Non profit

Silenzio, parla Marchionne

Dal Meeting di Rimini fino alle prime pagine di oggi. L'Italia ascolta le parole dell'Ad della Fiat

di Redazione

Sergio Marchionne parla, l’Italia ascolta. Dal Meeting di Rimini, il numero uno della Fiat, auspica la fine della lotta di classe tra padroni e operai, ringrazia e accetta gli inviti alla riappacificazione rivolti dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e disegna uno scenario su cui, oggi, i giornali riflettono e discutono.

 

Al discorso di Marchionne al Meeting di Rimini, Il CORRIERE DELLA SERA dedica ben cinque pagine e un’apertura in prima dal titolo “Serve un nuovo patto sociale”. Per quanto riguarda il pezzo di cronaca relativo il discorso dell’amministratore delegato della Fiat in prima pagina, il CORRIERE riprende le frasi che mettono più in evidenza il Marchionne pensiero sul futuro dell’Italia e dei mercati: «C’è bisogno di un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale per dare possibilità al Paese di andare avanti, la dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone». Poi, riferendosi al fatto che quello italiano è l’unico mercato nel quale la Fiat è in perdita «il nostro progetto» ricorda l’Ad di FIat «è nato per cambiare questa situazione e per sanare le inefficienze del nostro sistema industriale». Oltre a parole di elogio e di stima al presidente della Repubblica, Marchionne «trova anche però il modo, tra una citazione di Machiavelli, Hegel, Pavese di trascinare i giovani della platea adorante (circa 3000 persone) verso il sogno di una società migliore, più giusta e solidale». Tanti i commenti. Bersani ha apprezzato il discorso, ma fa notare che oltre alle parole servono proposte concrete. «Un nuovo patto sociale lo vogliamo tutti. Non si può averlo partendo dal presupposto che c’è qualche milione di lavoratori che hanno la testa nell’ 800». A sua volta, Bersani propone «un rafforzamento dei meccanismi di democrazia e partecipazione diretta dei lavoratori nelle aziende». Taglia corto il segretario generale della Fiom. Riferendosi alla parte del discorso dedicata al caso Melfi, Maurizio Ladini ha detto che sono «giudizi inaccettabili». Per quando riguarda i commenti degli altri sindacati, a pag 5 Epifani assicura che è pronto a incontrare Marchionne «perché non a senso polemizzare sui giornali quando un ballo ci sono i diritti di migliaia di persone. Voglio spiegarli che ci vuole il dialogo, non il braccio di ferro». Bonanni invece ritiene che il nuove patto sociale non deve limitarsi all’auto ma estendersi a tutta l’economia, prevedendo uno scambio anche sul fisco. Il CORRIERE propone anche un’intervista a Christopher Duggan, direttore del Centre for Advanced Study of Italian Society all’Università di Reading. «Il problema» sostiene Duggan nel pezzo “L’Italia deve decidere:è il momento di cambiare” «alla fine è uno solo. Sempre lo stesso. Servirebbe una leadership. In Fiat c’è. Nel paese ho guardato bene, e lo dico con tristezza, non la vedo. Se per Duggan non c’è leadership, per Sergio Romano almeno ci sono vincoli globali che fanno bene al paese. Nel suo editoriale in prima pagina “Una Partita per l’Italia”, Romano fa notare come l’accorda tra Fiat e Chrysler abbia cambiato le regole del gioco. «I riferimenti americani di Marchionne» scrive Romano «si limiteranno ( e non poco) a chiedergli di fare scelte conformi alle regole dell’economia mondiale, e soprattutto non accetteranno di buon grado che la Fiat garantisca ad altri referenti, in Italia o altrove, condizioni migliori di quelle riservate ai suoi partner negli Stati Uniti. Non sarebbe facile per esempio, spiegare perché i sindacati di Detroit debbano avere meno potere e diritti di quanti ne abbiano i loro colleghi di Somigliano o di Melfi».

«La Fiat vuole cambiare, l’Italia no». LA REPUBBLICA apre la prima pagina con le parole di Marchionne. L’intervento viene approfondito alle pagine 11 e 12. Sulle parole del manager viene intervistato il ministro dell’Innovazione Renato Brunetta. Per il ministro Marchionne è «la personalità più rilevante alla guida della Fiat» dai «tempi di Valletta». Lo stesso paragone era stato fatto dal leader Cgil Guglielmo Epifani, in senso negativo,  durante la vicenda Pomigliano. Valletta era stato infatti l’uomo che aveva isolato la Cgil nell’azienda. Brunetta sostiene invece che «Valletta è stato l’uomo che ha fatto grande la Fiat», facendo «superare la dimensione famigliare» e diventare «un’azienda multinazionale». Allo stesso tempo, secondo il ministro, «con Marchionne c’e aria nuova». Alla domanda «Come si può sostenere che non ci sia più conflitto quando il divario retributivo tra i manegar e gli operai non è mai stato cosi ampio?» il  ministro risponde: «Non è questo il punto. Il problema è come si remunera il capitale e il lavoro. Come si distribuisce quello che Ricardo chiamava il prodotto sociale. Mi fa piacere che oggi c’è chi scopre la “terza via”, quella della partecipazione».

L’intera pagina 13 ospita un ritratto del «personaggio» Marchionne firmato da Gad Lerner. «Sergio, il marziano tra Hegel e Pavese». Non si nascondono le perplessità sul discorso dell’ad della Fiat, nonostante «la sequenza delle diapositive, sapiente ed immaginifica». Scrive Lerner: «Poco gli importa se già prima di lui, a partire dal 1980, altre generazioni di manager avevano ottenuto la flessibilità del lavoro che oggi invoca, e l’abbattimento delle ore di sciopero, senza che però la Fiat ne abbia tratto vantaggio rispetto ai concorrenti». Il carisma dell’italo-canadese non è sufficiente a «colmare il divario del suo reddito, 435 volte più elevato» di quello dei tre operai di Melfi. E Fabbrica Italia non sembra certo «in grado di delineare un’evoluzione migliorativa della condizione operaia». Lerner ricorda che «la fine della lotta di classe» era già stata celebrata da Romiti nel 1988, «Ne scaturì un’ulteriore compressione del reddito operaio, senza peraltro riscuotere dagli industriali la contropartita degli investimenti pattuiti». Si registra la benevola accoglienza del pubblico del meeting: «parevano credere davvero che se in Italia la Fiat ha i bilanci in rosso ciò dipende da eccessi di conflittualità sindacale e dalla prepotenza di operai “rossi” come i licenziati di Melfi». Ma secondo Lerner lo stesso Marchionne «conosce meglio di noi i limiti attuali della gamma di modelli Fiat e le vere ragioni che determinano una contrazione delle sue vendite».

Titolo d’apertura per LA STAMPA sul discorso di Marchionne a Rimini: “Un patto sociale per l’Italia”. Le prime tre pagine sono tutte dedicate all’Ad Fiat (viene riportato tutto il discorso).  Scrive Teodoro Chiarelli: «Con parole chiare e dirette, anche “a costo di passare per rude”, l’ad di Fiat Sergio Marchionne vuole mettere fine ad “accuse assurde e infinite polemiche”. E dal Meeting di Rimini chiede «un patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti».  Marchionne chiarisce anche i rapporti con Napolitano: «“Ho grandissimo rispetto”, sottolinea spiegando di accettare “quello che ha detto come un invito a trovare una soluzione” per il caso di Melfi. E Napolitano, che nei giorni scorsi aveva risposto con una lettera all’appello dei tre operai licenziati, dopo le parole di Marchionne interviene ancora e ringrazia: l’ad di Fiat, dice, “può esser certo che anche in Italia si sa apprezzare lo straordinario sforzo compiuto” per rilanciare l’azienda e affrontare le nuove sfide del mercato. E “su questo terreno non possono sottrarsi al confronto istituzioni e parti sociali, nessuna esclusa”». Oltre al resoconto sul discorso di Marchionne c’è un articolo che descrive l’accoglienza entusiastica ricevuta a Rimini. Già nei giorni socrsi Marchionne aveva incassato il giudizio molto positivo di Giorgio Vittadini, che lo aveva indicato come uno dei fattori nuobvi nell’Italia di questi anni. Scrive Chiarelli: «L’Ad della Fiat arriva a Rimini direttamente da Detroit e viene accolto dalla presidente del Meeting Emilia Guarnieri. E’ con questa donna, fondatrice e da trent’anni anima della manifestazione, che Marchionne ha una prima folgorazione. La subissa di domande, vuole sapere tutto del movimento, della sua storia, dell’organizzazione, dei volontari. Sale sul palco e strappa subito il primo dei venti applausi che lo interromperanno: “Parlare ai giovani è una delle cose più difficili. Perché voi non amate le conferenze e i congressi che riempiono di parole giornate intere senza dire nulla. Non amate gli incontri formali, che lasciano ai partecipanti poco più di un badge da esibire, quasi fosse una medaglia. Ne ho visti centinaia in questi anni e in alcuni rari casi sono stato chiamato a intervenire. Non li amo neppure io”».  Al termine della giornata riminese, il giudizio che dà il titolo alla cronaca: «“Qui ho visoto qualcosa di nuovo”».

“Il manifesto di Marchionne” è il titolo di apertura del SOLE 24 ORE di oggi, con ampi servizi a pagina 2 e 3 e commento a pagina 12, dal titolo “L’accordo dei produttori”: «Ascoltare  il discorso del ceo Fiat Marchionne a  Rimini (pur con il caveat dei disegnini tra kitsch  e naïf!) e la replica del presidente Napolitano dovrebbe aver lasciato un po’ interdetti i troppo frettolosi autori di giudizi mordi e fuggi di questa settimana. Una confusione capace di immaginare l’estemporanea contrapposizione tra Fiat e capo dello Stato, ignorando – tra interesse e ingenuità la seconda parte della missiva di Napolitano dove, ascoltate le ragioni dei tre operai reintegrati dal giudice, invitava tutti a misurarsi, con equilibrio, raziocinio e serietà sulle nuove regole globali del lavoro. Appello raccolto anche da studiosi progressisti  come Tito Boeri, sulla Repubblica. Ora Marchionne chiede di fermare una falsa lotta di classe, polveroso Museo delle Cere in fabbrica, e lavorare a un patto dei produttori (ricordate il saggio del leader Fiom Trentin del 1977?   Da sfruttati a produttori si chiamava) e dovrebbe fermare retoriche e propagande.  Sotto l’egida del Quirinale, permettere  di creare lavoro nell’auto in Italia. Nel  2010, non nel 1910, naturalmente». A pagina 2 il segretario della Cisl Bonanni si dice pronto ad accettare la sfida: «A Marchionne e alla Marcegaglia dico che il patto sociale  va benissimo, ma bisogna andare oltre adottando un modello partecipativo nelle relazioni  industriali (…) La vicenda Fiat è un paradigma delle sfide che ci aspettano per il futuro.  L’alternativa è tra un sindacato  antagonista e uno partecipativo che nei momenti di  difficoltà  sa accettare i sacrifici per difendere l’occupazione, ma quando la congiuntura economica volge al meglio chiede che i guadagni vengano redistribuiti  tra i lavoratori». Paolo Bricco, a pagina 3, sottolinea l’entusiasmo con cui il popolo di Cl ha accolto Marchionne (“Il manager umanista conquista Cl”): «Suor Giuliana da Lecco, terza fila a sinistra, quasi si spella le mani  a forza di applaudire. Il popolo ciellino, con il suo mix di religiosi e studenti con orecchino e tatuaggi,  di uomini d’affari e di cultori dello spirito, applaude per 21 volte l’uomo che,a Rimini,si è presentato esattamente com’è: il figlio di un carabiniere, di educazione tecnocratica  e manageriale, con una cultura umanistica che nulla c’entra con il cristianesimo anti-  conciliare  predicato dagli eredi di Don Giussani. (…) Nel suo discorso Marchionne  cita l’ateo infelice Cesare  Pavese, il filosofo idealista Hegel  e il fondatore della distinzione  fra morale e politica, Niccolò Machiavelli. Un trittico da profilo etico-  cognitivo post-gramsciano.  E tutti giù ad applaudire,l’unico  invitato che al Meeting non si sente in obbligo di pronunciare cose tipo “questa estate ho letto la  Caritas in Veritate” o “come dice la dottrina sociale della Chiesa fin da Paolo VI”. Così, alla fine Marchionne  viene pacificamente semisequestrato  dai giornalisti italiani  e dal popolo ciellino».

Le dichiarazioni di Marchionne danno l’occasione al GIORNALE di analizzare il panorama italiano. Lo fa Alessando Sallusti  nell’editoriale dal titolo “L’Italia dei Marchionne e dei Berlusconi e quella dei Briguglio”. Sallusti scrive: «Ci sono  diverse analogie  fra ciò che sta accadendo in politica e in imprenditoria. Sergio Marchionne, Paolo Scaroni, Cesare Geronzi hanno chiesto un cambiamento irreversibile, un ribaltamento delle logiche che purtroppo ancora governano la conduzione del Paese, l’abbandono dei riti italici della concertazione a oltranza,  dei veti, degli inciuci. Quasi uno sprone a Berlusconi che queste cose le sostiene da sedici anni. sulla strada ci sono diversi ostacoli come un sindacalismo anni 60 duro a morire, un concetto di lavoro che nasconde e protegge i fannulloni. Dall’altra parte  la Fiom , Fini, Bocchino, Granata, Briguglio che sostengono: l’importante  è che viva e comandi io anche se non ne ho diritto.» nelle pagine di economia Antonio Signorini fa la cronaca dell’incontro con Marchionne. Il GIORNALE  scegli di titolare “Marchionne, ultimatum all’Italia che non cambia” e nell’occhiello continua  riportando una dichiarazione dell’ad Fiat «Siamo l’unica impresa disposta a investire 20 miliardi in Italia, ma questo sforzo non viene compreso». Fra le frasi: «Non si può più pensare che ci sia lotta fra padroni e operai. Se c’è una sfida è con il rsto del mondo». Su Melfi, Marchionne dice di aver rispettato la legge. E il 21 settembre il giudice ha convocato sindacati e Fiat. Il discorso di Marchionne al meeting di Rmini, rivela IL GIORNALE, doveva esser un altro. «voleva paralre di globalizzzione e del suo incontro con Mandela, ma la gravità delle accuse contro Fiat lo ha portato a fare un discorso molto più locale». Curiosità: IL GIORNALE  scrive che Marchionne non conosceva CL «cosa sia  gliel’hanno spiegato i vertici del movimento poco prima dell’incontro». 

Anche il quotidiano cattolico, AVVENIRE, apre sul discorso di Marchionne al Meeting di Rimini e titola “Fiat, nuovo patto sociale”  sottolineando l’importanza di superare anche in Italia il conflitto tra capitale e lavoro e il ringraziamento di Napolitano per l’impegno.  Il numero uno del Lingotto ha difeso l’azienda dalle “gravi accuse e inutili polemiche” ma si dice pronto ad accogliere l’appello rivoltogli dal Colle e risolvere la questione dei reintegri. Delusi i tre licenziati di Melfi, che hanno seguito in televisione l’intervento e sono stati convocati per il 21 settembre dal giudice. Sul rinnovo delle relazioni industriali Marchionne ha già incassato il sì di Confindustria, Cisl e Uil pronte al dialogo, mentre la Cgil è ancora distante. Ai commenti sono dedicate le pagine 6 e 7 che riportano anche due interviste a Matteo Colaninno (Pd) e Giorgio JAnnone (Pdl). Colaninno condivide la richiesta di garanzie per poter gestire gli impianti in modo affidabile e ritiene che produrre in Italia è possibile, ma sostiene che «il governo deve dire una parola definitiva sull’industria dell’auto, se la ritiene strategica». Secondo Jannone: «molte liturgie sindacali vanno superate. Le contrapposizioni sociali tra padroni e operai non hanno più senso. Serve un nuovo modello di relazioni in cui tutti devono andare nella stessa direzione, perché con la situazione creata dalla crisi o affondano entrambi o si reggono entrambi».

“Falce e Marchionne” titola il MANIFESTO che al discorso del manager Fiat dedica le pagine 4 e 5 ironizzando così nel sommario: «Fine del conflitto tra capitale e lavoro. Il proclama di Marchionne detta le regole del medioevo globale, accusa gli operai e fa scattare l’applausometro di Comunione e Liberazione». La cronaca dell’intervento al Meeting è affidata all’inviata Daniela Preziosi che scrive: «Arriva con mezz’ora di ritardo, accigliato, sudato nella sua polo nera marcata Marchionne… Davanti alla platea di Rimini – che gli tributa venti dicasi venti applausi – il manager italo-canadese dall’approccio globale, che è di Chieti ma parla inglese anche quando parla italiano, è costretto a dirottare il discorso a livello locale… Quando il discorso arriva sui tre operai di Melfi, Marchionne perde il navigatore, rivendica la dignità dell’impresa contro la dignità dei suoi lavoratori, dice che la Fiat rispetta la legge, ripete quella parola “boicottaggio” che è un marchio d’infamia e ignora ben due sentenze. E qui l’ex “borghese buono”, l’ex “manager socialdemocratico” (definizioni datate 2006 di leader della sinistra radicale e moderata) compie la trasformazione in falco». Affiancato l’articolo dedicato alla risposta degli operai e della Fiom intitolato “I migranti siamo noi. E qui nessuno sabota» dove si legge: «Non è piaciuto il discorso di Rimini. Non poteva piacere a chi lo ha ascoltato davanti ai cancelli di Melfi. Indigeribile anche la parte in cui l’ad ricorda di esere stato costretto a emigrare in gioventù.

ITALIA OGGI pubblica alcuni stralici dell’interevento di Marchionne a pagina tre dal titolo “Marchionne, cambiare è necessità” e un box di commento scritto da Pierluigi Magnaschi secondo il quale il discorso di Marchionne è stato «immiserito, nei resoconti dei media e nella reazione del mondo politico e istituzionale, alla vicenda dei tre operai della fabbrica di Melfi». «La contrapposizione», scrive Magnaschi «oggi non è più tra operai e imprese ma fra un sistema-paese e l’altro».

E inoltre sui giornali di oggi:

PAKISTAN
AVVENIRE – “Aiuti negati a 800mila cristiani e indù”  è il titolo dell’articolo a pagina 18. Caritas e diverse Ong denunciano discriminazioni nella distribuzione di viveri verso gli appartenenti a minoranze religiose in Punjab e Sindh. I soccorsi sono gestiti da enti e funzionari vicini all’estremismo e i taleban minacciano di cacciare gli operatori stranieri.

LA STAMPA – Minacce fondamentaliste conto gli aiuti americani. Riferisce La Stampa: «Il portavoce del sanguinario Movimento dei taleban pachistani, il Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp) ha sostenuto che gli Stati Uniti e altri paesi non vogliono aiutare gli alluvionati ma hanno anche altre «intenzioni»: “Quest’orda di stranieri per noi non è affatto accettabile» e «quando diciamo che qualcosa di inaccettabile per noi, ognuno può trarne le conclusioni”, ha aggiunto con sinistro riferimento ad attentati terroristici. “Sarebbe davvero disumano attaccare coloro che stanno cercando di salvare delle vite umane”, ha notato Maurizio Giuliano, portavoce dell’ufficio Onu per le questioni umanitarie. Diverse ore prima una fonte d’intelligence da Washington aveva messo in guardia gli operatori umanitari stranieri per il rischio di attacchi».

IL SOLE 24 ORE – “Pakistan, minacce ai soccoritori”, è il titolo del pezzo di Claudio Gatti da New York: «Nel Pakistan sommerso dagli alluvioni, otto milioni di persone necessitano aiuti umanitari. E pur avendo attivato e riorientato molte risorse l’Onu, le organizzazioni non-governative e il resto del mondo faticano a far fronte a un disastro di proporzioni bibliche. Adesso, alla pioggia, alle malattie, alla mancanza di viveri e acqua potabile, si aggiunge anche, ostile come le altre, una piaga politica: la minaccia dei talebani. In due interviste telefoniche, il portavoce dei talebani pachistani Azam Tariq ha denunciato gli stranieri che partecipano agli sforzi umanitari dicendo che “dicono di aiutare le vittime ma dietro le quinte hanno intenzioni diverse”. E ha lanciato un avvertimento: “Questa orda di stranieri è per noi inaccettabile. E se noi definiamo inaccettabile qualcosa, è bene che tutti traggano le dovute conseguenze”. (…) Il portavoce dell’Onu Maurizio Giuliano ha risposto ribadendo l’impegno delle Nazioni Unite: “Siamo qui per le vittime e continueremo ad aiutarle. Qualsiasi potenziale attacco contro di noi sarebbe un attacco contro il popolo pachistano che siamo venuti ad assistere”. Ma in un’intervista alla Bbc il suo equivalente dell’Organizzazione mondiale della sanità, Ahmed Farah Shadoul, ha ammesso che l’avvertimento dei talebani non potrà non avere un impatto negativo sulla tempestività, il raggio di azione o la scala delle operazioni di soccorso. “Questa minaccia significa che dovremo ridimensionare i nostro sforzi – e quindi raggiungere meno persone- oppure prendere misure cautelative maggiori”» E ha concluso: “In ogni caso vuol dire che almeno in alcune aree ci sarà un ritardo nelle operazioni di soccorso”. (…) Resta il fatto che i talebani e i loro alleati faranno di tutto per trarre vantaggio dalla catastrofe. Sia sul piano militare che su quello politico. Perché le forze armate pachistane e americane saranno costrette a dirottare sempre più risorse sulle operazioni di soccorso. E perché la crisi sta aprendo spazi di manovra a organizzazioni di beneficenza islamiche legate a gruppi fondamentalisti.

 

ADOZIONI
AVVENIRE – “L’adozione? Comincia dell’anima” è il titolo dell’articolo di pagina 14 dedicato alla 19° Settimana dell’adozione promossa da Aibi – Associazione Amici dei Bambini sul tema della spiritualità. Un faccia a faccia annuale in cui le coppie affidatarie si mettono a confronto sotto la guida di teologi e biblisti.

 

LAVORO
ITALIA OGGI – “Nessuno urla per i veri licenziati“. A pagina 4 nella sezione Primo piano, ITALIA OGGI propone un pezzo sui 41 mila lavoratori mandati a casa negli ultimi 6 mesi in Veneto.  Per i tre operai dei Melfi si è scatenato anche il Quirinale. Per i nuovi disoccupati in Veneto, tra cui 150 operai della Gatorade, azienda con i costi a posto licenziati ieri, «nessuna levata di scudi».

 

SICUREZZA
LA STAMPA – Inchiesta su Lione, la città che ha scelto la strategia delle telecamere ovunque. «Per quanto concerne la videosorveglianza insomma Lione ha giocato d’anticipo. Al centro per il Controllo urbano di Lione (Csul), in Place de la Comedie, 21 agenti si alternano davanti agli schermi che monitorano una città sorvegliata da 238 telecamere. Sui pannelli appaiono da quattro a 64 immagini differenti. E tutto questo ha un costo. Il conto è salito a 7.484.290 euro, di cui 200 mila sono destinati alla gestione e al funzionamento del sistema. “Un milione all’anno per coprire l’1% del territorio”, lamenta il consigliere comunale ambientalista Étienne Téte per il quale le telecamere hanno solo fatto traslocare la delinquenza altrove».

 

TIFO
LA STAMPA – “Ultrà il governo prepara la stangata”. «Gli ultrà si muovono, il Viminale va avanti con la linea dura. A settembre il nuovo decreto, poi i primi bilanci. Il mondo del calcio esprime solidarietà a Maroni. Da domani sarà tessera del tifoso per tutti, ma non tutti quelli che l’hanno richiesta l’avranno in mano per colpa dei soliti ritardi dei club: per andare in trasferta bisognerà esibire il modulo di richiesta».

 

SUD AFRICA
IL MANIFESTO – Effetto mondiali addio. A pagina 8 l’articolo di Lorenzo Fieramonti da Pretoria sulla resa dei conti tra i sindacati e il presidente Zuma parla della situazione in Sudafrica, dove da una settimana oltre un milione di dipendenti pubblici sono in sciopero.

 

NEW ORLEANS
LA REPUBBLICA – dedica due pagine ad un reportage dai luoghi devastati cinque anni fa dall’uragano. «Tra i bimbi di Katrina che non crescono più» è il titolo dell’articolo dell’inviato Angelo Aquaro. Nonostante tutto «la città prova a sorridere» e si può parlare di  «un miracolo chiamato New Orleans: la gente ricostruisce con le sue mani. All’interno un’intervista al regista Spike Lee, al lavoro su un secondo documentario sulla ricostruzione.

PARTITO DEMOCRATICO
LA REPUBBLICA – riporta la reazione di Romano Prodi alla lettera di Bersani di ieri in cui si chiede una grande alleanza contro Berlusconi. «Bravo Pierluigi, ora i fatti», dice l’ex premier. Dalla sua Bologna «Prodi esulta per il Nuovo Ulivo: “Ma il Pd sia il centro del progetto”». Prodi precisa però che non torner in politica: «Non sono Cincinnato. Un’epoca ormai siè chiusa. Largo ai giovani, adesso. Io insegno: negli Usa e In Cina».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.