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La Francia in coda per sei monaci pieni di pace

Il clamoroso successo del film dedicato ai trappisti uccisi in Algeria

di Joshua Massarenti

Sequestrati dai fondamentalisti islamici nel 1993, sulla loro morte permane ancora un mistero. La loro storia sfonda ai botteghini, a Parigi. E tra poco arriva in Italia Un milione e mezzo di incasso in tre settimane. Mai in Francia un film d’autore è riuscito a riscuotere un tale successo. Critici e sociologi ancora non si spiegano come mai un’opera cinematografica come Des hommes et des Dieux (in Italia uscirà il 22 ottobre con il titolo Uomini di Dio), incentrata sulla vita e il destino (tragico) dei monaci trappisti francesi durante la guerra algerina, abbia potuto attirare così tanti spettatori, credenti e non, in un Paese così laico. Il miracolo ha come protagonista un regista, Xavier Beauvois, che con grande intelligenza e un gruppo di attori straordinari è riuscito nell’impresa di portare sullo schermo in modo più che convincente una storia piena di insidie.
Dopo 14 anni di inchieste e polemiche, il massacro dei monaci di Tibhirine, tra i monti dell’Atlas, rimane ancora avvolto nel mistero. La versione ufficiale punta il dito contro i terroristi del Gruppo islamico armato (Gia), accusati di aver rapito e ucciso in modo macabro i monaci francesi. Una tesi contestata da una serie di rivelazioni fatte da un giornalista americano, John Kiser, e da militari francesi che, se non esprimono dubbi sugli autori del rapimento, accusano l’esercito di aver ucciso i monaci nel corso di un bombardamento aereo e di aver poi dissimulato l’errore attribuendo il massacro ai terroristi islamici.
Oltre a questo mistero, Xavier Beauvois doveva pure fare i conti con i rapporti diplomatici molto fragili che sussistono tra l’Algeria e la Francia, per ragioni storiche legate al colonialismo, e le sfide imposto al dialogo e alla pace dall’Islam radicale. Il regista francese ha avuto l’intelligenza di mettere in primo piano la vita iper-ritualizzata e lo spirito dei monaci, evidenziando l’armonia totale che con il passare dei decenni si era instaurata tra le loro attività contemplative e sociali e gli abitanti del villaggio di Tibhirine. Una testimonianza di pace minacciata dai terroristi e dall’esercito.
Certo, la paura di morire è sempre presente, così come il dubbio atroce che assale i monaci quando viene il momento di decidere se partire o meno. Sotto la guida coraggiosa dal priore Christian de Chergé, nessuno se la sente di tradire «i nostri vicini» e l’appello a svolgere una missione di frontiera in terra d’Islam. Non ci riusciranno i terroristi né tantomeno i militari che sospettano la comunità di complicità con gli estremisti islamici. Libertà e fratellanza vengono preservate a ritmo di preghiere (rivolte anche ai “nemici”), canti, cure mediche, attività agricole, il tutto in un’economia narrativa che non lascia spazio al caos.
Anche l’ultima scena, dove si vedono i monaci salire una collina innevata circondati dai terroristi, come lo era stato Gesù nel Getsemani, si svolge con assoluta sobrietà. Molti hanno spiegato il successo di Des hommes et des Dieux con il talento di Beauvois e con la mobilitazione del pubblico cattolico. Ma a far breccia nello spettatore comune è il racconto fedele e partecipato di quello spirito di comunità che contrasta con l’individualismo dell’era globale.

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