Una delle ragioni per cui ci sarebbe urgenza di sgomberare il grande campo rom di Triboniano, a Milano, è che su quell’area dovrebbe sorgere un importante svincolo stradale verso l’area dell’Expo 2015. Uno svincolo verso il nulla, verrebbe da dire, visto come si stanno mettendo le cose. A due anni dall’assegnazione, infatti, c’è una situazione di assoluta stasi con i poteri locali e la lobby dei costruttori che si paralizzano a vicenda. Così la determinazione con cui la giunta di Letizia Moratti ha accelerato i tempi dello sgombero, rinnegando la convenzione firmata il 5 maggio scorso con la prefettura e il privato sociale milanese, suona non solo fuori luogo ma persino un po’ grottesca.
In realtà, com’è facile intuire, l’Expo c’entra poco. C’entra la campagna elettorale da cui uscirà il sindaco che gestirà l’evento del 2015. L’esperienza insegna che la polemica contro i rom paga sempre molto bene in termini di popolarità e trova grande riscontro mediatico. Così è scattata l’operazione Triboniano, riaperta guardacaso dal capogruppo Pdl (non dalla Lega, questa volta) in consiglio comunale.
Quello di Milano è un caso davvero emblematico della patologia terribile di cui soffre la politica in Italia: per illudersi di sopravvivere divora se stessa. Al centro del caso di Triboniano c’è infatti quella Convenzione in base alla quale, attraverso un percorso condiviso, si arrivava alla chiusura del campo dove oggi vivono 700 rom. L’accordo prevedeva una grande maggioranza di rimpatri e una piccola quota di famiglie sistemate in 25 appartamenti delle case popolari che, come ha spiegato il presidente dell’ente, Loris Zaffra a Vita, non potevano essere assegnate ad inquilini italiani per mancanza di requisiti. Inoltre, a ulteriore garanzia le case venivano assegnate non direttamente agli inquilini ma a tre organizzazioni del privato sociale che si sarebbero fatte carico di seguire la sistemazione. La Convenzione insomma era un buon titolo che una politica “sana” avrebbe potuto giocare a proprio favore; in quelle settimane si parlava addirittura di un “modello Milano” nella gestione dell’emergenza rom, a cui hanno guardato con interesse altre amministrazioni, non solo italiane. Invece la tentazione a puntare tutto sul teatrino mediatico ha sopraffatto ancora una volta il buon senso e ha buttato a mare quei buoni frutti che la politica era pur riuscita a conseguire. Come ha detto don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità (una delle tre realtà del privato sociale che hanno sottoscritto la Convenzione), viene il dubbio che in realtà la politica abbia sempre bisogno di un campo rom da usare al momento opportuno come arma. E che quindi lo sgombero sia un problema da tenere sempre vivo e da non risolvere. È un paradosso, ma un paradosso molto verosimile.
Il virus mediatico che ha colpito la politica italiana è davvero un male inguaribile. Possiamo ben dirlo, dopo aver passato i mesi recenti a discutere sulla proprietà di un appartamento di modeste dimensioni a Montecarlo.
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