Welfare
Comunità terapeutiche? Ci vuole un bollino ad hoc
Parla Tony Gelormino, presidente della Federazione mondiale
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2023/07/b66be19a-7689-44d7-aea0-21295a6b1c0d_large.jpg.jpeg)
«Prima di destinare fondi occorre certificare
la professionalità», spiega
il guru americano allievo
di don Picchi. E sull’ipotesi di Berlusconi di inasprire
le pene per i consumatori dice: «È una soluzione
che può funzionare
solo a livello teorico»
«Non ci interessa sconfiggere la droga. Il problema da risolvere è il disagio che spinge milioni di persone a drogarsi». Parola di un vero guru: al secolo Anthony “Tony” Gelormino, il maggior esperto a livello mondiale di comunità terapeutiche e percorsi di uscita dalla dipendenza. È lui, con i suoi 67 anni, a dirigere operativamente la Wfct, la Federazione mondiale delle comunità terapeutiche, organizzazione presente in 52 Paesi con migliaia di enti iscritti, il cui convegno decennale avrà luogo a Genova a metà ottobre (vedi box). Ma soprattutto, 40 anni fa, è stato proprio lo statunitense Gelormino ad aprire una delle prime comunità di recupero a livello mondiale, la Daytop di New York. Il presidente esecutivo della Wfct conosce bene l’Italia: a cavallo del 1980 ha vissuto cinque anni a Roma, come supervisore delle comunità del Ceis – Centro italiano di solidarietà, fondato da don Mario Picchi, che Gelormino considera «il maestro per eccellenza».
Vita: Il metodo di trattamento “Progetto uomo” di don Picchi risale a 30 anni fa e ha riabilitato migliaia di persone. È ancora attuale?
Tony Gelormino: Sì, perché mette al centro l’essere umano e non il tipo di droga che consuma. La soluzione per noi sta nel mezzo: gli psicofarmaci servono se accompagnati da una grande attenzione alle esigenze della persona.
Vita: In Italia, secondo l’ultima Relazione al Parlamento, in un anno si è avuto un 20% di drogati in meno. Un dato credibile?
Gelormino: La nostra esperienza sul campo ci dice che non è il numero di tossici a diminuire, piuttosto aumentano le nuove dipendenze. Negli Stati Uniti, per esempio, gli adolescenti oggi si imbottiscono di psicofarmaci delle grandi case farmaceutiche: li comprano per strada, senza ricetta. In generale, comunque, sono dubbioso su ogni statistica, perché il risultato è sempre relativo, dipende dai criteri che si adottano.
Vita: Quali sono le esperienze più efficaci di riabilitazione?
Gelormino: Nel XXI secolo i modelli vincenti si ritrovano nei Paesi mediterranei, in primis in Spagna e Grecia. Qui il programma di recupero ha il giusto bilanciamento tra medicina e auto aiuto. Ma soprattutto le politiche nazionali si basano su un corretto mix tra l’impegno governativo e quello dei privati.
Vita: In che senso?
Gelormino: La terapia non funziona né se l’aiuto pubblico è troppo presente, come nei Paesi scandinavi, né se è quasi del tutto assente, come in America Latina.
Vita: Anche in termini economici?
Gelormino: Sì. L’intervento del governo non deve essere solo quantitativo, ma qualitativo. Questo è un problema che oggi c’è in Italia come negli Stati Uniti. Prima di destinare fondi ad hoc, bisogna riconoscere alle comunità terapeutiche il loro valore, certificandone la professionalità.
Vita: Il premier Berlusconi ha dichiarato che l’arma migliore per contrastare l’abuso di droga è una legislazione più dura nei confronti del consumatore. È d’accordo?
Gelormino: A livello teorico la repressione può anche essere un’arma efficace: meno consumatori ci sono, meno droga circola. Ma la realtà può essere anche molto diversa: le leggi anti alcol in vigore hanno diminuito il tasso di alcolisti? Non mi sembra proprio.