Volontariato

Un anno per gli altri fa bene alla pagella

La vicenda emblematica di due compagni di classe

di Redazione

Per far crescere i nostri ragazzi il nozionismo libresco spesso non basta. Parola di professore Lo studente Alessio Sonetti di 18 anni, l’anno scorso in seconda liceo classico, è stato bocciato a giugno e i suoi genitori lo hanno mandato a lavorare. Tramite amici di famiglia, proprietari di una catena di supermercati, ha lavorato tre mesi nei magazzini a trasportare casse pesanti, tanto che a sera aveva schiena, mani e piedi doloranti. E di andare con gli amici a bere cocktail e tirar tardi non aveva alcuna voglia né la forza, perciò si è convinto che è meglio applicarsi allo studio del latino e del greco, piuttosto che spostare scatoloni e spezzarsi la schiena.
L’esperienza di Alessio è stata importante, ma nell’intento dei suoi genitori ha avuto un significato prettamente punitivo: gli scatoloni pieni di alimenti gli hanno fatto venire i calli alle mani, ma non gli hanno consentito di fare alcuna esperienza culturale, né il magazzino dove ha lavorato gli ha permesso di ricevere stimoli per appassionarsi allo studio di Cicerone e di Aristotele, di entusiasmarsi alla Grecia antica dei filosofi e dei letterati.
Ad Alessio e a tanti suoi coetanei avrebbe fatto bene un’esperienza lavorativa all’interno di una biblioteca, come è accaduto a Sara Cardelli, compagna di classe di Alessio. Lei, promossa a giugno e a pieni voti, ha preso un treno per la Francia, grazie ad amici di famiglia impegnati in un’associazione di volontariato, e ha lavorato nel mese di luglio nella biblioteca di un convento a nord di Parigi, per mettere a posto e catalogare libroni medievali scritti da monaci amanuensi.
Lei sì che è tornata entusiasta, con i suoi racconti non solo ha contagiato genitori e amici, ma si è messa in testa idee strane: vuole fondare una piccola casa editrice.
Biblioteche, librerie, esperienze nel sociale con associazioni di volontariato, esperienze all’estero con associazioni non governative: consiglierei questo a miei studenti, ma anche a tanti giovani che terminano gli studi superiori. Insomma, un anno di servizio civile che rappresenti occasione di crescita e di conoscenza di un mondo reale, che si ponga fuori dal nozionismo libresco, dalle mura scolastiche incrostate culturalmente, ancor prima che nell’intonaco, che arresti quella corsa frenetica all’ultimo modello di telefonini.


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