Volontariato

Toh, anche le armi sono sostenibili

Finmeccanica nel DJ Sustainability

di Redazione

C’è una new entry sorprendente nei Dow Jones Sustainability Indexes World ed Europe: è Finmeccanica. Il grande gruppo italiano è entrato nell’ultima revisione degli indici, resa nota il 9 settembre scorso. Non solo è andato ad aggiungersi alle altre 12 aziende italiane presenti, ma al primo colpo ha agguanto sia l’indice World che quello Europe. Gli indici seguono un approccio best in class, che si basa sulla scelta di imprese che, all’interno del settore di appartenenza, si distinguono per l’elevato profilo ambientale o sociale anche quando il settore, nel suo complesso, è a rischio dal punto di vista della sostenibilità socio-ambientale, e includono le aziende leader nella sostenibilità in ogni settore industriale. Il settore di Finmeccanica è quello “Aerospazio e Difesa” e l’azienda italiana è risultata l’unica new entry mondiale in quel settore. Va ricordato che la revisione annuale del DJSIW ha coinvolto oltre 2.600 società.
Il risultato ha raccolto ovviamente la soddisfazione dei vertici del gruppo, che per bocca di Pier Francesco Guarguaglini, presidente e ad, hanno dichiarato che «viene premiato l’impegno assunto dal Gruppo verso uno sviluppo sostenibile, inteso come percorso dinamico che evolve con il mondo e che per questo richiede una continua volontà di miglioramento».
In realtà le perplessità su questo riconoscimento sono molte, come spiega Vincenzo Comito, autore di Le armi come impresa. Il business militare e il caso Finmeccanica, uscito lo scorso anno. «Con il dispiegarsi dei processi di globalizzazione e di innovazione tecnologica, Finmeccanica ha scelto di concentrarsi sul business delle armi. Una scelta determinata dall’impossibilità di continuare a competere efficacemente in molti business. Finmeccanica oggi è attiva nei comparti degli elicotteri, dell’elettronica per la difesa, dei velivoli civili e militari – questi business prioritari-, dei satelliti e delle infrastrutture spaziali, dei sistemi di difesa; un posto marginale rivestono i trasporti e l’energia. Il settore militare copre circa il 75% dell’attività, mentre quello civile, in parte peraltro tecnologicamente legato al precedente, il 25%».
Non mancano le iniziative di sostenibilità dell’azienda, quali il progetto «Master Fhink» che punta alla valorizzazione dei talenti, della creatività e del merito. A questo si aggiungono le iniziative più specificamente sociali, come il programma «Mwana Simba» per aiutare la formazione di giovani in Africa. Quanto all’impatto ambientale, l’azienda garantisce di «evitare emissioni in atmosfera per circa 7.600 tonnellate di anidride carbonica con gli impianti di autoproduzione energetica realizzati nel campo delle energie rinnovabili». Tutto bene. Ma quel peccato originale resta…


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