Welfare

L’housing sociale? è sempre più roba da professionisti

Le Casse previdenziali nel progetto di Cdp, Acri e Abi

di Maurizio Regosa

I primi 50 milioni arrivano dai rappresentanti. Pronti
i 5 milioni di infermieri e psicologi. E a ruota seguiranno medici, avvocati e commercialisti È un segno dei tempi. Non solo della cronica carenza di fondi. All’invito del governo, le Casse dei professionisti stanno rispondendo in maniera significativa, scegliendo di affidare parte dei loro risparmi al fondo di investimenti immobiliare che darà nuove risorse e contribuirà a rilanciare l’housing sociale nel Belpaese. Non sarà una corsa ma poco ci manca: Enasarco (la cassa dei rappresentanti) ha stanziato 50 milioni; 5 milioni ne metteranno a disposizione gli psicologi; altrettanto gli infermieri; mentre gli avvocati e i commercialisti stanno per deliberare. E anche i medici faranno parte del gruppo. «Le Casse sono le benvenute: potranno portare risorse ma soprattutto punti di vista», commenta Felice Scalvini, presidente della Fondazione Housing sociale, che ha “aperto la strada” e individuato lo strumento, il fondo, che «ha un orizzonte di lungo periodo, è molto adatto a iniziative impegnative e soprattutto impone una disciplina a tutti coloro che fanno parte del gioco». Un’appartenenza per certi aspetti inedita né scontata: è vero che molte Casse avevano già investimenti immobiliari e che qualcuna affianca la decisione a quella di riqualificare il proprio patrimonio (ad esempio Enasarco, sottolinea Annalisa Guidotti: «Stiamo mettendo in vendita appartamenti destinati agli inquilini dopo aver costruito importanti agevolazioni per aiutarli nell’acquisto, garantendo a chi non può comprare la possibilità di rimanere inquilino»).
Ma un conto è “credere” nel classicissimo mattone per gestire il risparmio degli iscritti e un altro è decidere di partecipare a operazioni così complesse da realizzarsi tramite la Cdp Investimenti, creata da Cassa depositi e prestiti, Acri e Abi, e con un meccanismo che coinvolge una molteplicità di soggetti, fra cui gli enti locali (chiamati a mettere a disposizione il 60% delle risorse necessarie). «Dopo la stagione dell’edilizia popolare sovvenzionata dalla pubblica amministrazione», commenta Scalvini, «si passa alla fase dell’housing sociale realizzata grazie all’integrazione di strutture pubbliche e corpi intermedi, come le fondazioni e le casse previdenziali. Se saranno rispettati i tempi di marcia, ci saranno effetti economici – in particolare per il settore edile – e sociali di impatto notevolissimo, senza incidere sul bilancio dello Stato». Una vera e propria logica sussidiaria, per una volta fatta propria dal governo che si è rivolto alla società civile organizzata, le Casse, per affrontare (e, speriamo, risolvere) un problema davvero serio. Non a caso, Giampiero Malagnino, vicepresidente dell’Adepp (l’associazione che raggruppa gli enti previdenziali privati) parla nell’intervista a fianco di «salto di qualità» nella relazione fra pubblico e privato. Una svolta i cui risvolti anche economici sono di indubbia rilevanza: il fondo di investimenti per l’abitare potrebbe arrivare a 7 miliardi di euro (comprese le risorse messe a disposizione dagli enti locali) da spendere in cinque anni. L’importante è che ci si ricordi, conclude Scalvini, «che costruire non basta: occorre anche preoccuparsi della qualità dell’abitare, che è la migliore garanzia».


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