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La guerra annunciata delle “tigri”

Notte di violenza a Genova fra ultras serbi e polizia, salta Italia-Serbia

di Franco Bomprezzi

Genova per una notte capitale della follia degli ultras nazionalisti serbi. Quasi una riedizione calcistica della violenza dei black bloc. Ma come hanno fatto ad arrivare fino allo stadio in centinaia, armati di razzi e di coltelli? Nessuna spiegazione convincente, per ora. E i giornali di oggi raccontano quasi in diretta una serata che non il calcio giocato non ha davvero nulla a che vedere.

Due pagine, la 2 e la 3, dedicate a raccontare la follia prevedibile di Genova, con la guerriglia allo stadio e in città provocata dagli ultras nazionalisti serbi, arrivati al seguito della nazionale di calcio. In prima la foto simbolo della grande impresa, Ivan, il capo, con il volto coperto dal passamontagna, maglietta nera con il teschio, tatuaggi ovunque, a cavalcioni degli spalti di Marassi: è la falsa apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi, con il titolo “Guerriglia degli ultra serbi. Salta la partita dell’Italia”. Sempre in prima parte il commento di Mario Sconcerti: “Lo stadio come luogo per tutte le vendette”. Leggiamo: “Non possiamo assumerci il peso di tutte le responsabilità del mondo. Questo è calcio. Pura volgarità muscolare, pura soddisfazione catartica, ma solo calcio. Non può darci soluzioni, può solo farci stare un po’ meglio dentro il male di vivere. Il rispetto del calcio, delle regole e della piccola civiltà di fondo che delle regole ha bisogno, dice adesso che serve una giustizia rigorosa e qualunque”. Il pezzo di cronaca di Alessandro Bocci si conclude così: “Oggi il bilancio della serata di violenza e guerriglia. Con il contorno di polemiche e processi. Il questore Massucci se la prende con i colleghi serbi: «Non ci avevano segnalato la pericolosità di certi elementi». Si indagherà anche sulla presenza di infiltrati veronesi nel gruppo dei violenti”. Ampio fotoservizio a corredo della notte di Genova: polizia in assetto di guerra, fumogeni, razzi, i giocatori attoniti, le lacrime di Stankovic, consolato da Cassano. Le “tigri di Arkan” hanno vinto la loro partita. Tutti gli altri hanno perso.

“Genova, ultrà serbi scatenati sospesa la partita dell’Italia”: LA REPUBBLICA dedica alla notte di paura e follia le prime tre pagine. Guerriglia tifosa serba impazzita e polizia che non interviene e si giustifica: «non siamo intervenuti prima perché volevamo evitare una tragedia». La polizia ha chiesto rinforzi a Torino e Milano, ma comunque i disordini hanno causato 14 feriti, prima e all’inizio della partita (sul campo sono stati lanciati anche dei razzi). Un punto polemico sul quale si concentra Marco Mensurati: “Spranghe e razzi in curva la sicurezza ha fatto flop”. La polizia italiana è stata avvisata da un rapporto serbo inviato venerdì pomeriggio: avvertiva della presenza di 3-400 ultrà di destra alla partita. Una informazione che è servita a poco. «Ci avevano avvertito del numero di tifosi ma non della loro pericolosità: gente così non doveva nemmeno arrivarci qui» lamenta Roberto Massucci, responsabile sicurezza per la nazionale. In ogni caso la reazione della polizia, annota il cronista, non è stata sufficiente: «non ha funzionato nulla, ieri sera: dal primo pomeriggio quando bande di serbi ubriachi avevano fatto razzia del centro cittadino fino a tarda notte quando il servizio di contenimento ha fatto cilecca e alcuni scalmanati serbi sono entrati a contatto con gli ultrà locali». Ma chi sono questi ultrà serbi? Una domanda cui risponde Renato Caprile nel suo pezzo “Gli ex paramilitari diventati ultrà i seguaci violenti della tigre Arkan”. Sono gli stessi che tre giorni fa hanno messo a ferro e fuoco la capitale serba mentre si svolgeva il gay pride. Ex tigri di Arkan, nazionalisti accaniti che si sono infiltrati nel tifo con un solo obiettivo: destabilizzare la Serbia. «Questa teppaglia non agisce in maniera spontanea. Sono al soldo di chi vuole impedirci con ogni mezzo di diventare una nazione normale», dice Milan Petrovic, direttore del quotidiano Blitz. Gianni Mura infine scrive un commento molto amaro: “Un colpo al cuore per il calcio malato”.

IL GIORNALE titola “Il giorno della vergogna. Italia che choc: la guerra serba uccide il calcio”. La vergogna è ovviamente quella serba perché, come scrive Franco Ordine «gli ultras serbi non hanno solo inferto una ferita al loro calcio e alla reputazione del loro Paese, hanno messo fuori legge il calcio serbo per molti anni. Ma la partita Italia-Serbia, scrive Massimiliano Lussana «è l’assurdità di un apparato che non ha il coraggio di prendere  una decisione inevitabile e che andava presa subito, nel momento in cui il tizio con il passamontagna e gli altri due capi arrampicati sulla gabbia – la stessa che domenica scorso ha ospitato Genoa for children, iniziativa rossoblu per portare allo stadio i bambini – iniziavano a tagliare le reti. Ma né il delegato Uefa, nè  i responsabili della sicurezza prendono quella decisione che, alla fine, solo l’arbitro prende sulle sue spalle.  E le forze dell’ordine, impegnatissime a sequestrare striscioni ai tifosi di Genoa e Sampdoria, spiegano di non essere intervenute  prima per tutelare la sicurezza degli altri spettatori e evitare scontri violenti che avrebbero potuto degenerare. Sotto accusa anche la polizia serba: «per non avere fornito adeguate informazioni sulla consistenza e la fedina penale dei tifosi diretti a Genova». IL GIORNALE riporta le parole del presidente  della Federcalcio serba Tomislav Karadzic: «è uno scandalo quelli che hanno organizzato questi incidenti sono a Belgrado. È un attacco allo Stato e lo Stato  deve risolvere il problema».

«Europei – L’Italia vince a tavolino. Genova, ultrà serbi scatenati. Partita sospesa» è questo il titolo del boxino che (probabilmente) in extremis IL MANIFESTO è riuscito a inserire in pagina sport. Poche righe per raccontare la cronaca dei fatti al Ferraris di Genova dove 1.600 ultrà serbi «stipati nel settore ospiti dello stadio hanno iniziato a lanciare fumogeni in campo (…). Il brevissimo articoletto si chiude «I giocatori azzurri hanno salutato il pubblico e lanciato magliette, quelli serbi hanno provato a calmare i supporter andando sotto la curva con le tre dita aperte (il simbolo dell’unità della Serbia).
 
Fotonotizia in prima pagina per IL SOLE 24 ORE sugli scontri di Marassi: “Teppisti servi all’attacco a Genova”. Il commento di Gigi Garanzini, a pagina 28, è intitolato “Sconfitti nella partita dell’ordine pubblico”. «Le bande serbe, la cui pericolosità è stata evidentemente sottovalutata nonostante i segnali giunti negli ultimi giorni, in particolare dopo la sconfitta subita in casa lo scorso venerdì dall’Estonia, hanno prima scorrazzato per il centro di Genova, poi assaltato il pullman della loro nazionale e infine, completata questa fase di riscaldamento, occupato il settore di Marassi loro riservato con il ben preciso intento di non far disputare la partita.  (…) la sensazione di impotenza è risultata palpabile. Ed è stato inevitabile domandarsi se non sarebbe stato il caso, dopo le violenze già compiute in città, di accogliere gli ultras serbi in ben altro modo ai cancelli dello stadio: organizzando per loro, seduta stante, una diretta della partita a circuito chiuso nell’accogliente caserma di Bolzaneto».

“Furia serba. Hanno vinto i teppisti” titola AVVENIRE a pagina 32 e commenta: «Tutto quello che non avremmo mai voluto vedere in uno stadio di calcio ieri sera siamo stati costretti a vederlo a Marassi, per un’Italia-Serbia che non si doveva giocare.… È stata una notte di pestaggi e i protagonisti invece che i 22 in campo sono diventati quei folli che hanno seminato il panico tra le strade di Genova fin dal pomeriggio». Dopo il resoconto del tira e molla sull’inizio della gara, con i delegati Uefa nel pallone che temporeggiano sulla decisione da prendere e poi fanno iniziare con 45 minuti di ritardo la partita, poi sospesa sei minuti dopo per scontri e lancio di fumogeni in campo, la conclusione dell’articolo di Massimiliano Castellani è: «Doveva essere soltanto una sfida di calcio, valida per la qualificazione agli Europei del 2012. Ma anche da un campo di calcio l’Europa unita sembra più lontana».

La GAZZETTA DELLO SPORT apre con le scuse della Serbia. “La Serbia si vergogna Paura, condanne e scuse” il titolo dell’articolo che racconta le reazioni delle istituzioni calcistiche e non serbe. «”Non erano venuti soli a Genova”, ha osservato da parte sua il presidente della Federcalcio serba, Tomislav Karadzic, confermando in sostanza quanto da lui detto ieri sera a Genova subito dopo la sospensione della partita: per Karadzic infatti si sarebbe trattato di un piano preordinato della tifoseria ultras per creare incidenti e far saltare l’incontro.
Descrivendo il clima di tensione vissuto a Genova Karadzic, ha detto fra l’altro che in alcuni momenti la polizia italiana ha “difeso con le pistole” la nazionale serba dalle violenze dei teppisti sugli spalti di Genova. “Noi eravamo pronti a giocare, ma non abbiamo potuto farlo”, ha detto il dirigente secondo il quale sarebbe stato meglio non cominciare affatto l’incontro». La dichiarazione più impressionante, in chiave di prevenzione: «il presidente federale serbo ha commentato: “Un imbarazzo senza precedenti per il nostro calcio, ci hanno fatto vergognare di fronte a tutta Europa. Da due giorni fa avvertivamo che c’era una polveriera. Avevamo informato la polizia italiana che c’erano tifosi che stavano progettando di venire qui per impedire che si giocasse. Gli organizzatori sono da qualche parte a Belgrado e lo Stato deve identificarli. Questo non è un attacco solo alla Federazione”». In più la stampa serba grida alla vergogna e l’ambasciata si scusa. Non ci sono approfondimenti sul perchè, se erano state avvisate, le autorità italiane hanno permesso a questi tifosi di entrare nell’impianto di Genova. Un altro articolo in primo piano online è sul protagonista della serata. “Arrestato l’uomo nero serbo. Tradito dai tatuaggi”. Scrive Riccardo Pratesi «Lui si chiama Ivan. Lo dice un agente, quando alle 3 della notte tra il 12 e il 13 ottobre il ricercato numero uno degli ultrà serbi a Marassi viene immortalato dai fotografi dopo essere stato arrestato da pochi minuti. Lui l’avete visto con un passamontagna appollaiato sopra la rete del settore ospiti prima di Italia-Serbia. Aveva tagliato la rete, e, da lassù, fisico enorme e tatuaggi ostentati in bella vista, lanciava bengala in campo e in curva nord. Proprio i tatuaggi sono stati il suo tallone d’Achille». E questo basta a far capire quanta libertà d’azione abbia avuto questi ultras. «Quando di pullman nel piazzale ne è rimasto solo uno, ed è stato circondando da un numero enorme di agenti in tenuta antisommossa, il pensiero condiviso da chi era ancora lì, al di là della rete, ad aspettare di dare un volto all’uomo nero delle fiabe, è stato: ci siamo. Erano le 2.30. E però i passeggeri del pullman sono scesi, si sono messi in fila orizzontale, un film già visto, si sono tolti la maglietta e hanno mostrato che di tatuaggi ne avevano a bizzeffe pure loro. Sì, ma non quelli giusti. Insomma, i tifosi serbi erano stati controllati tutti senza successo, anzi, tutti meno uno. Ivan. Scovato alle 2.41 nel vano bagagli di quel pullman. Tra gli applausi e gli insulti degli astanti. Lui, enorme, è stato placcato da diversi agenti, e trascinato, insieme a borse con centinaia di bengala, di nuovo nella pancia dello stadio. Dove qualche ora prima guardava tutti dall’alto, dove ora era costretto alla resa. Ammanettato. “Viviano: Che paura. Ho visto piangere Stankovic” è il commento del nostro portiere. «”Era impossibile giocare in quella porta, avrei dovuto stare sempre girato per evitare i fumogeni. Sinceramente prenderne uno in testa non mi avrebbe fatto piacere”. Sono le parole di Emiliano Viviano, portiere della nazionale azzurra, che ha raccontato la sua testimonianza ai microfoni Rai. “Che una partita debba finire così non è normale – ha aggiunto -. Stankovic piangeva. Cosa ho detto all’arbitro? Che non potevo continuare a stare in porta”».
Infine i commenti. “Disordini: come e perché? Accuse e sanzioni in arrivo” sempre di Riccardo Pratesi, dopo aver sottolineato che questa per la Serbia è stata la prima partita dopo l’abolizione dell’obbligatorietà del visto per lasciare il paese. Quindi l’esordio del tifo organizzato serbo in assoluto al di fuori del proprio paese d’origine. La parte più interessante però è sulla j’accuse ricambiate. «Se la sicurezza italiana attacca quella serba, le accuse sono reciproche, ricambiate. Il presidente della federazione serba Tomislav Karadzic ha infatti dichiarato: “È un attacco allo Stato e lo Stato deve risolvere questo problema. Questo non è solo un attacco al calcio serbo, ma alla Serbia nella sua interezza, e al calcio mondiale. E’ una vergogna, ma noi a Genova da due giorni sentivamo la pressione dei tifosi intorno all’albergo, e ieri la polizia serba e la Federcalcio del nostro Paese avevano informato le forze dell’ordine italiane che c’era pericolo, che fazioni violente di tifosi erano in Italia per fermare questa partita. E non è stato fatto niente, non sono stati evitati i fatti di stasera”. L’accaduto del Ferraris è testimonianza di un disagio sociale applicato al calcio, ma poi ci sono anche i risvolti politici, con la connotazione di estrema destra di parecchie fazioni di tifosi serbi. Sugli spalti stasera è stata bruciata la bandiera albanese». Ancora una volta però non si approfondisce il perchè non siano stato fatto nulla di preventivo. Mai un cenno sul sito della Gazzetta neanche ai gesti, a dir poco inquietanti, che Stankovic & co. si sono scambiati con la tifoseria. 

“Guerriglia serba, l’Italia non gioca”. Il capo degli ultrà nazionalisti serbi brucia la bandiera dell’Albania, nella foto scelta da LA STAMPA per la prima pagina. Un pezzo a pagina 3 spiega gli inquietanti retroscena della guerriglia allo stadio. «Il calcio non è nemmeno una copertura» scrive Giulia Zonca su LA STAMPA, «è un dichiarato megafono e non è un caso che al guerra dei Balcani sia iniziata durante una partita di pallone: Dinamo Zagabria-Stella Rossa, 13 maggio 1990. Prima scintilla di un odio etnico che ancora oggi è difficile tenere a bada. I gruppi organizzati sono il covo degli estremisti, lì dentro mischiano tutto: rivendicazioni, rabbia e follia». Il generale Arkan, comandante delle milizie nella pulizia etnica, era un capo curva e ancora oggi i suoi seguaci sventolano il lenzuolo con la scritta “le trigri di Arkan”. Arkan è morto nel 2000 ma il suo club di riferimento, l’Obilic, è infarcito di veterani militari, irriducibili che spacciano criminali di guerra per santi». I violenti di Genova sono gli stessi «che hanno guastato con scontri e cariche il Gay Pride di Belgrado e quelli della Stella Rossa». In patria comandano, sono nel consiglio di amministrazione dei club.

E inoltre sui giornali di oggi:

VIOLENZA
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine in cronaca, 26 e 27, per raccontare e interpretare i fatti di ieri: “Grave per un pugno. I pendolari del metrò non la soccorrono”, un’infermiera romena (ma stranamente, questa volta, che una cittadina romena è vittima e non colpevole, nel titolo non si cita la nazionalità, ndr) è in coma per l’improvvisa violenza di un giovane che si allontana, e viene poi messo agli arresti domiciliari, bloccato dopo l’episodio avvenuto alla stazione della metropolitana Anagnina a Roma. De Rita commenta: “Questa è l’Italia delle pulsioni. Smarrito il senso delle norme etiche”.

POLITICA 
IL MANIFESTO – L’apertura della prima è dedicata all’incontro tra Vendola e Bersani «Un filetto di speranza»  è il titolo che campeggia sulla foto dei due politici che apre il giornale. «Le scosse del centrodestra rianimano il campo dell’opposizione. Bersani e Vendola si incontrano a pranzo, siglano il patto di consultazione sul programma e si alleano per un governo che riformi la legge elettorale. L’Udc, alleato prediletto del Pd, sente puzza di “vecchio Pci”, il Pdl li chiama “estremisti”» sintetizza il sommario. Al tema è dedicato anche l’editoriale di Norma Rangeri «Sinistra in campo» dove si legge: «(…) Più che un cantiere di ristrutturazione o di rifondazione (se la parola non fosse stata nel frattempo consumata) servirebbe un atto di fondazione dell’alternativa. Per sostituire alla retorica del berlusconismo un progetto nazionale (…)» e ancora: «(…) Vendola deve stare molto attento a non immaginare fughe solitarie lasciando dietro di sé minoranze politiche e movimenti destinati a restare inascoltati e a perdere se non si costruisce uno sbocco politico (…)».

PDL
LA REPUBBLICA – L’ex ministro degli Interni, Renato Pisanu, ora presidente della Commissione antimafia lancia un allarme molto serio: «alle ultime elezioni amministrative è stata candidata gente indegna». «L’immagine complessiva che se ne ricava è quelal di una disinvoltura nella formazione delle liste molto più allarmante di quella che avevamo immaginato. Sono liste gremite di persone che non sono certo degne di rappresentare nessuno». Si tratterebbe almeno di un centinaio di eletti (in tutti i partiti). Uno di loro, Roberto Conte, consigliere regionale a Napoli, del centrodestra, ribatte con logica chissà quanto rigorosa: non so se si riferisca a me, ma «se così fosse Pisanu avrebbe offeso le 11mila persone che hanno votato per me».

IMMIGRAZIONE
IL SOLE 24 ORE – “L’Italia cresce grazie agli stranieri”. A pagina 22 un servizio sui dati Istat. «Gli stranieri scongiurano il calo demografico in Italia. È questo il dato che spicca nell’ultimo rapporto Istat, che fotografa l’andamento della popolazione stabilitasi sul territorio nazionale mettendo in luce un fenomeno che sembra ormai consolidato: senza i residenti stranieri, che hanno ormai superato i 4,2 milioni di presenze, il nostro Paese sarebbe demograficamente più povero. A fronte di un calo di 75mila italiani (rapporto nati e deceduti), infatti, la popolazione residente complessiva è aumentata lo scorso anno di circa 295mila persone. E, questo, soltanto grazie all’apporto degli stranieri. Nel dettaglio, rende noto l’Istituto di statistica, gli stranieri hanno raggiunto (al primo gennaio 2010) il 7% della popolazione residente, contro il 6,5% di un anno prima, con un incremento dell’8,8% (+343mila persone) rispetto alla rilevazione precedente: una crescita, tra l’altro, inferiore a quelle riscontrate sia nel 2008 (+13,4%) che nel 2007 (+16,3%). Rilevante la quota di minori (932mila), che rappresentano il 22% del totale. Nel 2009 sono aumentati del 6,4% anche i neonati da genitori stranieri, con oltre 77mila bambini (il 13,6% di tutte le nascite)». 

LAVORO
AVVENIRE – Nell’inserto “Lavoro” pagina 2 parla delle “100 Pomigliano d’Italia”. Da Cuneo a Grottaglie in moltissime fabbriche sono stati firmati accordi per i 18 o i 21 turni e perfino per regolare gli scioperi. Anche con la firma della Fiom. «Nessuna violazione delle leggi, ma le parti devono fissare le regole per i contratti», commenta il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino.

YUNUS
IL MANIFESTO – Guglielmo Ragozzino recensisce (pagina 12) l’ultimo libro di Muhammad Yunus «Si può fare!». Nell’articolo dal titolo «Quando il microcredito incontra le corporation» si legge «(…) L’ultimo libro di Yunus spiega come il “business sociale” possa creare un “capitalismo più umano” (…) Yunus nel nuovo libro affronta la questione offrendo alcuni esempi di associazione tra alcune grandi imprese multinazionali e la sua Gremeen Bank: Danone, Veolia, INtel, Basf, Adidas (…) ». L’articolo si conclude osservando: «Yunus ammette volentieri che accordandosi con la sua Grameen le multinazionali ricaveranno dei vantaggi, ma ne seguirà anche un effetto benefico per i poveri» e per spiegarlo cita un passo del libro: «Quando gli uomini d’affari mi chiedono quali profitti possano ricavare offrendo servizi ai poveri di tutto il mondo, mi piace qualche volta rispondere: “io non voglio fare polemiche sulla ricerca del profitto, ma prima di pensare al profitto, cerchiamo di dare al povero l’aiuto che gli serve per sollevarsi dalla sua condizione. Una volta che sarà entrato nella classe media, allora potrete cercare di vendergli, con la mia benedizione, tutte le merci e i servizi di cui sarete capaci e potete lucrare un bel profitto sull’operazione! Ma aspettate che possa dire di non essere più povero prima di cominciar a sfruttarlo. Questa mi sembra l’unica regola da seguire”»

CSR
ITALIA OGGI – “Etica sì, ma per legge”, sotto questo titolo Sergio Luciano dà conto dell’intenzione dello Sviluppo economico di farsi promotore di un progetto di legge che recepirebbe un invito dell’Ocse  per regolamentare il settore. Il pezzo però non dà alcun ulteriore dettaglio sui contenuti del provvedimento. 

ELEZIONI USA
LA STAMPA – “Usa, Obama alla resa dei conti”. LA STAMPA pubblica nelle pagine di Esteri i protagonisti della sfida elettorale di metà mandato del 2 novembre. Per respingere l’assalto dei repubblicani alla Camera, Nancy Pelosi si affida a Chris van Hollen, il combattivo deputato del Maryland appassionato sostenitore dell’energia rinnovabile che guida il comitato elettorale democratico puntando alla mobilitazione di massa dei militanti liberal. A guidare l’assalto dei Repubblicani alla Camera è invece Pete Sessions, il deputato del Texas figlio dell’ex capo dell’Fbi. La sua missione è far nascere una nuova coalizione conservatrice trasformando il voto di Midterm in un referendum contro Barack Obama.

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