Economia

Il credito anti crisi

Intervista al ministro dell'Economia

di Redazione

Vita: Ministro Mantega, quali sono a suo avviso i motivi che hanno tenuto fuori il Brasile dalla crisi economica mondiale?
Guido Mantega: Cominciamo col dire che è la prima volta nella storia del Brasile che una crisi internazionale non esplode qui. I motivi sono molteplici ma, su tutti, ci terrei a sottolineare le politiche anticicliche del governo e il sistema bancario, molto solido e all’avanguardia.
Vita: Il mercato interno e le politiche di accesso al credito per le fasce di popolazione a più basso reddito che ruolo hanno avuto in funzione anticiclica?
Mantega: Un ruolo importantissimo. Il Brasile ha un mercato interno di 200 milioni di consumatori, 40 milioni dei quali hanno comperato una televisione, un frigorifero o un auto negli ultimi due anni proprio grazie all’estensione del credito, anche a livello di microcredito, alla popolazione più povera. Ciò ha consentito l’uscita di oltre 20 milioni di cittadini dalla povertà al punto che, oggi, la classe media è la più numerosa. Diciamo che il mercato interno ci ha permesso di superare quasi indenni la crisi globale.
Vita: Altro elemento che differenzia la situazione di oggi del Brasile rispetto alle crisi degli anni 90 è l’assenza di un’inflazione a due cifre. Come è stato possibile controllare l’aumento dei prezzi al consumo?
Mantega: Da un lato la politica monetaria restrittiva della nostra Banca Centrale, anche se spesso sarebbe auspicabile avere tassi d’interesse un po’ meno alti; dall’altro l’aumento sia degli investimenti che della produzione, che ha consentito all’offerta di crescere a pari passo del consumo e della domanda interna. Altro elemento importante sono stati gli incentivi proprio alla produzione industriale e all’innovazione tecnologica.
Vita: Di solito, tuttavia, quando gli Stati Uniti “hanno il raffreddore”, l’America latina, compreso il Brasile, si prende “la polmonite”. Come mai questa volta è andata diversamente?
Mantega: Dal 2003, la nostra strategia è stata quella di attivare una politica di cooperazione economica internazionale tutta tesa a diversificare i nostri mercati di export. Non solo più Stati Uniti ma anche e soprattutto Sud del mondo – Africa e resto dell’America latina – e i Paesi emergenti, a cominciare dalla Cina.


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