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Federalismo: strumento per autonomia e sussidiarietà

Al Meeting i presidenti di Basilicata, Lombardia, Sicilia e Veneto parlano del federalismo definito il nuovo nome dell'unità d'Italia

di Antonietta Nembri

da Rimini

Quattro relatori, quattro regioni da Nord a Sud, quattro diverse aspettative e prospettive su un unico tema: il federalismo. All’incontro dal titolo Federalismo e federalismo fiscale nell’Italia che cambia, infatti, hanno partecipato i presidenti di regione: Vito De Filippo, Basilicata; Roberto Formigoni, Lombardia; Raffaele Lombardo, Sicilia e Luca Zaia, Veneto.

Il primo a prendere la parola, Vito De Filippo ha rivendicato per la sua regione l’aver sempre rispettato il patto di stabilità «abbiamo ridotto le indennità del 10 per cento, non abbiamo sedi all’estero, il presidente e i consiglieri non hanno benefit come i giornali, siamo virtuosi» ha ribadito con forza ricordando anche come la sua regione applichi le aliquote Irpef e Irap più basse permesse dalla legge. Ma ha messo anche in guarda dal considerare il federalismo un «mantra salvifico. Si tratta di una grande rivoluzione sulla quale non si può scherzare» e ha chiuso il suo primo intervento dichiarando il suo amore per l’unità d’Italia «una grande storia alla quale io non vorrei rinunciare nei prossimi anni».

Da sud a nord, la parola è passata al presidente del Veneto, il leghista Zaia che ha messo subito le mani avanti: «Non siamo qui per spaccare l’Italia», ma ha anche ricordato come lo stesso Einaudi nel 1948 parlava di autonomia delle realtà locali «il problema è la gestione centralistica». Zaia ha poi citato l’esempio negativo della Sicilia che ha 27mila forestali «dobbiamo trovare un lavoro alle persone o un posto di lavoro?» ha chiesto ironicamente, prima di passare alla concretezza della partenza del federalismo fiscale: i costi standard «sarà doloroso, ma fatto salva la quota di solidarietà e sussidiarietà, nessuno ha interesse a che una regione vada in default, ogni comunità si arrangi: servono amministratori responsabili». Il governatore del Veneto ha poi chiuso il suo intervento citando il siciliano don Sturzo che nel 1949 dichiarava: sono unitario, ma federalista impenitente.

La parola è poi passata a Lombardo che, dopo aver definito quella imminente una «scelta fondamentale» si è collegato a Zaia «ebbene sì sono il presidente di 30mila forestali». E poi tornando alle cose serie ha ricordato di aver bloccato le assunzioni, i tanti problemi della Sicilia «sono commissario per l’emergenza dei dissesti idrogeologici e anche per l’emergenza rifiuti». Nella sua analisi della situazione ha ricordato anche la chiusura del buco da un miliardo nella sanità, ma ha anche ricordato che la sua regione è carente di infrastrutture, ferrovie e Anas sono nazionali. «Il federalismo si può adattare anche alla regione Sicilia, a patto che faccia saltare il centralismo che, di fatto, continua a dominare nei rapporti tra stato e regione» ha osservato

Ultimo a prendere la parola Roberto Formigoni che ha esordito dicendo che in Italia «è cresciuta la coscienza che non si possa più andare avanti così. Il federalismo è un’occasione positiva, è un’impresa complessa e difficile. Dobbiamo scontrarci con volontà che siano vere, non solo dichiarate. Il federalismo può essere il nome della nuova unità d’Italia» e guardando all’imminente 150esimo anniversario dell’unità nazionale ha osservato che «il 2011 può e deve essere l’anno del federalismo». Per Formigoni, comunque il federalismo non è l’obiettivo, ma lo strumento per il vero obiettivo: l’autonomia e la sussidiarietà».

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