Economia

Un triangolo perfetto contro le malattie rare

Lo storico accordo fra Telethon, San Raffaele e GlaxoSmithKline

di Riccardo Bagnato

La terapia elaborata da Telethon sarà ceduta in esclusiva alla multinazionale. «È il partner che ci serviva», spiega
la dg della fondazione, Francesca Pasinelli È un momento storico per la ricerca italiana. La scelta di Telethon di stringere una triplice alleanza con l’Istituto San Raffaele di don Verzé e la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline segna un punto di non ritorno. Un modello per altre realtà. Ne sono convinti tutti: dal presidente, Luca Cordero di Montezemolo, al direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica, Luigi Naldini, passando per Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon. Lo dicono con orgoglio e con un po’ di commozione: «Vent’anni fa abbiamo avuto l’incarico di trovare una cura per alcune malattie rare», confessa la Pasinelli, «talvolta mi è capitato di temere fossimo in un vicolo cieco. Oggi, invece, possiamo dire di aver rispettato quel mandato: davanti a noi, ai milioni di italiani che ci hanno sostenuto, così come davanti ai nostri pazienti si aprono delle prospettive di cura concrete». Un percorso ventennale, quello di Telethon, fatto di sfide, successi, maratone: 2.261 progetti di ricerca per un ammontare di 323 milioni di euro. Ben 454 malattie rare studiate, 1.421 ricercatori finanziati, 7.393 articoli scientifici pubblicati.
Vita: In cosa consiste l’accordo?
Francesca Pasinelli: Con il San Raffaele la collaborazione data in realtà al 1995. Mentre l’accordo di oggi prevede che l’Istituto San Raffaele-Telethon riceva da GSK un primo investimento di 10 milioni di euro. La multinazionale farmaceutica ottiene una licenza esclusiva per lo sviluppo e la commercializzazione dei protocolli di terapia genica. Una terapia che ha già avuto successo su 14 bambini affetti da ADA-SCID e che sarà industrializzata e immessa sul mercato così da essere fruibile da tutti, grazie all’impegno di GSK. È inoltre in fase sperimentale una tecnica analoga per sviluppare una cura per altre sei malattie genetiche.
Vita: Come spiegherete ai milioni di donatori che, da oggi, concedete un’esclusiva a una grande multinazionale farmaceutica che si è dimostrata interessata a una terapia elaborata proprio grazie al loro sostegno?
Pasinelli: Noi abbiamo terminato la fase di test, ad esempio, delle cure per la ADA-SCID. Di fatto non avremmo più potuto curare nessuno con quella terapia. Dovevamo renderla fruibile a chi ne ha bisogno perché questo è quello che ci hanno chiesto proprio i nostri sostenitori. Ma avevamo bisogno di un partner capace, per competenza e capacità economica, di farlo. Noi avevamo le carte, i risultati, la terapia. Loro la possibilità di tradurli in prassi. Tenga conto, poi, che proprio i nostri donatori ci hanno permesso di ottenere questi risultati e di organizzarli rispettando standard talmente elevati da diventare “appetibili” per un’industria e conformi a quanto richiesto dalla istituzioni competenti. Un risultato eccezionale. A cui va aggiunto che nell’accordo abbiamo ovviamente inserito alcuni “paletti” perché non si corra il rischio di disperdere il patrimonio di know-how che abbiamo acquisito.
Vita: Secondo lei cosa ha convinto GSK ad accettare? Possiamo sfatare il mito che vuole le malattie rare non remunerative?
Pasinelli: Guardi, innanzitutto quello che ha convinto l’azienda sono gli ottimi risultati raggiunti e la qualità dei dati che abbiamo a disposizione. In secondo luogo immagino che l’interesse della GSK non si fermi alle sette malattie rare per cui oggi otteniamo l’investimento, ma alla piattaforma che abbiamo messo a punto e che potrebbe risultare remunerativa su scala mondiale, a lungo termine.


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