Non profit

Invalidità civile, l’ultima parola spetterà all’Inps

Scavalcate le commissioni mediche

di Franco Bomprezzi

D’ora in poi sarà più difficile ottenere l’assegno di accompagnamento. In pericolo anche i diritti acquisiti.
Le associazioni pronte a mobilitarsi di nuovo Torna alta la tensione attorno al tema della certificazione dell’invalidità civile. Ora il punto non è più soltanto la caccia ai falsi invalidi, ma si fa strada la convinzione che l’Inps stia adottando una serie di criteri interpretativi molto restrittivi, da applicare subito, nella lunga e annunciata fase di controlli a tappeto. L’allarme è partito dal sito del centro di documentazione legislativa della Uildm, Handylex. Carlo Giacobini, il direttore del centro, è entrato in possesso, infatti, di una comunicazione interna, diramata il 20 settembre dal direttore generale Inps a tutti i dirigenti regionali. In pratica vere e proprie “linee guida operative in invalidità civile”.
In sostanza l’Inps interpreta in senso restrittivo i criteri per l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento, un “beneficio” di circa 480 euro mensili (non legato al reddito), assegnato a persone non in grado di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore, oppure non in grado di svolgere in modo autonomo gli atti quotidiani della vita. Adesso è l’Inps, e non la commissione medica delle Asl, ad avere l’ultima parola nella certificazione di invalidità. Ecco perché queste linee guida, che di fatto riprendono i contenuti dell’emendamento governativo (presentato dal senatore Azzolini in fase di discussione della legge finanziaria e poi ritirato), assumono un’importanza assai rilevante.
Vediamo le novità. Viene escluso dall’indennità chiunque, grazie ad ausili e protesi, riesca anche minimamente a deambulare in modo autonomo, senza bisogno di accompagnatore. Accentuando la necessità della presenza di un accompagnatore, diventano a rischio anche le indennità attualmente assegnate, in modo legittimo, a persone che si muovono in sedia a rotelle, con parziale autonomia. Ad esempio, quasi tutti i paraplegici, ma non solo. Per quanto riguarda l’altro requisito, quello della incapacità a svolgere le mansioni della vita quotidiana, l’Inps ora esclude che questa dizione possa riferirsi ad attività esterne all’abitazione (come l’orientamento, l’uso del denaro, la richiesta di una informazione, ecc.). Il controllo del requisito sarà limitato alle attività vitali svolte in casa (lavarsi, vestirsi, assumere cibo e bevande, ecc.). Se questi criteri saranno effettivamente applicati, in pratica è molto difficile che una persona con sindrome di Down, o con altra disabilità intellettiva, mantenga l’indennità.
Un’altra circolare dell’Inps stabilisce la necessità di una doppia visita di controllo, quando il parere della commissione Asl (all’interno del quale comunque c’è un medico nominato dall’Inps) non sia unanime. È quasi certo che anche questa “novità”, oltre a costituire un ulteriore costo, creerà notevoli disagi a molti cittadini disabili. Ecco perché in questi giorni Fish e Fand stanno studiando una strategia comune per contrastare la nuova stretta dell’Inps, con una nuova pressione sui ministri Sacconi e Tremonti, e l’ipotesi di un ricorso giuridico a tutela di chi subirà le conseguenze di queste norme. Ed è chiaro che questo giro di vite comporterà un ulteriore contenzioso legale (sono già 400mila i ricorsi in atto). Intanto l’opposizione si sta muovendo. Due interrogazioni sono state presentate da Luigi Bobba, alla Camera, e da Paolo Giaretta, in Senato, entrambi parlamentari del Pd. Non è bastata la grande manifestazione del 7 luglio scorso, tremila disabili in piazza Montecitorio, a scongiurare quanto si temeva. E cioè che dietro la condivisa lotta contro le false invalidità si celasse un progetto scientifico di riduzione della spesa sociale, a partire dagli invalidi.


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