Welfare
Comunità terapeutiche? Ci vuole un bollino ad hoc
Parla Tony Gelormino, presidente della Federazione mondiale
«Prima di destinare fondi occorre certificare
la professionalità», spiega
il guru americano allievo
di don Picchi. E sull’ipotesi di Berlusconi di inasprire
le pene per i consumatori dice: «È una soluzione
che può funzionare
solo a livello teorico»
«Non ci interessa sconfiggere la droga. Il problema da risolvere è il disagio che spinge milioni di persone a drogarsi». Parola di un vero guru: al secolo Anthony “Tony” Gelormino, il maggior esperto a livello mondiale di comunità terapeutiche e percorsi di uscita dalla dipendenza. È lui, con i suoi 67 anni, a dirigere operativamente la Wfct, la Federazione mondiale delle comunità terapeutiche, organizzazione presente in 52 Paesi con migliaia di enti iscritti, il cui convegno decennale avrà luogo a Genova a metà ottobre (vedi box). Ma soprattutto, 40 anni fa, è stato proprio lo statunitense Gelormino ad aprire una delle prime comunità di recupero a livello mondiale, la Daytop di New York. Il presidente esecutivo della Wfct conosce bene l’Italia: a cavallo del 1980 ha vissuto cinque anni a Roma, come supervisore delle comunità del Ceis – Centro italiano di solidarietà, fondato da don Mario Picchi, che Gelormino considera «il maestro per eccellenza».
Vita: Il metodo di trattamento “Progetto uomo” di don Picchi risale a 30 anni fa e ha riabilitato migliaia di persone. È ancora attuale?
Tony Gelormino: Sì, perché mette al centro l’essere umano e non il tipo di droga che consuma. La soluzione per noi sta nel mezzo: gli psicofarmaci servono se accompagnati da una grande attenzione alle esigenze della persona.
Vita: In Italia, secondo l’ultima Relazione al Parlamento, in un anno si è avuto un 20% di drogati in meno. Un dato credibile?
Gelormino: La nostra esperienza sul campo ci dice che non è il numero di tossici a diminuire, piuttosto aumentano le nuove dipendenze. Negli Stati Uniti, per esempio, gli adolescenti oggi si imbottiscono di psicofarmaci delle grandi case farmaceutiche: li comprano per strada, senza ricetta. In generale, comunque, sono dubbioso su ogni statistica, perché il risultato è sempre relativo, dipende dai criteri che si adottano.
Vita: Quali sono le esperienze più efficaci di riabilitazione?
Gelormino: Nel XXI secolo i modelli vincenti si ritrovano nei Paesi mediterranei, in primis in Spagna e Grecia. Qui il programma di recupero ha il giusto bilanciamento tra medicina e auto aiuto. Ma soprattutto le politiche nazionali si basano su un corretto mix tra l’impegno governativo e quello dei privati.
Vita: In che senso?
Gelormino: La terapia non funziona né se l’aiuto pubblico è troppo presente, come nei Paesi scandinavi, né se è quasi del tutto assente, come in America Latina.
Vita: Anche in termini economici?
Gelormino: Sì. L’intervento del governo non deve essere solo quantitativo, ma qualitativo. Questo è un problema che oggi c’è in Italia come negli Stati Uniti. Prima di destinare fondi ad hoc, bisogna riconoscere alle comunità terapeutiche il loro valore, certificandone la professionalità.
Vita: Il premier Berlusconi ha dichiarato che l’arma migliore per contrastare l’abuso di droga è una legislazione più dura nei confronti del consumatore. È d’accordo?
Gelormino: A livello teorico la repressione può anche essere un’arma efficace: meno consumatori ci sono, meno droga circola. Ma la realtà può essere anche molto diversa: le leggi anti alcol in vigore hanno diminuito il tasso di alcolisti? Non mi sembra proprio.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.