Formazione

Un “sostegno” sbilanciato

Mancano docenti di sostegno nelle regioni con più studenti disabili. In compenso sono troppi al sud

di Antonio Sgobba

Gli alunni disabili aumentano al nord e i docenti di sostegno crescono al sud. È questo il paradosso che si trova tra i dati diffusi da Tuttoscuola. «I furbetti del sostegnino», li ha battezzati Gian Antonio Stella dalle pagine de Il Corriere della sera.  In cinque anni i disabili sono aumentati del 12, 3%, da 161.342 a 181.177, mentre la popolazione scolastica è cresciuta dell’1,2. Il dato non è omogeneo: «le regioni del Sud hanno il minor numero di alunni disabili rispetto al totale degli iscritti», con un rapporto di uno a 47 sulla popolazione scolastica complessiva, mentre nel nordovest, ad esempio, il rapporto è uno a 41 e nel Lazio addirittura uno a 35. Come si spiega? Mancano «modalità e criteri univoci, vincolanti e validi per tutte le Asl del territorio nazionale», scrive la rivista.

La situazione si ribalta se si considerano invece i docenti di sostegno. La legge prevede un docente per ogni due ragazzi. In questo caso otto regioni, quasi tutte meridionali, sono sopra la media (la Basilicata, per esempio ha un insegnante per 1,69 alunni). Sette regioni del nord, invece, sono sotto. Come la Lombardia, dove gli alunni da seguire sono 2,31.

Tuttoscuola fa i conti: La Lombardia dovrebbe avere 1800 docenti di sostegno in più, il Lazio 1566. La Campania dovrebbe «restituire» 1532 posti, la Sicilia 1431, la Puglia poco meno di mille. Conclusione: «La distribuzione delle risorse umane risulta notevolmente sperequata».

Una macchia su un sistema che sulla carta sarebbe esemplare. «L’inserimento di alunni disabili nella scuola di tutti rappresenta da tempo un fiore all’occhiello del sistema scolastico del nostro paese», scrive Tuttoscuola. Fino a poco più di trent’anni fa gli studenti disabili venivano separati dagli altri: nelle cosiddette «scuole speciali» o «classi differenziate». Le cose cambiano nel 1977, quando le scuole si aprono a «forme di integrazione», grazie alla presenza di insegnanti specializzati. L’esempio dell’Italia è stato poi seguito da diversi paesi dell’Unione Europea. Svezia, Islanda, Norvegia, Cipro, Spagna, Portogallo e Grecia hanno seguito il modello italiano, come mostra una ricerca di Eurydice, la rete di informazione sull’istruzione nel vecchio continente.

Insomma, il nostro sistema viene copiato all’estero ma noi non siamo in grado di farne buon uso. Spesso il «sostegno» viene usato solo come scorciatoia per gli insegnanti che vogliono ottenere il posto di ruolo, è la constatazione di Tuttoscuola: «Oggi chi entra in ruolo nel sostegno mantiene soltanto l’obbligo quinquennale di permanenza». Passati i cinque anni «può accedere a un posto cattedra normale. Agli occhi di molti vale la pena».


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