Vien naturale guardare alla Francia quando si parla di nucleare, visto che è il nostro vicino con il tasso di nuclearizzazione più alto e visto che proprio dalla Francia verranno i reattori di nuova generazione che si costruiranno in Italia. «In Francia il problema delle scorie forse è meno visibile, perché coperto dal fatto che il nucleare è in piena attività, e che quindi la maggior parte delle scorie rimane presso gli impianti. Ma anche lì il problema esiste e non è stato risolto», spiega Giuseppe Onufrio. Che cita l’esempio di La Manche, deposito per rifiuti a bassa e media radioattività (per quelli ad alta non c’è ancora un sito). A ottobre dell’anno scorso un rapporto indipendente ha messo in luce che gli oltre 517mila metri cubi di rifiuti nucleari stoccati nel deposito fra il 1969 e il 1994 non sono affatto innocui: i contenitori dei più vecchi rifiuti nucleari non sarebbero a norma, le strutture fatiscenti e a rischio crollo, le falde acquifere delle zona vittime di una pesante contaminazione da trizio: secondo Greenpeace, nei pozzi utilizzati dagli agricoltori per fornire acqua per il bestiame da latte, i livelli di radioattività sono a 750 bequerel per litro, sette volte il limite di sicurezza europeo di 100Bq/litro. (S.R.)
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