Non profit
Alzheimer, quota un milione
Come affrontare il male incurabile che sta mettendo in ginocchio le famiglie
Tanti sono i malati in Italia. Ma i numeri e i costi sociali sono destinati ad aumentare. Per questo occorre modificare
gli approcci e aumentare
gli investimenti. Come spiegano, cifre alla mano, medici e associazioni impegnate sul campo
L’inizio è subdolo. Si comincia con lievi problemi di memoria, ma poi pian piano si arriva al punto di perdersi in luoghi familiari, si hanno disorientamenti sul tempo, sulle persone, e si finisce per trascurare la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione. Per i malati di Alzheimer, malattia neurodegenerativa che secondo il World Alzheimer Report 2010 in Italia colpisce quasi un milione di persone, la vita è un progressivo e lento declino che può durare anni. E non essendoci per ora alcuna possibilità di cura, assume un’importanza ed una dimensione sempre più rilevante la rete familiare, affiancata da strutture pubbliche e private.
Parla di vera e propria «epidemia sociale» Patrizia Spadin, presidente di Aima – Associazione italiana malattia di Alzheimer, associazione fondata 25 anni fa e nota per l’efficace slogan «Non dimenticare chi dimentica». «Dopo tanti anni sento le stesse parole di allora: fatica, dolore, miseria», avverte sconfortata. «Cosa frena l’Italia? Altri Paesi hanno investito risorse, affrontato piani, sperimentato strutture e servizi. In Italia dopo qualche tentativo è come se ci fossimo arresi, come se avessimo lasciato perdere. Sì, forse si fa un po’ più di assistenza, ci sono cure migliori ma non c’è programmazione, non è stata affrontata alcuna trasformazione del welfare. L’Italia si è dimenticata di chi dimentica. Abbiamo costruito un giocattolo, la longevità. Abbiamo allungato la vita, ma non sappiamo come morire».
A farle eco è Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, che spiega come l’invecchiamento della popolazione comporti un’accelerazione della cronicità delle malattie. «L’Alzheimer è parte importante del fenomeno, anche se i confini diagnostici delle diverse malattie neurodegenerative si vanno assottigliando. Le rilevazione statistiche ci dicono che circa il 15% della popolazione con più di 75 anni è soggetta a patologie neurodegenerative. La crisi economica ed i provvedimenti di regolarizzazione delle badanti hanno reso più complicata la gestione dei malati cronici da parte delle famiglie. Prova ne è la ripresa delle liste di attesa presso le strutture di lungodegenza. Anche per questo è sempre più urgente progettare e cercare di mettere in pratica un modello di assistenza basato, oltre che sull’intervento pubblico, anche e soprattutto sulla partecipazione delle comunità locali e del volontariato ai processi di cura».
«Nelle 647 Rsa sono stati attivati 79 Nuclei Alzheimer con 1.634 posti letto e un impegno economico della Regione di 31 milioni di euro all’anno», ricorda Giulio Boscagli, assessore al Welfare in Lombardia. Per questo, dice, «bisogna andare verso la domiciliarità e strutture più leggere». Concorda Romeo, ma sottolinea: «Il rischio alla fine è sempre la solitudine in cui si ritrovano le famiglie. Nella fase iniziale possono riuscire a gestire il malato. Prima o poi il ricovero è l’unica cosa che resta e allora si deve mettere mano al portafoglio. L’assistenza in media costa almeno 2.500 euro al mese, se non di più».
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