Non profit

La fame non è una malattia

Presentato oggi l'Indice globale: focus sui bambini

di Emanuela Citterio

Combattere la fame conviene, anche dal punto di vista economico. È il messaggio di Link 2007, network di 10 organizzazioni non governative che ha presentato oggi a Milano l’ “Indice globale della fame”,  in contemporanea mondiale alle iniziative di Washington, Berlino, Parigi, New Delhi, Dublino e alla vigilia della Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre. (Scarica il rapporto a sinistra)

Per calcolare l’indice i ricercatori assegnano ai diversi paesi un punteggio calcolato utilizzando tre indicatori: la percentuale di persone malnutrite, la percentuale di bambini sottopeso, in età compresa tra 0 e 5 anni e il tasso di mortalità infantile. Il fattore che maggiormente contribuisce al punteggio globale è proprio la malnutrizione infantile, responsabile di quasi la meta del valore finale.

«La denutrizione infantile è il fattore che incide di più nell’indice della fame nel mondo» afferma Stefano Piziali, curatore, con Vera Melgari, della edizione italiana del rapporto e policy advisor di Cesvi. «E di conseguenza agire su questo problema è l’azione più semplice ed economica che si può fare per combattere la fame».

Secondo l’Indice globale della fame, sono 200 milioni i bambini in ritardo di crescita e 130 milioni quelli sottopeso.

«E’ stato calcolato che intervenire con micronutrienti nei primi mille giorni di vita di un bambino dà risultati rilevanti anche in termini economici, e che per 6 dollari investiti sulla vita di ogni bambino c’è un ritorno di 100 dollari» prosegue Piziali. «La malnutrizione causa un minor rendimento della persona nello studio e nel lavoro. Combatterla è il primo passo per ridurre la povertà».

 Secondo l’Indice, i Paesi con malnutrizione a livelli “estremamente allarmante” o “allarmante” sono ventinove. La maggior parte di essi sono in Africa subsahariana e in Asia meridionale, anche se quest’ultima area del mondo ha compiuto progressi maggiori rispetto ad altre regioni dal 1990. In Asia meridionale, tra i fattori che più contribuiscono a un’alta prevalenza della denutrizione nei bambini in eta compresa tra 0 e 5 anni, ci sono lo scarso accesso delle donne a un’alimentazione e un’educazione adeguate e il loro basso status sociale. 

«In Africa l’indice fotografa situazioni che fanno riflettere» afferma Piziali. «Paesi come il Sudafrica, ma soprattutto la Repubblica democratica del Congo e l’Angola hanno registrato una crescita economica rapida e rilevante in questi anni. Ma nonostante il forte incremento del Prodotto interno lordo la lotta alla fame non ha conosciuto progressi. Invece in Paesi molto meno ricchi come l’Etiopia ci sono stati buoni risultati. Questo significa che la fame si vince anche con la giustizia sociale, attraverso politiche mirate indirizzate alla popolazione. Alcuni Paesi le stanno realizzando, altri no».

«La fame non è una malattia» è la raccomandazione delle ong di Link 2007, «bisogna aumentare l’impegno per migliorare l’alimentazione dei bambini».

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