Politica

La crisi rivela il suo vero volto

editoriale

di Giuseppe Frangi

Qualcosa non quadra nei conti di questo 2010 che sta ormai volgendo al termine. Lo ha scoperto il Wall Street Journal analizzando i numeri delle 36 principali banche d’affari quotate a Wall Street: stipendi e bonus distribuiti al management raggiungono quest’anno la cifra record di sempre, 144 miliardi di dollari. Lo scorso anno erano stati 138,9 miliardi. In molti casi questa lievitazione dei compensi non è neppure legata ai risultati: Goldman Sachs, ad esempio, con un calo del 13% dei volumi d’affari fa registrare un aumento del 3,7% dei proventi ai dipendenti. Nello stesso arco di mesi la disoccupazione negli Usa è è rimasta sul 9,7% senza dare nessun cenno di inversione di tendenza. Sono 14 mesi consecutivi che si mantiene sopra il 9,5%, ossia la più lunga striscia sopra questa soglia dal 1948, anno in cui sono state introdotte le rilevazioni mensili. La crisi davvero sta svelando un volto drammaticamente paradossale: chi, agendo sulla speculazione più spregiudicata, l’ha provocata, ne esce consolidato nelle sue ricchezze e nel suo potere. Chi l’ha subita, perdendo spesso o casa o lavoro (o tutte e due), ne esce drasticamente impoverito.
La grande crisi, insomma, sta svelando poco alla volta il suo vero volto: i costi sono solo quelli sociali. Per il resto tutto come prima, e più spregiudicatamente di prima. Lo ha spiegato, senza mezze parole, Giulio Tremonti, in margine al recente vertice del Fondo monetario internazionale a Washington: «Nel gestire la crisi, scambiandola per un ciclo economico, si è fatta la scelta di salvare la speculazione che stava dentro le banche perché le banche avevano un’importanza sistemica…. Quando saranno disponibili le slides sull’entità della shadow finance, la finanza ombra, ci si renderà conto che le cose sono ancora quelle di prima. Tornano i bankers, i bonus sono elevati, i derivati aumentano… tutto come prima».
La crisi in sostanza non è frutto di anomalia ma ha evidenziato un’anomalia del sistema, che nessuno oggi sembra in grado di ricondurre dentro ragionevoli binari. La riforma del sistema finanziario firmata da Obama e approvata a luglio deve ancora passare sotto il fuoco dei lobbisti che controllano la stesura dei 533 decreti attuativi che richiederanno più di cinque anni di lavoro. Forse terminerà per il 2018. La riforma avrebbe dovuto impedire il salvataggio a fondo perduto delle banche “too big to fall” e impedire alle banche commerciali di investire in operazioni speculative o particolarmente rischiose per una percentuale superiore al 3% del proprio capitale.
In un quadro come questo fa pensare l’allarme preciso e drammatico che il Papa ha voluto inserire nel solenne discorso di apertura del Sinodo della Chiesa del Medio Oriente. Un allarme che contiene anche un giudizio culturale sul nostro Occidente: «Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l’uomo, che non sono più cosa dell’uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo».

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