Sostenibilità

Servono 69 anni per le macerie

Lo afferma Legambiente in un dossier presentato oggi

di Redazione

Nel dossier Macerie, anno zero, Legambiente, a 18 mesi dal sisma, analizza la situazione de L’Aquila e degli altri 56 centri terremotati. «Procedendo al ritmo attuale» – scrive Legambiente – «serviranno ancora 69 anni per eliminare i cumuli di macerie che giacciono sulle strade dei comuni terremotati d’Abruzzo». Lo studio è stato presentato questa mattina a L’Aquila da Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo, e Tito Cuoghi, responsabile relazioni esterne Anpar. Nel testo Legambiente cita ruoli e responsabilità, errori e omissioni, e indica infine proposte di soluzione per liberare le strade dai detriti e avviare la fase di ricostruzione. «Ad oggi il territorio aquilano è ancora paralizzato, sommerso da macerie che hanno trasformato i centri storici in veri e propri depositi di stoccaggio», si legge nel dossier.

«C’è stato il ritardo anche nell’azione più semplice, cioè la valutazione delle macerie prodotte dai crolli nella notte del 6 aprile 2009 e dalle demolizioni controllate degli edifici pericolanti». «Secondo l’ultima analisi della Regione effettuata nel luglio 2010 da Vigili del fuoco e Cnr, la stima massima complessiva raggiungerebbe i 2.650.000 metri cubi di calcinacci, di cui circa 1.480.000 solo nel capoluogo (56%). Ma secondo i sindaci del cratere i conti non tornano». «Come ad esempio» – continua Legambiente – «nel comune di Villa Sant’Angelo, tra i più colpiti dal terremoto per numero di vittime e danni, in cui c’è una differenza considerevole tra i numeri ufficiali e i risultati di uno studio commissionato alle Università di Genova e Catania e al Cnr: solo 28 mila metri cubi di detriti secondo la Regione, non meno di 40 mila metri cubi secondo le sue verifiche effettuate con un metodo di calcolo diverso, in pratica il 30% in più». «Un caso opposto» – prosegue Legambiente – «a quello del comune di Barisciano: un abitato risparmiato da grandi crolli, ma che secondo l’analisi matematica di Vigili del fuoco e Cnr avrebbe ben 54.662 metri cubi di macerie sparsi sul suo territorio, quasi il doppio di quelle stimate a Villa Sant’Angelo».

«Oltre alla discordanza dei numeri la questione da risolvere è lo stoccaggio dei detriti: le macerie finora rimosse, infatti, sono state portate sempre ed esclusivamente alla cava ex Teges, il sito di Paganica, affidato al comune de L’Aquila e gestito dalla Asm, la municipalizzata incaricata del servizio rifiuti nel capoluogo abruzzese». «Dopo le proteste del popolo delle carriole e un nuovo piano di rimozione, i detriti conferiti alla cava ex Teges sono passati da un quantitativo di 500/600 tonnellate al giorno di detriti indifferenziati ad una media di 150 tonnellate al giorno di inerti, al netto dei materiali recuperabili come ferro, legno e plastica smistati in loco. Ma nonostante il calo dei detriti nella ex Teges, il sito di stoccaggio temporaneo rischia di diventare a tutti gli effetti una discarica, perchè finora ha continuato a riempirsi e risulta ormai vicina alla saturazione», prosegue Legambiente.

«A supporto della ex cava di Paganica, sembra prossimo l’allestimento di un impianto di lavorazione a Barisciano, in località Forfona che, nelle intenzioni, dovrebbe diventare un vero e proprio polo tecnologico per il trattamento delle macerie, gestito direttamente dagli enti locali. Ma non basta, servono comunque altri siti. Una conclusione che all’inizio del 2010 aveva messo in moto il tavolo ambiente, impegnato in un vero e proprio tour per verificare l’idoneità di cave dismesse e discariche, i cui risultati però erano rimasti lettera morta», prosegue Legambiente. «A luglio il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo» – continua Legambiente – «criticando l’inefficienza degli enti locali, aveva annunciato che avrebbe preso in mano la situazione. Ma del suo intervento non c’è stata finora traccia, con il risultato che, dopo aver perso 9 mesi, oggi si torna a valutare l’idoneità di 6 siti già identificati dai tecnici a gennaio: cava ex Teges, Barisciano, Goriano Sicoli, Pizzoli, Capestrano e Isola del Gran Sasso».

«Rimuovere le macerie dalle strade e dalle piazze dell’Aquila e di tutti gli altri comuni del cratere è il primo atto concreto di una vera ricostruzione. Anche per queste ragioni i ritardi fin qui accumulati, il continuo rimpallo di responsabilità, l’assenza di procedure e persino di stime certe sulle macerie da rimuovere sono semplicemente ingiustificabili», conclude Vittorio Cogliati Dezza. «Si tratta di cambiare subito marcia, di fare tesoro delle esperienze migliori, di concentrare attenzione e risorse sulle priorità effettive. Legambiente, in questo contesto, intende dare il suo contributo concreto, come ha sempre fatto sino dalle ore immediatamente successive al drammatico sisma del 6 aprile 2008, attraverso l’impegno dei propri volontari che prosegue ancora oggi».


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