Politica

Come uscirne? Miglioriamo l’indirizzario

Qualche consiglio dall'esperto

di Valerio Melandri

Cominciamo dagli elenchi del 5 per mille. È ora
di sapere chi ci ha dato una mano Il dado è tratto, almeno sembra. Le Poste hanno detto la loro, e le organizzazioni non profit hanno tentato di far cambiare questo “regalo” inaspettato. Insomma, davvero una bella confusione. Ma ora che fare? Parlo con le organizzazioni non profit. Alcune dicono che «non faremo mai più mailing», senza rendersi conto che i loro migliori nuovi donatori arrivano spesso proprio dal mailing; alcune, che spedivano solo mille notiziari ogni tre mesi, decidono (senza criterio logico) di interrompere le spedizione dei giornalini «perchè ora costa troppo» non rendendosi conto che in molti casi si tratta di 200/300 euro di aumento di costi quando magari con il giornalino arrivano mille/duemila euro di donazioni. Insomma, comportamenti schizofrenici, alcune volte poco pensati.
Ma qual è il vero problema che sta sotto tutta questa vicenda? Che fino a ieri si spedivano lettere un po’ a caso – «tanto costava poco, proviamo» – e in alcuni casi i ritorni economici erano talmente bassi che questo aumento delle Poste li ha azzerati. Fino a ieri, si diceva: «Con 0,20 o 0,25 centesimi al pezzo si riesce a fare a una discreta campagna mail, perché non provare?».
Ora se si analizza in termini di costo e di rendimento un mailing, i fattori che lo compongono sono tre: la causa che viene proposta, (che cosa); la creatività nel realizzarlo, (come); gli indirizzi a cui viene spedito (a chi). In molti pensano che questi tre fattori siano ugualmente “pesanti”, alcuni pensano addirittura che il problema del mailing sia solo la creatività («se è bello, e ben fatto con tutte le regole del marketing e della persuasione, funzionerà»). Invece non è così. Le ricerche dimostrano indiscutibilmente che, fatto 100 il peso dell’intero mailing, quello dei singoli fattori è attribuibile al 10/20% alla buona causa che viene proposta, al 10/20% alla creatività nel realizzarlo, mentre ben il 70/80% del successo deriva all’indirizzo a cui viene spedito, alla persona che viene scelta. Questo è il problema italiano, non solo la postalizzazione: che anche in presenza di una buona creatività (e alcuni mailing sono davvero belli, meglio di tanti inglesi o americani), non ci sono più indirizzi validi! O meglio ancora, gli indirizzi non rendono più come una volta perché a causa di quella strana legge detta “privacy” non si riesce più segmentarli adeguatamente.
Occorre certamente continuare la “buona battaglia” dei costi di postalizzazione, ma è bene concentrarsi anche sulla ricerca di nuovi nominativi, di buoni nominativi, di adeguati e coerenti nominativi alla propria causa. Ecco perché bisogna insistere con il governo che autorizzi la visione dei nomi di coloro che hanno firmato il 5 per mille, causa per causa. Non costerebbe nulla a nessuno, ma ridurrebbe i costi della ricerca di nuovi nominativi interessati alla propria causa. Non si chiede di sapere i dati “economici” di chi ha firmato per il 5 per mille, né di sapere chi sono coloro che hanno firmato il 5 per mille degli altri, ma quello che ognuno deve chiedere con forza è: «Permettetemi di ringraziare chi ha scelto di dare il suo 5 per mille a me». Che ci venga dato l’indirizzo postale di chi ha donato il suo 5 per mille alla mia causa. Con quell’indirizzo si può iniziare un’amicizia con il donatore? e se sono rose fioriranno!


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