celebrata da uno di questi patriarchi in una parrocchia di Roma. I fedeli entrati in chiesa a rito già iniziato e ignari di chi fosse il celebrante, hanno cominciato a guardarsi attorno con aria smarrita. Alcuni scambiavano sorrisi e battute con il proprio vicino. Altri ancora, informati che di un patriarca caldeo si trattava, chiedevano con insistenza se la messa fosse valida e il precetto festivo assolto… Ora è vero: il vecchio patriarca caldeo non celebrava l’eucarestia secondo il nostro rito latino ma secondo il rito, diverso ma cattolicissimo anch’esso, della propria comunità di origine. Il tono e la modulazione della sua voce riecheggiavano le invocazioni di un muezzin, ma solo e semplicemente perché entrambi, il patriarca e il prete islamico, appartengono alla medesima cultura araba. E quindi, nel modo di parlare e di pregare inevitabilmente un po’ si assomigliano. La lingua poi era assolutamente incomprensibile. Era l’aramaico antico, udite udite. La lingua parlata da quel mediorientale di Gesù.
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