Non profit

«Non si è voluto investire nella formazione professionale»

Così Acli commenta i dati Istat diffusi oggi

di Redazione

«Non ci sono più alibi: se tante piccole imprese non trovano personale, mentre quasi il 30 per cento dei nostri giovani resta disoccupato, è perché il sistema di istruzione è rimasto ingessato e non si è voluto investire nella formazione professionale. I risultati li abbiamo sotto gli occhi». Così il responsabile del dipartimento Lavoro delle Acli Maurizio Drezzadore commenta i dati diffusi oggi dall’Istat sulle difficoltà di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

«A sette anni dal varo della riforma della scuola secondaria – spiega Drezzadore – l’istituto cosiddetto “dell’alternanza scuola-lavoro”, ritenuto uno dei provvedimenti più significativi, ha dato ben modesti risultati. Solo un giovane su tre incontra il lavoro durante il suo percorso scolastico: pochissimi sotto la veste di vera e propria attività lavorativa retribuita, ma pochi anche sotto la forma di stage e tirocinio. Persino nelle filiere tecnica e professionale le cose non vanno diversamente».

«Anche i percorsi di laurea universitaria – aggiunge il responsabile delle Acli – non danno segno di voler invertire la rotta. Se nel 2000 era solo il 35 per cento dei laureati che poteva vantare nel proprio curriculum uno stage lavorativo, quasi dieci anni dopo la percentuale è migliorata di soli sei punti. Con questi ritmi rischiamo di metterci mezzo secolo per avere quel salutare innesto tra saperi, competenze e lavoro che è la principale manchevolezza della scuola italiana».

«Il paradosso – denuncia Drezzadore – è che proprio la formazione professionale, che pure può vantare di saper mettere in stage lavorativo il 100%o dei propri allievi, è stata confinata in un angolo da una stagione di controriforma seguita ai pregevoli proclami degli inizi degli anni 2000. In tutto questo, si attende ancora che venga data concreta attuazione alle “Linee guida per la formazione nel 2010” concordate a inizio anno dal Governo con le Regioni e le parti sociali»

 

 

 

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