Sostenibilità

Investire in natura, si può?

Acqua, cibo, clima. E le api della Grande Mela

di Redazione

Se nella periferia di New York incrociate un camioncino che trasporta api, non vi stupite. Sono dirette al lavoro. Sì, vanno a impollinare i meleti. Gli agricoltori della Grande Mela hanno dovuto ricorrere infatti a questo stratagemma per arginare il crollo dei rendimenti delle piantagioni di mele causato dall’inquinamento e dalla conseguente scomparsa degli insetti che portano il polline da un albero all’altro.
La storia, curiosa, è stata raccontata da Geoffrey Heal, docente di Public Policy and Business Responsibility alla Columbia University, intervenuto il 24 settembre a Palazzo Viceconte a Matera alla conferenza internazionale «Biodiversità ed ecosistemi» organizzata dalla Fondazione Eni Enrico Mattei e dall’Università degli Studi della Basilicata. Ma è possibile, si sono chiesti i relatori, valutare il beneficio prodotto da un eventuale investimento sugli insetti? Come si misura? Qual è il valore economico dei cosiddetti “servizi ecosistemici”, dei servizi cioè forniti dagli ecosistemi come, ad esempio, l’acqua, le risorse naturali, il cibo o la regolazione del clima? Una strada è quella dell’approccio ecosistemico, il “Millennium Ecosystem Assessment”, promosso dalle Nazioni Unite nel 2005 e su cui hanno lavorato negli ultimi cinque anni oltre 1.300 esperti di tutto il mondo con l’intento di porre le basi scientifiche necessarie per definire l’interconnessione fra i servizi legati all’ambiente e lo sviluppo sostenibile.
Come quantificare dunque il valore dei beni naturali? Il professor Heal, nella sua lectio magistralis, ha riportato l’esempio delle agenzie immobiliari newyorkesi che negli annunci di vendita tengono conto anche della qualità dell’aria, o se si preferisce del livello dell’inquinamento, nei diversi quartieri residenziali. Un dibattito, quello promosso da Eni e patrocinato dalla Regione Basilicata, non solo teorico ma che ha presentato i risultati della ricerca applicata. Hanno discusso su come favorire l’integrazione fra i concetti di conservazione della biodiversità e di equo utilizzo delle risorse, esponenti del mondo dell’università e della ricerca, delle imprese e delle organizzazioni non governative. Nomi, per citarne solo alcuni, del calibro di Peter Carter, direttore Environment and Social Office della Banca europea degli investimenti, o dello spessore di Fiorenza Micheli, professoressa di Ecologia a Stanford, che ha analizzato l’impatto umano sugli ecosistemi marini. Paola Pedroni, Eni divisione e&p e Chairperson Ipieca Ogp Biodiversity Working Group, ha affrontato invece il tema: integrare la gestione della biodiversità con i servizi ecosistemici nelle attività Oil & Gas. La strada per individuare una chiave di lettura utile a definire le strategie per la conservazione del patrimonio naturale e a determinare il valore economico sarà tuttavia lunga. A Matera è stato messo un importante passo in avanti. Le api dovranno pazientare un po’ per sapere quanto valgono.


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